Mentre nel 1988 scriveva nel suo “Breve storia del tempo” che l’idea di Dio non fosse necessariamente incompatibile con la visione scientifica dell’Universo, oggi ha cambiato idea: chiave di svolta del suo ragionamento la scoperta nel 1992 di un pianeta orbitante attorno ad una stella diversa dal Sole. Fatto “che rende le coincidenze che hanno portato alla nascita della vita sulla Terra molto meno straordinarie”. Il fisico e divulgatore Stephen Hawking, nel suo nuovo libro, scritto con il fisico americano Leonard Mlodinow, non ha dubbi: non c’è alcun bisogno di invocare Dio per la creazione dell’Universo. Nella sua nuova opera, intitolata The Grand Design (Il grande disegno o progetto) e scritta insieme al fisico americano Leonard Mlodinow, lo scienziato offre la risposta: anziché essere un evento improbabile, spiegabile soltanto con un intervento divino, il Big Bang fu “una conseguenza inevitabile delle leggi della fisica”. Scrive Hawking: “Poiché esiste una legge come la gravità, l’universo può essersi e si è creato da solo, dal niente. La creazione spontanea è la ragione per cui c’è qualcosa invece del nulla, il motivo per cui esiste l’universo, per cui esistiamo noi”. Nel libro, lo studioso predice inoltre che la fisica è vicina a formulare “una teoria del tutto”, una serie di equazioni che possono interamente spiegare le proprietà della natura, la scoperta considerata il Santo Graal della fisica dai tempi di Einstein. Naturalmente non tutti gli scenziati, la pensano allo stesso modo. “Se uno ha fede”, osserva, ad esempio, il professor George Ellis, docente di matematica applicata alla University of Cape Town, “continuerà a credere che sia stato Dio a creare la Terra, l’Universo o perlomeno ad accendere la luce, a innescare il meccanismo che ha messo tutto in moto, prima del Big Bang o del presunto nulla che lo ha preceduto”. Ma il campo dell’ateismo accoglie la pubblicazione del libro di Hawking come una vittoria della ragione e della scienza, da celebrare a due settimane dalla visita in Inghilterra di papa Benedetto XVI, che non sarà per niente d’accordo con Hawking. E’ abbastanza curioso o piuttosto significativo che l’uscita del libro dello scenziato inglese, avvenga a pochi giorni dalla già molto contestata visita del Papa in Gran Bretagna. La presa di posizione di un autore cosí eminente è destinata a rinfocolare le polemiche tra “creazionisti” cristiani e scienziati atei, in un paese in cui la laicità e libertà della scienza sono da sempre vessilli. Ma torniamo il libro, secondo cui la Fisica è ormai prossima a scoprire una “teoria del tutto” e fornirà presto, secondo Hawking, un quadro completo che possa finalmente spiegare il funzionamento della Natura. “La M-theory è la teoria unificata che Einstein sperava di trovare, – afferma lo scienziato. – Il fatto che gli esseri umani, che sono collezioni di particelle fondamentali, sono arrivati cosí vicini a comprendere le leggi che governano noi e il nostro universo è un grande trionfo”. L’ambizione di Hawking da anni è coniugare la “vecchia” teoria della relatività con la meccanica quantistica, denominatore comune di tutta la fisica moderna. La M-teoria, avanzata dal fisico teorico Edward Witten, è peró ancora in fase di formulazione definitiva. Witten non ha mai spiegato il significato della “M”, lasciando aperte varie possibilità: teoria madre, matrice, magica o mistero. Gli scettici sottolineano invece l’incertezza della teoria affermando che la “M” sta per “maybe” (forse). In Italia i maggiori fisici sono tre: Carlo Rubbia, Antonino Zichichi e Nicola Cabibbo, l’ultimo scomparso lo scorso 16 agosto e tutti e tre profondamente cristiani. Evoluzionismo e cosmologia sono i stati i temi sui quali soprattutto Cabibbo è intervenuto più volte, così come sul rapporto fra conoscenza scientifica e testo biblico e fra scienza e persona umana. Egli sottolineava spesso che la teoria dell’evoluzione non è in contrasto con l’opera della Creazione e le due non si contraddicono affatto. Sono gli ‘-ismi’, ovvero il creazionismo che pretende di negare l’evoluzione e l’evoluzionismo che pretende di negare la Creazione, che entrano in contrapposizione, proprio perché si fa confusione tra i due piani. Ancora una volta la scepsi della possibilità fa da maestra alle asserzioni perentorie; ovvero la cultura possibilista latina, insegna alla rigida concettualità anglosassone.
Carlo Di Stanislao
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