Da qualche anno va bene, ma ora sta andando decisamente meglio per Laudomia Bonanni. La scrittrice, tra i grandi del Novecento, stava subendo la malasorte dell’oblio e del non essere profeta neanche in patria, all’Aquila, la sua città. Da alcuni anni, invece, l’attenzione su questa straordinaria figura della letteratura non solo italiana sta finalmente squarciando le ombre dell’appannamento e sta portando gradualmente alla luce tutti gli aspetti della sua rilevante grandezza. Tanto si deve anzitutto all’iniziativa di alcuni studiosi ed appassionati cultori della scrittrice, riuniti nell’Associazione Internazionale “Laudomia Bonanni”, fondata nel 2005 da Gianfranco Colacito, Pietro Zullino, Gianfranco Giustizieri e Giuliano Tomassi con il fine di ripristinare la conoscenza e lo studio delle opere della scrittrice, anche in vista del centenario della sua nascita, poi celebrato nel 2007 con diverse iniziative di rilievo. Sebbene l’impresa all’inizio apparisse ardua, per gli anni di noncuranza trascorsi che della Bonanni stavano smarrendo la memoria, le iniziative stimolate dall’associazione hanno invece rinverdito fortemente l’interesse, con seminari e convegni d’altissimo profilo scientifico.
Autrice apprezzata, talvolta anche discussa, con uno stile singolare e per i contenuti innovatori della sua scrittura, Laudomia Bonanni (L’Aquila 1907 – Roma 2002) ha marcato indelebilmente il Novecento letterario italiano. Per primi ne rilevarono lo straordinario valore Eugenio Montale, Emilio Cecchi e Carlo Bo, fra i tanti recensori che poi ne tesserono le lodi allorquando, lei del tutto sconosciuta, nel 1948 vinse il Premio Amici della Domenica, complementare allo Strega, con il romanzo “Il fosso”, che due anni dopo, pubblicato da Mondatori, vinse anche il Premio Bagutta. Fu riconosciuta erede del miglior realismo italiano e la sua scrittura assimilata a James Joice e Virginia Woolf. A seguire, ancora altri scritti di successo, fino al romanzo “L’imputata” che nel 1960 vinse il Premio Viareggio e nel 1964 “L’adultera”, vincitrice del Premio Campiello. I due romanzi, tradotti in francese e spagnolo, ebbero una buona diffusione in Europa ed in America Latina. Dopo alcuni anni di pausa, riprese intensa la sua produzione letteraria, con il romanzo “Vietato ai minori” (finalista al premio Strega, nel 1975), poi con la raccolta di racconti “Città del tabacco” (1977) e “Il bambino di pietra” (1979, finalista al premio Strega). Nel 1982 uscì il suo ultimo lavoro edito, “Le droghe”.
Nel cassetto della scrittrice rimasero alcune opere inedite, specie degli anni giovanili. “La rappresaglia”, scritto nel 1984, è stato pubblicato postumo nel 2003 dall’editore Textus. Negli scritti di Laudomia Bonanni emergono con prepotenza le figure femminili. Donne umili, creature sofferenti che tuttavia sanno trarre la forza “…di riparare il tessuto familiare e sociale lacerato da povertà, emigrazione, carestie, terremoti, ignoranza, e soprattutto guerre: donne capaci di biblica rassegnazione, anche se talvolta hanno pietà di se stesse e manifestano barlumi di rivolta contro questo eterno rinnovarsi dell’olocausto femminile…” scrive Pietro Zullino in una nota critica. Altro registro della Bonanni è quello dedicato all’infanzia, al mondo dei bambini ed all’universo minorile, con una notevole capacità d’analisi e con un approccio denso di sensibilità verso l’ambiente domestico e familiare che a lungo lo fece definire “femminismo alla Bonanni”, qualche decennio prima che il fenomeno emergesse nella società italiana. Laudomia Bonanni ebbe temperamento austero, pessimista, schivo nel suo rigore, mai incline alle mode letterarie ma esigente invece verso i lettori. Ricchissimo il suo lessico, feconda la sua vena narrativa, acuta ed introspettiva del mondo proletario ma anche d’una certa borghesia priva di valori.
