Ogni concerto presentato due volte, a L’Aquila e a Roseto, nel luogo del sisma e della tragedia e in quello dell’accoglienza, nei lunghi momenti di angoscia dopo l’evento. Questa l’inedita formula del XVII Festival Internazionale della Chitarra, al via ieri sera, presso la Villa Comunale di Roseto degli Abruzzi, con protagonisti i Solisti Aquilani, diretti dal maestro Vincenzo Mariozzi e Il Quartetto Chitarristico Leonardo, ensemble di valore internazionale, composto dagli aquilani Agostino Valente (Presidente dell’Accademia Chitarristica Aquilana), Massimo Felici, dal marsicano Alessandro Paris e dal croato Goran Listes. In programma brani di Prokof’ev, Valori e Procaccini, più la prima assoluta mondiale di Sillerdused (Iridescente), composizione del maestro boero Kurlin, appositamente scritta per il Quartetto. Oltre a questo brano, particolarmente toccante e suggestivo quello intitolato Suite de L’Est, di A. Valori, con il passaggio, struggente, L’Aquila ferita, che ci riporterà ad un passato oscuro da cui cerchiamo di risollevarci.
Il concerto, sarà replicato oggi, domenica 5 a L’Aquila, alle 21 presso la grande sala della chiesa di S. Pio X, a L’Aquila.
La manifestazione proseguirà, giovedì 9 nel Santuario Madonna D’appari di Paganica e sabato 11 alla Villa Comunale di Roseto, con un recital per chitarra e voce, del maestro Massimo Felici e del soprano Damiana Mizzi, indimenticabile interprete, nel 2008, di Musetta nella Boheme di Puccini e recente vincitrice del Premio Internazionale Canto Unico nel Concorso Europeo Don Matteo Colucci. Solo a L’Aquila, nella chiesa del Suffragio (da noi più nota come “Anime Sante”), simbolo della distruzione fulminea e della voglia di ricostruire, venerdì 10 settembre, sempre alle 21, il concerto del grande chitarrista di Zagabria Zoran Dukic, docente nella sua città e a Barcellona e riconosciuto specialista del repertorio classico e moderno della “sei corde”, soprattutto per gli autori di impronta più folk lorica e legati alle tradizioni popolari (danubiane, amerinde e spagnole).
Sempre a L’aquila, il 13, e sempre alle 21, presso l’Auditorium Sericchi della Carispaq, il giovane concertista aquilano Francesco Mancini (allievo di spicco del Maestro Valente), si produrrà in una concerto con brani di Otradovic, Dvorak, Granados, Samuell, Zelenka, e Van der Staak. L’intera manifestazione, inserita nella 64° Stagione Concertina della “Barattelli”, ha ricevuto il patrocinio della Regione Abruzzo e dei Comuni di Roseto degli Abruzzi e de L’Aquila.
Diceva Andrea Riccardi, che avere speranza non vuol dire possedere una visione lucida di come sarà il domani.
La speranza profonda viene, infatti, dalla convinzione che la famiglia degli uomini e dei popoli non è stata abbandonata da un amore più grande. Questo il liet motiv dei concerti e dei singoli brani, con un connubio, insistito e sottolineato dopo l’edizione dello scorso anno, fra entroterra e costa, mare e montagna, in una regione che sa sempre cogliere, nella solidarietà e nell’aiuto, motivi di rinnovamento e speranza.
Come mai l’uomo, essere raziocinante per eccellenza non riesca a liberarsi dalla fonte più grande del proprio dolore sito agli antipodi della razionalità è uno dei grandi temi eterni dei ragionamenti filosofici. La vita dell’uomo, al di là di uno raziocinio più o meno ostinato, dipende in gran parte da un “sentire” che egli ha nei confronti degli eventi a cui la vita lo sottopone e che lo modificano continuamente.
Allora, forse, sarebbe più giusto chiedersi se sia possibile vivere in uno stato che si potrebbe definire di indolenza verso il fluire della vita stessa. Uno stato che ricorda lo stoicismo, ma ne è una più alta evoluzione.
