Come scrive Virgilio sulla sua news, ieri è stata la giornata delle contestazioni, con un lungo apripista, nei giorni scorsi, con i fischi a Dell’Utri a Como e il tentativo di agguato, naufragato miseramente, con pullman bloccati prima di partire per Mirabello e rompere le scatole a Futuro e Libertà. Arrivato in pompa magna (con un seguito di oltre 100 persone, che ne compongono lo staff) a Dublino a presentare il suo libro “A Journey”, autobiografia degli anni al governo, Tony Blair, che ormai sembra apprezato solo dai nostri ciellini, è stato accolto con lancio di uova e scarpe fuori dalla libreria Eason, nel centro della Capitale. I manifestanti hanno urlato slogan come “c’è sangue sulle tue mani”, “Hey Tony quanti bambini hai ucciso oggi?”, “Tony Blair criminale di guerra”, “Arrestate il macellaio Blair” ed anche se nessun “proietto” lo ha colpito, moralmente Blair può dirsi distrutto. E sempre ieri, alla Festa del Pd a Torino, Grillini (l’ex onorevole) ed altri del Popolo Viola, hanno duramente contestato Schifani, invitato personalmente da Fassino a parlare e fatto oggetto di improperi e durissime contestazioni. Oltre a dover incassare le dure reprimenda anche di Napolitano, il Pd deve anche vedersela con la Stampa di destra o contigua, che afferma che l’ex PCI non ha più niente, neanche un servizio d’ordine degno di questo nome ed un carisma sufficiente almeno a casa sua. Dalla vicenda, con Fassino e Bersani furiosi ed imbarazzati, ma anche pietosamente e vividamente impotenti, ad uscire a pezzi è proprio il Pd. Non solo perché non sa organizzare un incontro tanto importante, ma perché la contestazione è tutta interna. Interna alla coalizione alternativa a quella guidata da Berlusconi. Infatti mentre Napolitano, Fini, esponenti politici esprimevano solidarietà a Schifani, da Di Pietro arriva una benedizione alle proteste. Il presidente del Senato, ha interrotto il suo intervento e si è rivolto, pacato, ai contestatori: “Siete un esempio di antidemocrazia, perché volete impedire a due personalità politiche di parlare”; dimostrando così dignità e statura. Chi invece mostra vocazioni giustizialiste, scopomste e censorie sono, oltre a Di Pietro, anche il mondo dei grillini (stavolta quelli di Beppe Grillo), con il capetto che oggi afferma: “Questo è solo l’inizio. Devono rendersi conto che è finita. Che si blindino con i poliziotti antisommossa, chiamino Maroni e l’esercito. Paghino la gente che va ai comizi per applaudirli. Oppure se ne vadano a casa”. Bell’esempio di dialettica politica. Ancor più grave è apprendere, da Repubblica, che la presidente del Pd, Rosy Bindi, ha incontrato in serata alcuni dei contestatori in maglietta viola e dopo un breve ma cordiale colloquio sulla contestazione a Schifani e sul ruolo del Pd, ha proposto una sorta di patto: “Noi – ha detto – facciamo le primarie e voi vi impegnate a non far perdere il centrosinistra”. L’incontro è stato suggellato – stando ad alcuni testimoni – da un applauso. Bel modo di tenere la schiena dritta e non cadere vittima della piazza massimalista e populista, di marca francamente squadrista ed intollerabile, tanto a destra che a sinistra. L’esempio da seguire (ma nessuno sa farlo), è, al solito, quello di Giorgio Napolitano, vecchio e non pentito né revisionista comunista, il quale, in un comunicato, condanna con parole dure quanto accaduto. “Deploro l’intimidatoria gazzarra contro Schifani”. E continua avvertendo che: “ il tentativo di impedire il libero svolgimento di manifestazioni e discorsi politici è un segno dell’allarmante degenerazione che caratterizza i comportamenti di gruppi sia pur minoritari incapaci di rispettare il principio del libero e democratico confronto e di riconoscere nel Parlamento e nella stessa magistratura le istituzioni cui è