La palla è passata nel suo campo e lui, da presidente da sempre di squadre di calcio, sa che ora non può fare melina. Per uscire dall’impasse questa sera il Cavaliere riceverà Bossi e Maroni in un vertice dagli esiti difficilmente prevedibili e mentre assegna al solito Bonaiuti, di prima mattina, il compito di dettare la linea ai fedelissimi, dicendo che è tutto come prima, avanti sui cinque punti e la verifica parlamentare, sostanzialmente continua a pensare che molto difficilmente si potrà concludere la legislatura anche perché l’ipotesi che si possa stringere un patto che permetta di arrivare al 2013, così come proposto da Fini, si scontra con il sospetto che l’ex leader di An lo voglia solo logorare o comunque sospingerlo verso lidi a cui non vuole approdare (confronto con l’opposizione e quant’altro). Ed allora cerca la sponda della Lega o il suo sostegno in caso di elezioni. Per la Lega, dal conto suo, resta il fatto che il programma di governo deve essere esattamente quello che prevede il “federalismo”, un punto di non ritorno che non ammette ripensamenti (sul Sud) o discussioni (sui parametri). Il Senatùr, che è molto astuto, attacca a testa bassa Fini spiegando: “Berlusconi doveva darmi retta, se si andava subito alle elezioni non ci sarebbero stati nè Fini, nè Casini nè la sinistra. Ora la strada è molto stretta e se il premier deve andare tutti i giorni dal presidente della Camera e dal leader dell’Udc a chiedere i voti allora è dura, la strada diventa molto stretta”. Così facendo acuisce le ambasce della’interlocutore di stasera: un leader se non annullato, certamente almeno dimezzato e, pertanto, meno propositivo e più disponibile al compromesso. I finiani intanto esultano. A Mirabello è successo qualcosa “di più” della nascita di un nuovo partito, “si è rimessa in moto la politica”, dice Fabio Granata. “Con Fini, abbiamo buttato il cuore oltre l’ostacolo: adesso inizia il difficile, e il bello, di questa impresa”. Vedremo stasera cosa sapranno escogitare le due vecchie gambe di uno sgabello politico che ora barcolla, mentre anche Bersani riprende spirito e dice che “il problema è che il paese non può subire tracheggiamenti”. Ignazio Marino, poi, è ancora più chiaro affermando: “A questo punto dobbiamo essere chiari: no ad alleanze vaste e improbabili, che vadano da Vendola a Bindi, da Rutelli a Fini, sì al voto parlamentare per cambiare la legge elettorale, così come prevede la Costituzione. I numeri ci sono, sia alla Camera che al Senato”. Quindi Marino coglie la palla al balzo e (ri)propone una maggioranza che produca un voto parlamentare su un progetto condiviso dal Paese, con un gesto che restituisca il controllo agli elettori e la dignità al Parlamento. Ma Bersani ed il vecchio Pd sapranno seguirlo? Ma torniamo a destra, perché, per ora, la sinistra è davvero poco significativa e quasi ininfluente. Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, e Cicchitto capogruppo alla Camera, hanno rilanciato la richiesta a Fini di abbandonare la presidenza della Camera, aggiungendo l’argomento nuovo che Fini è incompatibile, in quanto usa un ruolo istituzionale per un suo soggetto politico. Ma pronta la replica del sempre desto Italo Bocchino: “Nel 2001 votarono e votammo Casini, che era leader di partito, allo scranno più alto di Montecitorio. Quando gli conviene, come nel caso di Casini, non trovano nulla da obiettare, mentre quando gli conviene, come nel caso di Fini, usano strumentalmente il problema della incompatibilità. Noi siamo sempre della stessa idea nel 2001 votammo Casini e oggi non vediamo problemi nel ruolo di Fini.”. Il duello continua su schermaglie oratorie e questioni di lana caprina, ma è solo uno schermo di fumo, dietro al quale, è evidente, la politica sta e deve cambiare. Se stasera B e B, cioè il Cavaliere ed il Senatur mostreranno di non capirlo, sarà l’inizio della fine per un governo che ha promesso molto e fatto quasi niente. Parlando di politica e di amministrazione, naturalmente. Il discorso di Gianfranco Fini a Mirabello, ha dichiarato Paolo Bonaiuti, non rappresenta un “fatto traumatico” e il Governo andrà avanti portando all’esame del Parlamento i “cinque punti” su cui il Pdl ha scelto di verificare la tenuta della maggioranza. Il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, durante una video chat sul sito web del Tg1, ha affermato: “Sono anni che ci sono questi discorsi, che sono in ballo gli attacchi di Fini e dei finiani, non è che l’abbiamo scoperto oggi”. Ma ,si vedeva chiaramente, che il primo a non crederci era proprio lui.
Carlo Di Stanislao
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