Il risveglio d’interesse verso Laudomia Bonanni, in anni recenti, ha portato alla pubblicazione del romanzo La rappresaglia, d’un volume che raccoglie una selezione degli elzeviri della scrittrice usciti sul Giornale d’Italia e su altre testate, d’un epistolario, e sopra tutto di saggi e scritti critici, come l’interessante volume di Alfredo Fiorani “Laudomia Bonanni – Il solipsismo di genere femminile”, edito nel 2006 dalle Edizioni Noubs. Ma tra i saggi critici dati alle stampe, per la loro rilevanza, vanno sicuramente segnalate le opere di Gianfranco Giustizieri: dapprima “Io che ero una donna di domani”, edito nel 2008 dal Consiglio Regionale d’Abruzzo, e qualche giorno fa l’altro pregevole volume “Laudomia scrittrice senza tempo”, pubblicato dall’editore Carabba di Lanciano. Quest’ultima fatica di Gianfranco Giustizieri – un contributo considerevole per la migliore conoscenza della Bonanni – è stata presentata il 10 settembre all’Aquila con l’intervento di Sara Teardo, docente della Princeton University (Usa), e di Walter Capezzali, presidente della Deputazione Abruzzese di Storia Patria, mentre alcuni brani della Bonanni venivano “interpretati”, con la bravura che la distingue, dall’attrice Eva Martelli.
Non è qui il caso di riportare le qualificate argomentazioni dei relatori, per evitare di far torto, nell’angustia del sunto, a valutazioni di ben più ampio respiro. Vanno tuttavia riprese, della pregevole relazione della prof. Teardo – da alcuni mesi all’Aquila per lo studio dei luoghi bonanniani e per conoscere a fondo il contesto ambientale – alcune annotazioni sulla “modernità” di pensiero della Bonanni, capace d’anticipare di decenni l’analisi sulla condizione femminile che solo alla fine degli anni Sessanta conobbe in tutto il mondo le lotte d’emancipazione della donna. La docente del prestigioso ateneo americano, infatti, ha tenuto a classificare il femminismo della Bonanni “non filosofico, non teorico, ma storico”, coltivato attraverso una vita dedicata all’insegnamento, allo studio attento della società anche attraverso l’esperienza di giudice minorile, quindi all’impegno letterario, privandosi della prospettiva di formare una propria famiglia. Dunque rinunciando alla maternità, perché – ha annotato Sara Teardo – “per Laudomia Bonanni, la cui voce è unica e inconfondibile, la scrittura è una maternità alternativa, sostitutiva”. Donna orgogliosa del suo isolamento, della sua origine provinciale, Laudomia è profondamente sagace nella comprensione dei fenomeni sociali, una scrittrice “di denuncia della condizione femminile”, ante litteram rispetto al femminismo che sarebbe arrivato decenni dopo. Tutte le donne, negli scritti della Bonanni, “rivelano uno straordinario coraggio, sono più forti degli uomini, non cedono mai”. E’ questo uno degli aspetti più singolari della scrittrice che, all’eccelsa qualità letteraria, associa la conoscenza profonda della società, specie delle classi più deboli ed emarginate.
Molto interessanti le riflessioni di Walter Capezzali, sul connubio tra letteratura e giornalismo, nell’esperienza di Laudomia Bonanni, anche con ricordi personali e riferimenti diretti. Gli elzeviri della scrittrice sono stati un formidabile veicolo di rappresentazione e di analisi della realtà sociale del suo tempo. Dunque è pertinente e non azzardato quanto sostiene Giustizieri, nell’accostare la denuncia della condizione sociale della Bonanni a quella poi espressa da Pier Paolo Pasolini. Della lunga esperienza giornalistica della scrittrice, Capezzali ne richiama il valore, specie argomentando sulla funzione culturale svolta dalla terza pagina dei giornali, dove giornalismo e letteratura s’incontravano. La Bonanni ne ha lasciato prove davvero superbe. Purtroppo la mutazione dell’informazione, figlia del tempo, nel 1969 praticamente cancellò dai giornali la terza pagina, “un fatto del quale la Bonanni si rammaricò non poco, giudicandolo una vera e propria involuzione”.
