Stuxnet, è il baco più temuto dagli esperti informatici di tutto il mondo. Continuano ad aleggiare su Stati Uniti ed Israele i sospetti di aver creato ed orchestrato il funzionamento di quella che sembrerebbe essere la prima arma cibernetica della storia. L’attacco, per ora contro l’Iran e i suoi sistemi informatici, sembrerebbe infatti essere partito dal territorio Usa, ma sarebbe stato creato dagli israeliani. All’interno del malware infatti, scrive oggi il New York Times, ci sarebbe infatti un fugace riferimento al Libro di Ester, il capitolo dell’Antico Testamento in cui gli ebrei sventano un complotto persiano teso a distruggerli. Gli israeliani, d’altronde, si rifiutano di confermare o smentire qualsiasi collegamento fra Stuxnet e l’unità di cyberwar dei loro servizi segreti. La complessità di Stuxnet è così sofisticata da far ritenere impossibile la sua elaborazione da mani goliardiche. Il timore espresso è quello di un intervento straniero. Gli interessi in gioco sono giganteschi ed affondano su terreni non solo economici. Le preoccupazioni sconfinano dunque sui terreni della sicurezza e del sabotaggio. Il cybercrimine, pertanto, non è più un gioco da ragazzi, ma sta divenendo una vera e propria arma di guerra, come dimostrato anche dall’attacco subito dall’Iran con il supervirus elettronico Stuxnet. Anche in Cina il virus Stuxnet sta cominciando a mietere vittime. Stuxnet colpisce i sistemi informatici creati dalla compagnia tedesca Siemens, una delle principali fornitrici di computer della Cina oltre che dell’Iran prima vittima dell’attacco informatico, volto probabilmente a rallentare il programma nucleare di Teheran. Il virus avrebbe colpito circa sei milioni di computer. Una portavoce della Siemens ha affermato che molti sistemi informatici di sua produzione vengono usati anche ad Hong Kong, ma non si ha notizia per ora degli effetti sull’ex colonia britannica. “Campanelli di allarme sono suonati in tutti i principali settori industriali”, ha dichiarato al giornale Wang Zhantao, un ingegnere informatico cinese che lavora nella diffusione dei programmi anti-virus. L’ agenzia Nuova Cina aggiunge che secondo un alto funzionario del ministero dell’ industria e della tecnologia informatica di Pechino, se l’ attacco si rivelerà “serio”, il governo cinese potrebbe “riconsiderare (l’ opportunità) di concedere le licenze ai prodotti della Siemens”. Il giornale aggiunge che la stessa Siemens ha individuato il virus nel luglio scorso, basandosi sulle informazioni ricevute da clienti che ne erano stati vittime. Il timore di diffusione del virus è comprensibilmente alto e, pertanto, l’ Unione europea si prepara a rafforzare le sue difese. La Commissione europea ha annunciato oggi due proposte di direttiva per contrastare gli attacchi informatici, soprattutto quelli su grande scala che potrebbero mettere in pericolo la vita economica e sociale di interi Paesi. Nelle due direttive, annunciate dalle commissarie Cecilia Malmstroem (affari interni) e Neelie Kroes (agenda digitale), si prevede che nelle legislazioni penali di tutti i 27 stati membri siano introdotti i reati di creazione di software maligni, furto di identità o anche di semplice password, e che le condanne siano uniformi e pesanti (fino a 2 anni di prigione, che possono salire a 5 quando gli attacchi sono lanciati su larga scala o vengono dalla criminalità organizzata). Strumento principale dell’azione europea sarà il rafforzamento e la modernizzazione dell’agenzia Enisa, il cui mandato sarà esteso fino al 2017, dandole la possibilità di interfacciarsi con le autorità di polizia di tutti i Paesi garantendo tempi di risposta entro 8 ore dall’attacco.
Carlo Di Stanislao
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