affidata nel sistema democratico ogni chiarificazione e ricerca di verità. Perciò deploro vivamente l’episodio verificatosi oggi a Torino ai danni del Presidente del Senato e ogni forma di contestazione aggressiva sia verso figure di particolare responsabilità istituzionale sia verso qualsiasi esponente politico nell’esercizio della sua inconfutabile libertà di parola e di opinione”. Nei pochi momenti di tregua Schifani, aperto ad un dialogo con la controparte politica, ha anche potuto dire la sua sulla crisi interna del Pdl, auspicando “un ritorno a una maggiore coesione della maggioranza e predicando che “ ci sono state delle tensioni la cui ricomposizione è complessa, ma non impossibile”. Da politico avvertito e di equilibrio, ha aggiunto che è auspicabile che lavorino le colombe e non i falchi; ma, ha anche aggiunto, se non si potrà ricomporre, andrà tutto in mano al Capo dello Stato che certo “saprà fare le scelte migliori, sempre rispettoso della Costituzione, quella a cui dobbiamo inchinarci”. Oggi, tutti aspettano il discorso di Fini, dopo che Berlusconi ha dichiarato (ieri) che il processo breve non è più uno dei punti su cui chiederà la fiducia e valuterà la fedeltà, mostrandosi propenso al perdono e alla amicizia per i transfughi che vogliano fare ritorno a casa. Fini è atteso a Mirabello nel primo pomeriggio, intorno alle 14,30. Una volta atterrato in uno degli aeroporti regionali, tra Bologna e Forlì, si dirigerà al ristorante “I Durandi” (cucina tradizionale, pesce, pizzeria e tigelleria), per incontrare una quarantina di parlamentari suoi fedelissimi. Il comizio è previsto alle 18, anche se probabilmente slitterà di almeno un’ora. Ieri, come dicevamo, in un videomessaggio ai Promotori della libertà, il premier Berlusconi, con affianco la “passionista” Michela Brambilla, si è rivolto direttamente ai “ribelli” fedeli al presidente della Camera, per ricordare ancora una volta a “tutti i nostri parlamentari che, avendo prima deciso di fare parte di un nuovo gruppo, dovessero per senso di responsabilità e per lealtà nei confronti degli elettori che li hanno votati, decidere di restare nel gruppo del Pdl, tutti, nessuno escluso, potranno contare sulla nostra amicizia, sulla nostra solidarietà e lealtà, anche nel momento della formazione delle liste elettorali”. Oltre a questo, la marcia indietro sul processo breve viene incontro alle richieste dei “ribelli” e potrebbe evitare l’annunciato braccio di ferro sul provvedimento che avrebbe messo a forte rischio la possibilità di un accordo tra Pdl e Fli per la prosecuzione della legislatura. Ma oggi Fini, al Secolo XIX, dichiara: “non deluderò le aspettative, oggi a Mirabello nasce un popolo e noi andiamo avanti. Fedeli al governo e al centrodestra, ma decisi a volere un partito in cui il confronto è legittimo, in cui le minoranze sono rispettate, in cui si eleggono i rappresentanti e le assemblee”. E l’editoriale della stessa testata commenta che nonostante l’archiviazione del processo breve sull’agenda politica del governo, i gruppi autonomi di Fli in parlamento restano in vita e che Fini ribadirà la sua richiesta di cancellare i provvedimenti disciplinari contro i suoi uomini e chiederà di trasformare Futuro e Libertà in una minoranza costituita dentro il Pdl, con suoi esponenti negli organismi dirigenti. Tuttavia, nel costituendo partito, vi è ancora confusione, con i falchi Granata e Briguglio che strillano: “i gruppi di Fli non sono nati perché volevamo fare i primi della classe, ma perché Berlusconi ci voleva cacciare, impedendoci di dire la nostra” e le colombe e Menia e la Sbai che ribattono: “noi siamo fermamente convinti che si possa lavorare ancora insieme”. Ieri Fini è stato accolto a braccia aperte e con sorrisi a trentadue denti a Labro, nel cuore