“Laudomia scrittrice senza tempo”, è il secondo viaggio tra gli scritti di Laudomia Bonanni (così recita appunto il sottotitolo) affrontato da Gianfranco Giustizieri, curatore meticoloso dell’archivio bonanniano e infaticabile ricercatore. Con questo nuovo libro Giustizieri prosegue l’approfondimento conoscitivo e critico già iniziato con il precedente volume “Io che ero una donna di domani” e porta l’analisi fino alle pagine più nascoste e dimenticate della grande scrittrice abruzzese. “Il supplemento d’indagine ha portato a far luce sulle molte zone d’ombra che l’itinerario letterario aveva lasciato ed anche a rivedere alcune convinzioni che l’esordio giovanile aveva suggerito”, scrive l’autore nell’introduzione. Una robusta mole documentale – non tutta è stata inserita nel libro – raccolta da archivi sparsi per tutta la penisola, gli permette puntualmente di testimoniare il tracciato intrapreso partendo dalla genesi letteraria della scrittrice per trattare le diverse tematiche care alla Bonanni. Il testo, infatti, esamina i molti affluenti che hanno alimentato la sua narrativa, scopre le sorgenti giovanili e rivela il corso principale fino all’approdo. I maggiori temi delle sue opere sono esaminati sin dagli esordi, attraverso scritti completamente dimenticati, ignorati ed in parte introvabili. Attraverso comparazioni letterarie, storiche e più in generale culturali, Giustizieri riesce a cogliere autori di riferimento e collocazioni temporali, avanzando ipotesi di studio successivo in base a documentazioni ancora incerte e non ben definite. Sposta poi la sua analisi sul “femminismo alla Bonanni”, come dai critici definito, sui temi quali la devianza giovanile, la guerra, l’esame e la descrizione della società italiana nel periodo 1948-1976, attraverso la scrittura breve della Bonanni, la collocazione letteraria della scrittrice in un panorama internazionale, l’esperienza professionale.
Tutti argomenti che costituiscono i capitoli portanti al corso principale ed alla definizione di “Laudomia scrittrice senza tempo”. Nel volume sono riportate annotazioni, curiosità e soprattutto interviste, le più sconosciute e quelle dimenticate. Nel corso della carriera letteraria la Bonanni ha rilasciato un numero cospicuo d’interviste ai giornali e riviste più quotati, al contrario di quanto si riteneva in ragione della sua innata riservatezza. L’autore le ha tutte raccolte, utilizzandone solo una minima parte, utile comunque a lasciare direttamente alla scrittrice la parola, più valida d’ogni interpretazione. In appendice, sono infine riprodotti quattro scritti che hanno una significativa motivazione d’inserimento nel testo. Uno, in particolare, assume un notevole rilievo in relazione al terremoto che ha colpito la città. Si tratta di “L’Aquila rivisitata”, narrazione d’un ritorno della scrittrice dal ritiro romano, una visita alla sua città. Uno struggente parallelo appare subito evidente tra l’attuale città terribilmente martoriata dal sisma e quella di straordinaria bellezza descritta dalla Bonanni. E’ un pezzo dimenticato, pubblicato nel volume “Discanto”, di Pasquale Scarpitti, dove l’autore raccolse scritti sull’Abruzzo dei più bei nomi della cultura italiana.