Qualsiasi sforzo possiamo compiere, il passato non sarà mai totalmente cancellabile, non fosse altro perché noi stessi siamo la personificazione delle nostre esperienze. Significherebbe annullare noi stessi, ridurci vuoti involucri di convulsi istanti accatastati al solo fine di non farci pensare, di non farci mai volgere lo sguardo indietro.
Ma per quanti sforzi possiamo fare, ci sarà sempre un evento incontrollabile. Ogni frammento che risiede in ognuno di noi, ricucite al meglio le ferite della vita, trova o dovrebbe trovare, in una passione un corridoio attraverso il quale dispiegare le ali accartocciate e atrofizzate della speranza.
Questi i grandi temi esemplari ed esemplificativi dei vari concerti pensati per questa epocale edizione che ci porta dalla’angoscia della distruzione e della perdita, verso la speranza del recupero, attraverso l’arte musicale che, per eccelenza, parla alla’uomo direttamente dal cuore.
E, per sviluppare ancor meglio questo concetto, il maestro Valente con la sua apprezzata Accademia Chitarristica Aquilina, assieme all’Istituto Cinematografico La Lanterna Magica, ha progettato un percorso combinato fra musica e immagini, denominato “Emozionarsi da L’Aquila”: due ore composte da esecuzioni musicali e proiezione di un film, inierenti i grandi temi emotivi della crescita antropologica individuale e collettiva. Il format, inedito, partirà con il sentimento “nostalgia”, illustrato attraverso musiche di Nino Rota, Leo Brauer, Joaquin Rodrigo e la proiezione del superrbo e lirico “Nostalgjia” di Andrei Tarkowskji, scritto con Tonino Guerra e splendamente fotografato da Giuseppe Lanci. Lo spettacolo sarà portato, dal prossimo inverno, in giro per l’Italia ed il Mondo: esemplicazione di quell’amore per la cultura che è convinzione che essa sia la base per ogni rinascita, insita nella tradizione della città de l’Aquila.
Nostalgia e speranza sono stati definiti due sentimenti sospesi, espressioni purissime di quella “radice desiderante” che, secondo il filosofo Gabriel Marcel, sta alla base dell’uomo.
La nostalgia e la speranza per quanto possano apparire su due piani opposti, hanno qualcosa in comune, sono due sentimenti che hanno entrambi per contenuto, il tempo: il tempo passato nel caso della nostalgia, il tempo futuro, possibile, nel caso della speranza. E quindi, in quanto tali, sarebbero due sentimenti in netto contrasto tra loro. Esiste però anche una forma di nostalgia del futuro, e ciò avviene quando la nostalgia appare in uno stato d’animo più simile ad una condizione di desiderio. In questo caso, la nostalgia sfiora la speranza: io posso avere nostalgia di qualcosa che potrebbe accadere e, nello stesso tempo, dispero del fatto che questa cosa possa accadere. Ma come il tempo passato non è presente e da questo ne può derivare uno stato di inquietitudine, perché questo passato non può essere presente, così anche il tempo futuro non è ancora presente e non so se, in esso, un determinato evento accadrà mai. Quindi sia nostalgia che speranza sono due sentimenti sospesi, due sentimenti che prendono il tempo e lo “guardano” dall’esterno, in qualche modo. Essere proiettati continuamente verso un desiderio come a un bene irrinunciabile, senza il quale ne andrebbe del suo equilibrio e della sua pace; cercare nell’appagamento di quel desiderio qualche cosa di più di quanto possa venire espresso a parole o in ragionamenti, cercarvi, in qualche modo, il senso medesimo del proprio essere; scoprire nella soddisfazione del desiderio non già l’appagamento e la realizzazione della coscienza, ma l’insorgere di una nuova inquietudine, di una ulteriore insoddisfazione, e pertanto ripartire alla caccia di un nuovo desiderio, tanto più desiderabile quanto più irraggiungibile: questa è la cifra della condizione umana. Ma questa condizione, che pure è lacerante, è l’unica che possa, attraverso vari passaggi (paura, rabbia, frustrazione, preoccupazione, tristezza), condurre ad una nuova vita dopo eventi traumatici e luttuosi come il terremoto.
Di questo il festival di quest’anno e poi il format in fieri fra musica e immagini, saprà parlare, in modo ispirato e certamente convincente.
Carlo Di Stanislao
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