Acque di origine subtropicale si stanno infiltrando nell’Artico. Gli scienziati hanno verificato che l’arrivo dell’acqua calda coincide con l’aumento della velocità del ghiacciaio e il suo scioglimento. Lo rivelano le nuove ricerche scientifiche svolte da un team di scienziati della Woods Hole Oceanographic Institution e Greenpeace sul fiordo del ghiacciaio di Kangerdlugssuaq, nella zona orientale della Groenlandia.Nel 2009, erano stati lanciati in mare una serie di strumenti di rilevazione (sonde multiparametriche) recuperate dopo un anno, con la registrazione delle temperature e di altri parametri del fondo del fiordo. I dati hanno fornito le prime prove supporto di un’ipotesi che profila scenari molto pericolosi: c’è sempre più acqua calda proveniente dalla Corrente del Golfo che arriva fino alle alte latitudini dell’Artico, a oltre 200 metri di profondità. Questo processo rischia di accelerare tutti gli scenari di scioglimento dei ghiacci sviluppati finora per descrivere i possibili effetti dei cambiamenti climatici.Già oggi, lo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia è responsabile del 25 per cento dell’innalzamento del livello dei mari. Ma il suo contributo potrebbe aumentare. Se lo scioglimento dei ghiacci marini (come quelli del resto dell’Artico) non influisce sulla crescita del livello dei mari, infatti, diverso è il discorso per le calotte continentali come quelle della Groenlandia e dell’Antartide. La seconda è la maggiore per estensione, ma è proprio la calotta groenlandese a essere la più minacciata.«Continuiamo a perdere tempo per tagliare le nostre emissioni di CO2», commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, «ma la natura non ci farà sconti. È possibile intervenire subito: Greenpeace ha già presentato uno scenario che praticamente azzera le emissioni europee al 2050».
Le correnti calde stanno sciogliendo i ghiacciai in Groenlandia
Acque di origine subtropicale si stanno infiltrando nell’Artico. Gli scienziati hanno verificato che l’arrivo dell’acqua calda coincide con l’aumento della velocità del ghiacciaio e il suo scioglimento. Lo rivelano le nuove ricerche scientifiche svolte da un team di scienziati della Woods Hole Oceanographic Institution e Greenpeace sul fiordo del ghiacciaio di Kangerdlugssuaq, nella zona orientale […]
Acque di origine subtropicale si stanno infiltrando nell’Artico. Gli scienziati hanno verificato che l’arrivo dell’acqua calda coincide con l’aumento della velocità del ghiacciaio e il suo scioglimento. Lo rivelano le nuove ricerche scientifiche svolte da un team di scienziati della Woods Hole Oceanographic Institution e Greenpeace sul fiordo del ghiacciaio di Kangerdlugssuaq, nella zona orientale della Groenlandia.
Nel 2009, erano stati lanciati in mare una serie di strumenti di rilevazione (sonde multiparametriche) recuperate dopo un anno, con la registrazione delle temperature e di altri parametri del fondo del fiordo. I dati hanno fornito le prime prove supporto di un’ipotesi che profila scenari molto pericolosi: c’è sempre più acqua calda proveniente dalla Corrente del Golfo che arriva fino alle alte latitudini dell’Artico, a oltre 200 metri di profondità. Questo processo rischia di accelerare tutti gli scenari di scioglimento dei ghiacci sviluppati finora per descrivere i possibili effetti dei cambiamenti climatici.
Già oggi, lo scioglimento dei ghiacciai in Groenlandia è responsabile del 25 per cento dell’innalzamento del livello dei mari. Ma il suo contributo potrebbe aumentare. Se lo scioglimento dei ghiacci marini (come quelli del resto dell’Artico) non influisce sulla crescita del livello dei mari, infatti, diverso è il discorso per le calotte continentali come quelle della Groenlandia e dell’Antartide. La seconda è la maggiore per estensione, ma è proprio la calotta groenlandese a essere la più minacciata.
«Continuiamo a perdere tempo per tagliare le nostre emissioni di CO2», commenta Alessandro Giannì, direttore delle Campagne di Greenpeace Italia, «ma la natura non ci farà sconti. È possibile intervenire subito: Greenpeace ha già presentato uno scenario che praticamente azzera le emissioni europee al 2050».
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