A domanda, così Giustizieri risponde sulla scrittrice: “Laudomia Bonanni è una delle più grandi scrittrici del nostro Novecento letterario. Autrice pluripremiata nei più famosi concorsi letterari – Bagutta, Viareggio, Selezione Campiello, Rhegium Julii, ed altri – è da tempo perseguitata da una damnatio memoriae che comincia a mostrare qualche cedimento. Nuovi studiosi si avventurano alla riscoperta dei suoi scritti. L’Aquila, la città natale, le ha dedicato un premio internazionale di poesia, un’Associazione culturale è nata con l’obiettivo di riportarla all’attenzione del pubblico e della critica, ma soprattutto il mondo universitario internazionale ha cominciato a studiarla con l’intenzione di tradurre alcune sue opere, qual è il caso dell’Università di Princeton. L’ampio ventaglio della sua narrativa e degli scritti brevi – aggiunge Giustizieri – fine elzevirista con oltre 1300 articoli sui maggiori quotidiani italiani, collocano la Bonanni in uno spazio letterario senza tempo. Le sue capacità d’indagine e di scrittura, mai assimilabili a correnti o mode imperanti, l’hanno sempre spinta ad andare avanti nell’interpretazione dei fatti umani e sociali, a precorrere i tempi attraverso l’esame e la narrazione di tematiche che fanno parte della natura umana, nel bene e nel male. Le diverse sorgenti che hanno alimentato la sua opera letteraria, difatti, sgorgano da un’analisi sociale e culturale non dettata dal tempo storico vissuto, ma dalla volontà di capire le contraddizioni connesse alla storia dell’uomo”.
Nel corso della presentazione, Giustizieri ha dato l’interessante anticipazione sulla prossima traduzione e pubblicazione in America di opere della Bonanni, ad iniziativa della Princeton University. Una notizia importante che fa il paio con l’intenzione delle Edizioni Carabba di pubblicare le opere inedite della grande scrittrice aquilana. Dunque, tutto finalmente muove verso un interesse d’ampia portata per Laudomia Bonanni e per i suoi scritti, cui certamente ha giovato il Premio letterario di poesia intitolato al suo nome, istituito nel 2002, e il prestigio della Giuria del Premio, composta da grandi personalità della cultura, come Francesco Sabatini, Maria Luisa Spaziani, Sergio Zavoli, Renato Minore, Franco Scaglia, Mila Marini e Anna Maria Giancarli (ne era componente anche Alda Merini, scomparsa nel novembre 2009). Di anno in anno il Premio è cresciuto in riscontri e successo. Basti solo considerare quali insigni personalità della letteratura sono passate nella città capoluogo d’Abruzzo quali ospiti d’onore nelle varie edizioni del Premio, il gotha della poesia mondiale: dal russo Eugenij Evtushenko nella prima edizione, a Edoardo Sanguineti e al siriano Adonis nel 2003, al Nobel per la letteratura Derek Walcott nel 2004, al giapponese Kikuo Takano nel 2005, al palestinese Mahmud Darwish nel 2006, poi alla rumena Ana Blandiana nel 2007, all’americano Mark Strand nel 2008, infine al greco Titos Patrikios, nell’edizione speciale terremoto del 2009, mentre s’attende l’annuncio del nome dell’ospite d’onore per quest’anno.
Infine, fa piacere osservare come finalmente si sia riaccesa la luce su una delle scrittrici più interessanti della letteratura italiana e mondiale. Era dovuto a Laudomia Bonanni, alla sua preziosa scrittura ed alla ricchezza di contenuti che caratterizza le sue opere letterarie, dalle quali promana un forte messaggio di libertà, di pace, di solidarietà ed umanità. Come pure è commovente la dedica che sul libro Gianfranco Giustizieri ha inteso riservare alla memoria di Teresa Cepparulo, vittima del terremoto dell’Aquila, perita sotto le macerie in via Campo di Fossa. Insegnante elementare, bibliotecaria della Scuola “Edmondo De Amicis”, Teresa Cepparulo aveva collaborato con passione alla ricerca di documenti professionali e di vita riguardanti la scrittrice, conservati nell’archivio storico della scuola. Gianfranco Giustizieri è nato all’Aquila nel 1946. Ha svolto interamente nella scuola la sua attività lavorativa. Ha ricoperto diversi incarichi istituzionali e pubblici, nell’area amministrativa, umanistica e pedagogica. Studioso della cultura letteratura italiana, specializzato nelle riviste della prima metà del Novecento, ha tenuto sulla materia l’insegnamento universitario. Autore di numerose pubblicazioni, ha curato la costituzione dell’archivio di Laudomia Bonanni ed è vice presidente dell’Associazione Internazionale intitolata alla grande scrittrice aquilana, nata per la diffusione, la conoscenza e la traduzione delle sue opere.
Goffredo Palmerini
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