Da Boston, l’architetto Stefano Boeri, superate le incertezze dei giorni scorsi, ha confermato al Corriere la sua disponibilità a candidarsi alle primarie del centrosinistra come indipendente, contro Giuliano Pisapia e l’ex Psi Roberto Caputo Podestà, presentandosi come espressione giovane di un rinnovamento in politica: l’espressione non di un partito, ma delle stessa società. Allora, come mi accade da giorni, mi sono chiesto se è possibile immaginare una politica nuova e con volti nuovi, non espressi dagli apparati dei partiti, fatti per garantire se stessi. E mi sono detto di sì e non per “partito preso” (o perso) ed irriducibile ingenuità, ma perché di questo rinnovamento sento, con molti altri, la necessità e l’urgenza. D’altra parte non si può negare che vi sono già ora nella politica molti interessanti personaggi, adeguatamente candidati ad un futuro di governo innovativo, fatto più di realizzazioni che di proposte, di mediazioni che di risse. Esempi se ne trovano sia a sinistra (Ciamparino, Renzi, Vendola) che a destra (Flavio Tosi); esempi illuminanti di buon governo a diversi livelli, tutti basati su un’attenzione al territorio ed ai suoi problemi, capaci di stare davvero (e non solo in campagna elettorale) vicino ai cittadini onesti e laboriosi, ai giovani disoccupati, ai fuori sede, ai pendolari, ai tanti che oggi non hanno voce, a quei genitori sono preoccupati per il futuro dei loro figli. La politica attuale, a tutti i livelli, sta diventando un crogiolo pericoloso di relazioni familiari, di amicizie storiche e trasversali tra gruppi d’interesse, tra persone vincolate dal voto di scambio, tra persone che promettono protezione in cambio di un po’ di voti. Tutti, e non solo i cattolici di Bagnasco e di Famiglia Cristiana, sentono che occorre un cambiamento della politica, fatta con una nuova classe onesta, capace, innovativa, che tuteli e rappresenti il cittadino e la sua dignità. Tuttavia, gli stessi, poi tremano di fronte a nomi nuovi e proposte dirompenti. Tutti noi, adulti ed avviati verso la senilità, siamo pronti a parlare di rinnovamento, ma poi ci raffreddiamo, quando scopriamo che esso deve soprattutto basarsi su un ricambio generazionale. Così noi stessi, come l’infelice a cui Enzensberger chiedeva come potesse considerare un suo diritto che il cielo fosse più alto della schiena del suo cane, abbiamo paura di operare per scelte nuove, di gente nuova e nella direzione di un vero rinnovamento. Le condizioni storiche in cui ci troviamo, alla fine di un ciclo politico segnato dalla figura di Berlusconi (a destra) e dalla transizione verso l’unità riformista (nel campo del centrosinistra), come il travaglio della crisi di un ciclo economico e sociale, ci impongono un rinnovamento politico che non può che passare attraverso il ricambio generazionale, anche perché, se la democrazia non può esistere senza dinamismo sociale, se la promessa che questa forma di organizzazione della società porta con sé è quella di un futuro migliore da costruire attraverso la partecipazione di tutti; non è difficile dire che un mancato ricambio generazionale in politica è un sintomo, innanzitutto, di un deficit di democrazia. Ora, come dicevo, la vera questione è far circolare l’idea di puntura su nomi diversi per un rinnovamento, farla fuoriuscire dai nostri steccati, dalle nostre frequentazioni abituali, fuori dai nostri circoli, superando muri ed abbattendo staccionate e non solo nelle vecchie generazioni di elettori. Si ricorderà che, circa la generazione dei giovani attuali, anni fa era stato eretto a loro simbolo, un simpatico romanzetto intitolato (non a caso) “Indecision”. Ed è questo il punto di partenza, far superare proprio ai giovani la sensazione paralizzante che è inutile decidere e scegliere, tanto nulla davvero potrà cambiare. Il cinquantenne Boeri ci ha spiegato di essersi “reso conto della necessità di governare in modo diverso la città”. Diverso non dalla Moratti, ma dalla politica vetusta che la Moratti rappresenta. Con un video messaggio su internet, Concita De Gregori, direttore dell’Unità, ha auspicato, due