E’ morto Francesco Adorno, il ragionatore delle origini e dei motivi della filosofia

Storico della filosofia antica, figura tra le più autorevoli del pensiero storico-filosofico italiano, Francesco Adorno è morto iere a Firenze, alla bella età di 89 anni, lavorando intensamente fino al luglio dello scorso anno, quando, per ragioni di salute, diede le dimissioni sia da  presidente dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere ‘La Colombaria’, che da membro […]

Storico della filosofia antica, figura tra le più autorevoli del pensiero storico-filosofico italiano, Francesco Adorno è morto iere a Firenze, alla bella età di 89 anni, lavorando intensamente fino al luglio dello scorso anno, quando, per ragioni di salute, diede le dimissioni sia da  presidente dell’Accademia Toscana di Scienze e Lettere ‘La Colombaria’, che da membro dell’Unione Accademica Nazionale. Ex partigiano, docente di Storia della filosofia, Storia della filosofia medioevale e Storia della filosofia antica e membro di diverse accademie scientifiche, figura tra le più autorevoli del pensiero storico-filosofico italiano, Adorno ci lascia un gran numero di libri, su cui si son formati intere  generazioni di giovani studiosi italiani. Tra le opere più note ‘I Sofisti e Socrate’ del 1952; ‘Studi sul pensiero greco’ (1966); ‘Introduzione a Socrate’ del 1970; ‘Introduzione a Platone’ del ‘75; ‘La cultura filosofica ellenistica’, in ‘Storia e civilta’ dei greci’ (1980) e ‘Il pensiero politico di Platone’ del 1990. Inoltre ha contribuito alla traduzione delle opere di Platone (per UTET e Laterza) , curato l’edizione critica di alcuni testi umanistici fiorentini e promosso e coordinato l’edizione di un Corpus dei Papiri filosofici greci e latini in dieci volumi e la pubblicazione di carteggi e scritti inediti di pensatori e letterati che hanno operato in Toscana tra l’800 e il ‘900. Influenzato dallo storicismo crociano, Adorno ha concepito la filosofia come riflessione storico-critica mai separata dalla vita. Facendo propria la lezione del metodo marxista e della più recente filosofia del linguaggio, ha realizzato una lettura attenta dei testi classici capace di farli vivere e parlare nel loro contesto politico e culturale. Determinante per la sua formazione è stato il clima culturale e politico fiorentino negli anni tra il 1930 e il 1945, che gli ha maturato una convinzione contraria agli arbitri di un pensiero metafisico lontano dalla concretezza delle cose e privo di rigore storico e pratico. Fondamentale è lì’intuizione che l’ha portato a comprendere come sia stato il dialogo il contributo principale che Socrate ha dato alla filosofia, un metodo che utilizzava lo strumento critico dell’elenchos (“confutazione”) applicandolo prevalentemente all’esame in comune (exetazein) di concetti  morali fondamentali. E, sempre grazie ai suoi studi, si è potuto comprendere che i sofisti,  criticati dai loro contemporanei, soprattutto da Socrate (e poi da Platone e Aristotele), come “prostituti della cultura”, sono in realtà i precursori dell’educatore e dell’insegnante,  i primi ad elaborare il concetto occidentale di cultura (paideia), intesa non come un insieme di conoscenze specialistiche, ma come metodo di formazione di un individuo nell’ambito di un popolo o di un contesto sociale. Notevole i suoi studi sul Protagora e l’uomo misura delle cose e, ancora su “L’Encomio di Elena” di Gorgia, in cui si dimostra che Elena è innocente, perché agì o mossa da un principio a lei superiore (che si tratti degli dèi o dell’Ananke, la Necessità), o rapita con la forza, o persuasa da discorsi (logoi), o vinta dall’amore. In ogni caso il movente rimane esterno alla sua responsabilità. Superbi poi gli studi su l’etica di Prodico, che molto influenzò Senofonte, Platone e Socrate (che talvolta di si dice addirittura suo allievo) e la cui profondità mette in crisi il pregiudizio che vede i sofisti come individui spregiudicati e avidi, strenui