Nei giorni 14-16 giugno ho partecipato insieme con un gruppo di esperti italiani al primo congresso internazionale sul bilinguismo della Comunità di Madrid (CIEB) presso la sede di Vicalvaro dell’Università “Juan Carlos” di Madrid.
L’evento (mi sia consentito il termine date la massiccia partecipazione e la risonanza nei mezzi di comunicazione) ha richiamato circa 450 operatori del settore, tra docenti specialisti di diversi ordini di scuola ed esperti spagnoli ed internazionali provenienti dalle università più prestigiose in materia di istruzione bilingue e di progetti interculturali durante tre giornate intense e stimolanti.
L’apertura dei lavori del Congresso è stata affidata alla presidente della regione, onorevole Esperanza Aguirre, che della diffusione del bilinguismo (esclusivamente con la lingua inglese) ha fatto il suo cavallo di battaglia a livello di istruzione regionale tanto che per l’anno scolastico 2010/2011 hanno aperto i battenti ben 256 istituti scolastici con progetto curricolare bilingue. Erano presenti anche le più alte cariche politiche di altre “Comunidades Autonómicas”, tra le quali l’Andalusia e la “Generalitat Valenciana” dove la scommessa di puntare sul curricolo bilingue con il metodo CLIL è ormai da oltre un decenio una realtà consolidata.
Il CLIL (=Content and Language Integrated Learning) è un metodo efficace che promuove l’apprendimento integrato di contenuti disciplinari en el contempo della lingua straniera, che diventa in quel contesto lingua veicolare. In parole semplici nei centri scolastici bilingui spagnoli i due terzi delle materie si impartono in lingua castigliana, mentre un terzo delle discipline (ad esempio storia, geografia, scienze) viene impartito in lingua straniera da docenti delle materie che hanno conseguito la specializzazione linguistica richiesta. Nella realizzazione del progetto vengono impiegati anche lettori di madrelingua che interagiscono e supportano l’azione didattica dei docenti delle discipline. Le lingue in cui viene realizzato il CLIL sono prioritariamente l’inglese (circa il 90 %), in minima parte il tedesco ed il francese, mentre è completamente assente l’italiano. Nell’attualità l’offerta della nostra lingua è limitata all’insegnamento di “Lingua Straniera” in alcuni istituti di istruzione secondaria e di “Bachillerato”.
Sono da considerarsi invece a sè stanti le due scuole statali italiane, di Madrid e di Barcellona, che sono a tutti gli effetti scuole straniere in territorio spagnolo, nate da accordi specifici tra i due Paesi; le due scuole presentano un’offerta formativa identica a quelle del territorio metropolitano poichè l’italiano è lingua veicolare , mentre lo spagnolo è considerata prima lingua straniera. In questo panorama ci chiediamo, quindi, se si può aprire per anche per la nostra lingua uno spiraglio, una possibilità di essere presente nel ventaglio dell’offerta bilingue dei centri scolastici spagnoli , anche alla luce del “Memorandum” d’Intesa siglato alcuni mesi fa tra Italia e Spagna per la diffusione della lingua e della cultura dei due Paesi nelle rispettive scuole.
Dalle impressioni che ho raccolto credo che per dar seguito alle indicazioni del “Memorandum” sia necesario un lavoro capillare di negoziazione diretta a carico di esperti con le singole Comunità regionali che scommettano con un progetto sperimentale bilingue spagnolo-italiano, sostenuto anche da un’attività di formazione del personale. Puntare sul bilinguismo spagnolo-italiano significa gettare un seme per stimolare a livello esponenziale la promozione e la diffusione della lingua e della cultura italiana in un Paese come la Spagna, che ha sempre guardato all’Italia come un modello cui ispirarsi.
Gabriella Clementoni
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