giorni fa, un rinnovamento di tutta la classe dirigente. Va guardato (su http://www.unita.it/) quel videomessaggio e sia se si è conservatori che progressisti; soprattutto se si ha davvero a cuore la sorte della proprio Paese, della propria Regione, del proprio Comune, della propria Città o del proprio Borgo. Esiste un grande popolo progressista, migliaia di associazioni locali per la difesa del territorio, delle minoranze, per la promozione della cultura creativa e non violenta gruppi di acquisto, cooperative sociali, volontariato, imprese etiche gruppi creativi. Un grande movimento che trova la sua unità in obiettivi concreti, battaglie che coinvolgono le persone sui problemi quotidiani. Un popolo giovane che è già impegnato nel sociale e che, come nel caso di Boeri, occorre far scendere in politica, non come portatori d’acqua, ma da protagonisti di idee nuove, dette con facce pulite ed intenzioni sincere. I vecchi, purtroppo lo so bene facendone ormai parte, sono per lo status quo, per la conservazione. Ed invece occorrono giovani che, ridestati, sappiano creare innovazione, anche a costo di distruggere quello che raggela e trattiene. Sarò anche un illuso, ma sono certo che come me, in questo momento, molti sessantenni stanno, per usare una immagine legata alla precedente metafora di Enzensberger, cercando di convincere molti giovani che non solo il cielo deve stare sopra alla schiena di un cane, ma è possibile, con fresca ed onesta determinazione, portare quel cielo ancora più su. Torniamo a Boeri ed usiamolo come paradigma dell’auspicato ringiovanimento. Per prima cosa ha con effetto immediato la Consulta degli Architetti di Expo 2015 per potersi concentrare pienamente sulla corsa alla candidatura a sindaco. E per seconda ha già dichiarato che “Esistono grandi questioni su cui si può creare un’alleanza molto più vasta ed esistono settori che oggi non hanno voce e rappresentanza”, ricordando alla vecchia politica che una città, ogni città, “ha bisogno di un’amministrazione più vicina ai cittadini e meno condizionabile dalle contorte e sterili vicende politiche di Palazzo”. Mi piace ricordare (come, appunto fanno i vecchi), la conclusione ad una sua inchiesta contro la corruzione apparsa su “L’Espresso” il 22 gennaio del 1956 con il titolo Capitale corrotta = Nazione infetta, con cui Cangogna (di cui è sempre opportuno rileggere “Allegri gioventù”) accese la miccia che infiammò gli anni cinquanta-sessanta, facendo esplodere lo scandalo dell’ “Immobiliare”, da cui partì quello che può definirsi il primo processo della Tangentopoli italiana ed il sogno di volti giovani e nuovi nella politica del Paese. Scrisse allora Manlio Cangogna che a volte il rinnovamento porta a conseguenze peggiori, ma, a lungo andare, scopre classi dirigenti davvero oneste e capaci, per cui si di esso occorre sempre puntare. Inutilmente un grande ignorante, ci dice Platone, il più grande, come si definiva, tra i dottorissimi sofisti del tempo tutti, aveva ammonito che sapienti non si diventa mai ed anche che solo chi è giovane è davvero animato dalla volontà di apprendere ed applicare, nel beneficio di tutti. Se fino a ieri c’era nel paese una maggioranza silenziosa e prona al volere della vecchia classe politica, direi che ora la situazione sta cambiando. I disagi e le paure della crisi mordono ormai la carne viva dei lavoratori, dell’enorme massa del ceto medio, dei vecchi pensionati e dei giovani studenti e precari. La maggioranza silenziosa si sta sfarinando in una serie di minoranze parlanti e protestanti che hanno bisogno d’una guida capace di unificare i loro diversi interessi lesi in valori comuni. Non si fidano della politica ma, più o meno consapevolmente, chiedono uno sbocco politico che dia rappresentanza alla loro rabbia e la trasformi in concreta proposta. Credo per questo che, a breve, i piccoli rivoli tumultuosi, si faranno fiume, trascinati da giovani alvei ad operare un rinnovamento profondo nella Nazione e nei territori che ne compongono le parti.
Carlo Di Stanislao
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