sostenitori del relativismo. Rimane insuperata, in un’intervista del 1988, la sua definizione di filosofia, intesa  come problematizzazione dell’ovvio e dell’opinione comune, come superamento della “para-noia” nella “dia-noia” quale capacità di articolare il discorso, di rendersi conto di tutti gli aspetti, per poi saper giudicare, criticare. La filosofia, dunque, va intesa non come passione, come “doxa”, bensì come dialettica, ciò mediante cui – “dia”  – si ragiona, si calcola – “legesthai”. Nella stessa intervista (http://www.emsf.rai.it/interviste/interviste.asp?d=252 ), si dichiara certo che la filosofia sia disciplina nata in occidente e di matrice Greca e ciò a causa dello specifico linguaggio. Dice Adorno: “l’ideogramma porta con sé una visione statica, contemplativa, non storica. Da questa constatazione nasce la tesi per cui, di fatto, i popoli che ricorrono a scritture ideogrammatiche, come i Cinesi o i Giapponesi, non avrebbero una storia, sarebbero fermi, e sarebbero quindi più vicini a posizioni religiose, contemplative, sacerdotali. La scrittura greca, invece, è alfabetica, e l’alfabeto implica dei segni che vanno interpretati attivamente: la visione implicata è dunque dinamica e, in questo senso, storica. L’utilizzo di un alfabeto composto da suoni che con-suonano con altri, e quindi di un linguaggio interpretativo, potrebbe spiegare le ragioni della disposizione intellettuale degli antichi greci”. Va qui precisato, che sulla questione riguardante le origini della filosofia, ovvero se essa sia nata in Oriente o in Occidente, si sono confrontate due correnti di pensiero opposte: quelle degli “orientalisti” e degli “occidentalisti”. Appare piuttosto probabile che all’ambito indiano (prima del 1100 a.C.) vadano riconosciuti i prodromi di ciò che sarà la speculazione filosofica, per quanto posti in una veste più specificamente religiosa. Quella che invece sorgerà in ambito greco-ionico, e specificamente a Mileto nel VII secolo a.C., è una filosofia laica, volta ad approfondire razionalmente le esperienze della conoscenza sensibile, come affermato da Adorno. Le motivazioni degli orientalisti vanno oltre le prove sui contatti commerciali dell’Oriente con i greci e sui progressi culturali e scientifici orientali, poiché essi sostengono che la riflessione speculativa e quindi la filosofia, era già presente in India nella religione brahmanica e poi nel Buddhismo  in Cina nel Confucianesimo e nel Taoismo. Ma ha ragione Adorno, poiché quelle erano speculazioni di ordine metafisico e spirituale, basate su conoscenze poste come verità teologiche indiscutibili, conosciute solo da un gruppo ristretto di persone, i cosiddetti “sacerdoti”: verità che non miravano allo sviluppo della razionalità ma erano orientate ideologicamente verso il raggiungimento di una vita ultraterrena o praticate per l’accrescimento di facoltà spirituali connesse alla sacralità. Invece la filosofia, intesa come attività esclusivamente razionale e come tentativo di sostituire all’interpretazione mitica dei fenomeni naturali un’analisi attenta ai dati dell’esperienza, nasce nell’ambito della cultura greca prima ed europea, poi, intendendosi con questo termine, che per rimo compare nell’opera la Battaglia di Poitries, scritta nel 736 dal  monaco lusitano Isidoro Pacensis, le terre a nord del Mediterraneo, abitate da cristiani. L’idea di Adorno ce la filosofia abbia origine dalla cultura greca e cristiana, una cultura basata sulla logica e sull’amore della conoscenza, che inizia il suo percorso maturo con Aristotele  e giunge sino a noi con i contributi del circolo di Vienna, di Bertrand Russell, di Wittgenstein. In definitiva una ricerca epistemologica che presuppone, in primo luogo, la delimitazione dei metodi, dei temi della conoscenza e s’interroga; a seconda dei periodi storici e dei contesti culturali,  proponendo risposte differenti.

Carlo Di Stanislao

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