Ore disperate

Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, si appella, attraverso Aki-Adnkronos International, sia al Papa che al governo italiano, per fermare l’esecuzione della madre, condannata alla lapidazione per adulterio. Nell’accorato messaggio egli dichiara anche che: “”In seguito alla pubblicazione sul Times di Londra della foto di una donna senza velo erroneamente attribuita a lei, […]

Sajjad Ghaderzadeh, il figlio di Sakineh Mohammadi Ashtiani, si appella, attraverso Aki-Adnkronos International, sia al Papa che al governo italiano, per fermare l’esecuzione della madre, condannata alla lapidazione per adulterio. Nell’accorato messaggio egli dichiara anche che: “”In seguito alla pubblicazione sul Times di Londra della foto di una donna senza velo erroneamente attribuita a lei, mia madre è stata condannata da un giudice speciale di Tabriz (la città in cui è detenuta, ndr), a 99 frustate e secondo le nostre fonti, la sentenza è già stata eseguita pochi giorni fa”. “Questo è un fatto insopportabile, che mi indigna veramente”, dice Sajjad, che da Tabriz, dove vive, continua a denunciare all’estero le “atrocità ingiustificate” a cui è sottoposta la madre, cambiando quasi quotidianamente la scheda del suo cellulare, per paura di essere intercettato e punito dalle autorità del suo paese. Il giovane non conosce le condizioni di salute della madre, perché non gli è permesso di incontrarla “da più di due settimane, dal momento che è stata costretta a rilasciare un’intervista alla tv di Stato – spiega – Sono molto preoccupato, spero di poterla incontrare giovedì, ma non sono sicuro che mi daranno l’autorizzazione”.  Il 4 agosto la Corte suprema ha iniziato un riesame della condanna a morte di Sakineh Mohammadi Ashtiani: lo scopo di tale decisione appare solo quello di ridurre la pressione internazionale sulle autorità, cambiando la modalità di esecuzione della condanna a morte. La condanna alla lapidazione resta in vigore. Intorno al 7 luglio, a seguito delle proteste internazionali, i funzionari del carcere di Tabriz hanno chiesto al capo della magistratura iraniana di acconsentire alla commutazione in impiccagione della condanna a morte per lapidazione di Sakineh Mohammadi Ashtiani.  A seguito della mobilitazione internazionale delle ultime settimane contro la sua esecuzione della, l’Ambasciata iraniana a Londra ha rilasciato una dichiarazione l’8 luglio 2010, affermando che la condanna di Sakineh Mohammadi Ashtiani non sarebbe stata eseguita tramite lapidazione. Tuttavia, la sua posizione legale non è chiara, dal momento che  il suo avvocato non ha ricevuto alcuna comunicazione ufficiale sulla commutazione della sua condanna a morte Durante il processo, Sakineh Mohammadi Ashtiani ha ritrattato una “confessione” rilasciata sotto minaccia durante l’interrogatorio e ha negato l’accusa di adulterio. Due dei cinque giudici hanno ritenuto la donna non colpevole, facendo presente che era già stata sottoposta a fustigazione e aggiungendo di non aver trovato le necessarie prove di adulterio a suo carico. Tuttavia, i restanti tre giudici, tra cui il presidente del tribunale, l’hanno ritenuta colpevole sulla base della “conoscenza del giudice”, una disposizione della legge iraniana che consente ai giudici di esprimere il loro giudizio soggettivo e verosimilmente arbitrario di colpevolezza anche in assenza di prove certe e decisive. Lo scorso 2 settembre vi è stata una mobilitazione generale davanti all’ambasciata iraniana a Roma, con la gigantografie della donna condannata alla lapidazione esposte sulla facciata di Palazzo Chigi, Campidoglio e Palazzo Valentini. Tra i rappresentanti politici, oltre al partito dei Verdi, membri di Pd, Sinistra e libertà, Giovani Socialisti, Italia dei Valori, il segretario del Prc/Federazione della sinistra Paolo Ferrero, il sottosegretario all’Attuazione del programma di governo Daniela Santanché, brevemente contestata, e il presidente della comunità ebraica romana, Riccardo Pacifici. Presenti anche rappresentanti dell’opposizione iraniana e della Resistenza dei Mujaheddin del popolo, che hanno sottolineato come siano impegnati “ormai da vent’anni per chiedere lo stop all’orrore del regime iraniano”. Oggi, poi, le autorità della Repubblica Islamica attraverso l’agenzia di stampa governativa Irna, hanno replicato alla lettera aperta con cui la squadra della Roma calcio aderiva all’appello “Fiori e non pietre!”. “Boicotteremo per un mese le notizie riguardanti la squadra di calcio della Roma in risposta alle parole di supporto verso la donna condannata secondo le leggi iraniane”, hanno dichiarato. Sempre secondo l’agenzia Irna, la mobilitazione dello sport attorno a Sakineh “arriva mentre istituzioni sportive internazionali come la Fifa ed il comitato olimpico continuino a sottolineare l’indipendenza dalla politica, minacciando di sospensioni le federazioni che subiscono queste ingerenze”. E i dirigenti sportivi italiani, chiude la nota dell’Irna, “farebbero meglio, anziché interferire sulle questioni politiche, a vigilare sulle violazioni dei diritti umani che si registrano nei paesi europei: lo scorso anno in Germania una donna musulmana è stata assassinata con un coltello in un tribunale sotto gli occhi di un giudice da un sionista olandese, un crimine senza precedenti”. Ieri sera poi, Michela Murgia, vincitrice del Campiello 2010 con il suo libro ‘Accabadora’, a dedicato la vittoria proprio a Sakineh che, ha dichiarato, a più “bisogno di aiuto della mia Sardegna”. L’impegno italiano a favore di Sakineh si è fatto sentire in varie parti della Penisola. A Firenze, il presidente della Provincia, Andrea Barducci, ha fatto esporre una foto della donna sulla facciata di Palazzo Medici e il 2 a Torino, durante la festa nazionale dei Democratici, è stato osservato un minuto di silenzio. Nel suo appello, Sajjad Ghaderzadeh, rivolgendosi al Papa ha scritto: “Esorto il capo della Chiesa, papa Benedetto XVI, a intervenire per salvare la vita di mia madre”, per fermare le atrocità ingiustificate a cui è sottoposta”.

Carlo Di Stanislao

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