dell’Api di Rutelli ed è intervenuto in un dibattito di 30 minuti con Bruno Tabacci, Ferdinando Adornato, il suo fedelissimo Silvano Moffa (che ha strappato molti applausi in un dibattito con i primi due) e con anche il belga Guy Verhofstadt e il francese Francois Bayrou. Nel corso del dibattito (per grazia del cielo senza contestazioni di piazza e con toni pacati ed argomenti politici), sia Fini che Rutelli hanno commentato positivamente l’indicazione contenuta nel messaggio di Silvio Berlusconi ai promotori della libertà. Tuttavia l’ex leader di An, soffermandosi su ciò che dirà oggi a Mirabello, ha anche dichiarato che il suo discorso, che non va in cerca di strappi, toccherà alcuni punti forti. A cominciare dall’urgenza del rilancio delle riforme strutturali e delle politiche di sviluppo. Per proseguire con una forte sottolineatura della necessità di impegnarsi per la modernizzazione del paese, per restituire speranza e futuro ai giovani, per costruire serie politiche sull’immigrazione. “Con Fini è stata scritta oggi una delle maggiori pagine della stagione politica e nei rapporti tra noi”, ha detto a commento Rutelli davanti alla gente di Labro, ponendo l’accento su una politica che deve recuperare la sua dimensione alta bandendo la “categoria del nemico”, nonché ritrovando la sua centralità “nel processo di costruzione della società”. E’ evidente che iniziano manovre per raggruppamenti al centro che, crediamo, costituirà la maniera per superare uno dei grandi problemi nazionali: questa lunga interminabile transizione in cui, caduto un muro, sembra sempre che se ne alzi un altro; muri spesso eretti volutamente, per rendere impossibile non soltanto il dialogo ma anche la soluzione di molti, urgenti problemi. Ma, tornando al fatto che ieri è stata la giornata della contestazione, segnaliamo che anche Bossi, “il Roberto” come lo chiamano i suoi, è stato oggetto di una contestazione sonora davanti al porto di Camogli, mentre saliva, in compagnia di moglie ed immancabile figlio, su un’imbarcazione. Da un gommone sono partiti fischi ed insulti, naturalmente minimizzati dagli organizzatori e neanche accennati nel discorso che ha poi tenuto a Chiavari. In quel discorso ha spiazzato tutti, poiché, lui che con Calderoli voleva ricucire con Fini, ora che le mani di Berlusconi si fanno tese, afferma: “Berlusconi ha fatto un errore: quando Fini sotto il palco gli diceva mandami via io gli avrei detto fuori dalle balle”. E l’altro ieri, ai microfoni di SkyTg24, parlando della situazione della maggioranza a margine della festa della Lega a Torino, ha detto: “Spero che Fini non faccia ‘casini’. Non credo che a Mirabello dirà che fa il partito, questo non lo dirà”. Ma forse, per una volta si sbaglia e, oltre al partito, Fini preparerà il terreno per una alleanza strategica con Rutelli e Casini, tale da far paura tanto al Pdl che alla Lega. Anche se non so come potrà giustificare il garbuglio nepotistico in cui Gianfry (così è spesso chiamato, da chi lo odia a destra) si è cacciato per favorire donna Elisabetta e il corteo dei Tulliani, con la svendita della casa affittata al cognatino Giancarlo e le raccomandazioni Rai per il medesimo e la suocera, ma non credo questo il punto cruciale adesso. Più importante è che, considerandolo in maniera diversa da quanto scrivono Veneziani e Perna sul Giornale, non un politicastro incanta – popolo ma un politico vero, con tanto di tattica, strategia e carisma, sono quasi certo che bisognerà con attenzione considerare ciò che oggi dirà nella “seconda Fiuggi” di Mirabello, perché da questo dipenderanno molte cose del governo italiano futuro, come anche i più avvertiti della sinistra (ad esempio Vendola), vanno dicendo da mesi.
Carlo Di Stanislao
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