Per sette anni (dal 1936 al 1943) fu il gruppo vocale più osannato e popolare d’Italia. Il nome Trio Lescano fa risuonare all’orecchio motivetti zuccherosi e sognanti cantati all’unisono con voci fanciullesche e intonatissime, ma si ignora quasi tutto ciò che sta dietro alla sua leggenda. Alexandra, Judith e Kitty Leschan nascono in Olanda fra il 1910 e il 1919. Non si sa esattamente dove, visto che vengono al mondo in un nomade circo. Il padre Alexander è un contorsionista ungherese costretto a riconvertirsi in clown da un incidente di percorso. È anche acrobata e saltatore: soprattutto nei letti, a giudicare dalle figlie che dissemina in giro. Poi un giorno sposa la diciottenne Eva De Leeuwe, circense cantante d’operetta: olandese ed ebrea, viene da una dinastia di umoristi, maghi, musicisti. Le loro tre figlie, avviate quasi in fasce a una carriera sotto il tendone, prenderanno la strada di artiste indipendenti. La madre è l’«eterno carabiniere» che le seguirà quasi ovunque e morirà a novantaquattro anni, mentre del padre si perdono le tracce. È nel 1935 che le prime due sorelle Lescano sbarcano in Italia come “Sunday Siste», una coppia di acrobate che ha già girato tutta l’Europa. Poco dopo, fiutando una luminosa carriera che arriverà senza neanche dar loro il tempo di rendersene conto, mamma Eva richiama dall’Olanda anche la piccola Caterina, chiusa in collegio. L’Italia fascista ha bisogno di musica. La radio sta entrando nelle case degli italiani. L’autarchia arresta ai confini del paese tutto quel che è straniero, compreso il jazz e tanti altri generi. «Non si può importare, ma si può imitare», spiega Gabriele Eschenazi autore del libro Le regine dello swing. Il trio Lescano: una storia fra cronaca e costume in uscita per Einaudi (nonchè sceneggiatore della fiction televisiva dedicata al Trio di imminente programmazione). Il collettivismo spinto del regime, che esige massa d’urto e ha diffidenza d’ogni protagonismo che non sia quello del duce, non vuole voci soliste. E questo fa la fortuna del Trio Lescano, italianizzazione del nome olandese, in un’Italia che italianizzava tutto, persino Luis Armostrong, in Luigi Fortebraccio. Dopo una breve, vertiginosa ascesa, le sorelle, straniere, con madre ebrea, ma di padre non ebreo e troppo famose per essere stroncate brutalmente dalle obbrobriose disposizioni, ottengono uno status speciale che consente loro di continuare a cantare. Ma non senza preoccupazioni, soprattutto per mamma Eva (in Olanda la sua famiglia sarà sterminata). Nel novembre del 1943, dopo un’esibizione al Teatro Grattacielo di Genova, le sorelle Lescano vengono arrestate. Difficile dire quanto rimasero a Marassi e come ne uscirono per raggiungere fortunosamente la madre, in clandestinità a Valperga Caluso nel Canavese. Finita la guerra nulla sarà più come prima: Caterinetta, la piccola, scalpita. Vuole metter su famiglia, condurre una vita “normale”. Il trio si spacca. Quel che ne resta parte per il Sudamerica insieme a un surrogato della sorella mancante, una giovanissima Maria Bria che nei quattro anni di tournées sotto l’equatore sarà costretta a fingere di essere una Lescano. In quelle terre remote esce di scena anche Giuditta. Sandra tornerà invece in Italia al seguito di un marito, per non cantare mai più. Una storia bellissima, avvincente e anche crudele, quella del trio Lescano. Una storia paradigmatica eppure ambigua. Rappresenta il nostro il paese e i suoi travagli, ma è misteriosa come gli sguardi persi delle sorelle, le loro peregrinazioni, la loro noncuranza delle radici. Le partenze che si susseguono senza ritorno, le bisticciate epocali. Gli impresari che le sfruttano, i mariti che le conquistano. Nessuna di loro ha avuto figli, e alla fine si sono perse anche fra loro, come i mulini a vento che tanti anni prima avevano “lasciati per questo cielo blu”. Hanno tentato di spazzare via le nebbie Gabriele Eschenazi con un libro appena uscito (Le regine dello swing, Einaudi) e il regista Maurizio Zaccaro, allievo e collaboratore di Ermanno Olmi, che ne ha tratto la miniserie in due puntate Le ragazze dello swing andato in onda domenica e lunedì in prima serata su Raiuno. Un bella fiction, curata, eccellente nei costumi, nella fotografi, nella ricostruzione di un’italiett spensierata, ce si avvia a perdere il sorriso. Molto brave soprattutto le interpreti: Andrea Osvárt, che è Sandra, mentre Lotte Verbeek è Giuditta ed Elise Schaap fa Caterinetta. La mamma Eva, autoritaria e amatissima, è interpretata da Sylvia Kristel, l’attrice-scandalo del film Emmanuelle (1974) e seguenti, trasformata a 58 anni in una signora molto posata e per bene. La colonna sonora della serie è delle “Blue Dolls”, trio vocale composto dalla torinese Viviana Dragani con Flavia Barbacetto e Angelica Dettori. E proprio loro saranno le vere protagoniste della pellicola perchè, seppur da dietro le quinte, interpreteranno ben 21 brani del film. La storia della miniserie inizia nell’Olanda dei primi anni Venti, quando un uomo abbandona la moglie, Eva Leschan, sotto gli occhi delle tre figlie ancora in tenera età, Alexandra, Judith e Kitty. Dodici anni dopo Alexandra e Judith, ormai ventenni, approdano a Torino e si dividono fra un modesto lavoro al Caffè Lagrange e i provini nei teatri per tentare di realizzare il loro sogno: entrare nel mondo dello spettacolo. L’incontro con il fantasista Gennaro Fiore prima, e con il simpatico ma ambiguo Pier Maria Canapa, darà una svolta impensabile alla loro vita, portando in breve tempo le due sconosciute ragazze olandesi e Kitty, giunta nel frattempo dall’Olanda insieme alla madre, a scalare la vetta del successo e a diventare il “Trio Lescano”. Mentre Alexandra e Kitty si lasceranno andare all’emozione dei primi amori, Judith si farà condizionare sempre più dall’ambizione fino a scontrarsi aspramente con la madre Eva, che cerca di mettere in guardia le figlie sul prezzo del successo. La ricchezza improvvisa, infatti, attira sulle ragazze, di origine ebrea, le attenzioni del Regime.
Carlo Di Stanislao
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