Era l’11 settembre del 2001 quando il mondo venne sconvolto dalla notizia di un attentato kamikaze alle torri gemelle, nelle ore che seguirono si apprese che gli aerei di linea dirottati ne erano quattro, di cui oltre le torri, uno colpì il Pentagono ed un altro diretto alla Casa Bianca, si schiantò vicino la località di Shanksville. Le immagini delle torri gemelle che emanavano fumo e fiamme fecero il giro del globo e chiunque si trovasse davanti alle televisioni in quel momento rimase a bocca aperta in apprensione per la vita di quelle persone intrappolate nei due edifici che con fazzoletti bianchi alla mano segnalavano la propria presenza al fine di poter essere soccorsi. Sul posto arrivarono in pochi minuti numerose macchine dei vigili del fuoco ed ambulanze per soccorrere i feriti, mentre gli agenti di polizia erano intenti a far evacuare le zone circostanti. Tutto avvenne nel giro di pochi minuti, non c’era tempo per pensare, né per avere paura, c’era solo il tempo di tentar di agire. Quel giorno il terrorismo di Al Qa’ida dichiarò guerra al mondo occidentale e nei mesi successivi l’occidente a sua volta dichiarò guerra al terrorismo. A New York erano le 9 di mattina quando i primi due aerei di linea si schiantarono sulle Twin Tower. Gli uffici delle strutture coinvolte iniziavano a riempirsi di gente che si recava al lavoro, ignara che quello era il suo ultimo giorno di vita. Ben consapevoli invece, forse ne erano i passeggeri dei voli dirottati dai terroristi, alla fine si comprese che i kamikaze artefici dei dirottamenti dei 4 aerei ne erano 19 fra loro anche ragazzi giovani e giovanissimi, tutti determinati ad immolare la propria esistenza alla causa di Al Qa’ida e a colpire gli obiettivi che gli erano stati imposti. Gli attacchi si susseguirono con precisione impressionante e in una sequenza straziante priva di ogni compassione, di ogni pietà umana. I telegiornali di tutta la terra accesero i riflettori sulla immane tragedia che si stava consumando, milioni di persone rimasero incollate davanti agli schermi, tutti speravano nella salvezza di quella povera gente intrappolata nelle torri e con compassionevole ansia ognuno era vicino col cuore a loro e ai vigili e poliziotti che si avventurarono sulle scale degli edifici per portare soccorso. Dai televisori il mondo vide scene strazianti di persone che pur di avere una sola minima possibilità di salvezza, si tuffava nel vuoto dal 30imo piano, quando all’improvviso accadde ciò che nessuno avrebbe mai potuto immaginare… il crollo della prima torre con tutte le persone intrappolate dentro. Il panico nelle strade adiacenti Ground Zero si espanse come un’invadente quanto mortale macchia d’olio, urla disperate si sollevavano dalla terra al cielo bloccate dal fumo perverso che non dette a quelle voci la possibilità d’innalzarsi ad un Dio che in quel momento sembrava assente. Eppure gli atti terroristici erano proprio stati perpetrati da uomini che s’immolavano a quel Dio, l’unica differenza che il loro Dio si chiama in un’altra maniera e aveva per loro, principi basati sull’etica psicotica e schizofrenica di persone che a suo nome infondono nei cuori odio, rancore e guerra. Non ci fu neanche il tempo di capire che la prima torre era crollata, quando dopo una manciata di minuti iniziò a collassare su sé stessa anche l’altra Twin Tower e di nuovo il panico della follia invase l’animo della gente. Tutto si ridusse in una terribile onda di fumo e detriti che fece tremare la terra, il cielo e l’aria, soffocando il respiro di un’intera nazione. In tutto il mondo scene di sgomento, pianto e disperazione si susseguirono senza sosta, specialmente negli Stati Uniti, il paese colpito in prima persona da quell’ignobile attacco alla vita umana. Per molti giorni e per i mesi seguenti, il pianto tragico di madri, padri, amici e sconosciuti si sollevò dalle macerie di Ground Zero e a distanza di 9 anni, quel pianto non è mai terminato. Pochi giorni dopo i militanti di Al Qa’ida vennero ripresi mentre festeggiavano quella che loro dichiararono essere la migliore azione di guerra mai condotta ai danni degli USA e del mondo occidentale, lo stesso Osama Bin Laden in un fotogramma delirante, elogiò il lavoro condotto dai suoi kamikaze, ragazzi giovani che avevano dato la vita per degli ideali dettati da pazzi nevrotici. In molti ancora si stanno chiedendo se quei giovani terroristi, dopo la morte, abbiano realmente ottenuto il ‘premio’ per il loro sacrificio, che probabilmente tanto gli era stato promesso dagli aguzzini che senza un briciolo di umana coscienza e pietà li condussero al macello insieme ad altre 2974 persone del tutto sconosciute che con ogni probabilità in occasioni diverse avrebbero potuto esser loro amiche. Le vittime della tragedia dell’11 settembre appartenevano a 90 nazionalità differenti, rappresentanti di razze e di nazioni così terribilmente diverse tra loro ma unite in un unico disastroso quanto crudelissimo destino. Laddove la vita li aveva vissuti separati, la morte li ha uniti definitivamente. Non appena passato il tempo dello sgomento e dello stordimento per quanto accaduto, iniziarono le polemiche e i sospetti del ‘si poteva fare di più’, ‘si doveva aumentare i controlli nei cieli’ e tutte quelle altre discussioni tipiche del dopo tragedia. Per anni in molti hanno disquisito sulle complicità in quel disastro, sulle ragioni per cui le torri crollarono a terra sciogliendosi come ghiaccio al sole. Ma oggi a distanza di quasi un decennio forse è arrivato il momento di fermarsi un attimo a riflettere, al di sopra di ogni rabbia e di ogni rancore, riflettere sulle responsabilità di tutti, quelle che sono a monte del terrorismo e dell’orgoglio occidentale. Forse è arrivato il momento che il mondo politico ad est come ad ovest, si metta una mano sul cuore ad ascoltare i battiti frenetici delle colpe di politiche esasperanti che affamano i popoli e conducono alla guerra i loro migliori giovani.
Carla Liberatore
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