Benvenuti a casa Cassano. Sul campo rimesso a nuovo del Ferraris, l’Italia chiede a Genova la Superba, soprattutto quella doriana, di accompagnarla verso una vittoria-chiave nel girone di qualificazione europeo. Di fronte domani sera c’é la Serbia dei geni senza misure, nel bene e nel male. Nulla di più normale che Cesare Prandelli si affidi al più ‘jugoslavo’ degli azzurri, Fantantonio tutto pause e assist, per guidare una nazionale piena di idoli blucerchiati, Pazzini, Palombo e forse anche Gastaldello. Lutto al braccio e minuto di silenzio (“molto partecipato”, dice il commissario tecnico) per i quattro alpini uccisi in Afghanistan. Poi, al fischio iniziale, occhi di tigre come chiede Prandelli. “Chi vince domani prende un bel vantaggio nel girone, oltre ai tre punti”, ammette schivando la domanda di un giornalista serbo sull’eventualità del pari evocata dal collega Petrovic, ma che in azzurro saprebbe di sconfitta. Per forzare il mal di gol, Prandelli aveva pensato alla nazionale più offensiva degli ultimi tempi, Pazzini più Borriello con Cassano alle loro spalle: a riprova che per aver certezze, si deve puntare su due centravanti invece di uno solo, viste le medie realizzative dei numeri 9 mandati in campo a rotazione nelle ultime occasioni. L’infortunio di De Rossi ha complicato i piani. “Ci avevo pensato sul serio, ma ho dovuto cambiare idea: non esiste un clone di Daniele”, ha spiegato il ct parlando del centrocampista tornato a Roma per un edema al polpaccio. “Per molti è in un momento no, ma in realtà è uno dei più forti in Europa nel fare la doppia fase, difensiva e offensiva”. Senza di lui, cambiano gli equilibri tanto cari a Prandelli. E allora dentro Palombo e Marchisio a centrocampo, con Mauri a completare il tridente ma libero di muoversi dietro le punte. In questo caso Pazzini e Cassano. “Antonio sa cosa deve fare. Questo è il suo stadio, un campo difficile per qualunque squadra: dal pubblico ci aspettiamo una spinta, da lui e da tutti gli altri qualcosa in più. Lo chiedo anche a me stesso”. Al numero 10, però, Prandelli ha fatto richieste precise: “Dice bene Pazzini, quando alza la testa e sta per calciare sa già dove metterà il pallone. Deve fare quel che sa, ma siccome tutti lo considerano un attaccante, stavolta deve essere incisivo in fase realizzativa”. Lo ha sottolineato anche Giancarlo Abete, l’uomo che già prima del disastro Mondiale aveva deciso di puntare su Prandelli: ci manca un Klose, l’allarme del presidente federale. Ovvero chi dia la certezza dei gol. “Lo troveremo” la risposta sorridente del ct, evidentemente fiducioso sulla maggior concretezza sottoporta. Giocare una partita frizzante e poi sprecare di nuovo, come a Belfast, questo l’Italia non se lo può proprio permettere contro la squadra pronosticata come avversaria numero 1 per il primo posto, e di nuovo nella fase dello spreco. Stankovic e compagni sono reduci dal ko interno con l’Estonia, se confermano la loro tradizionale incostanza di prestazioni rischiano di essere veramente una tigre ferita. L’uomo più temuto è quel Krasic che Prandelli fece seguire ai tempi della Fiorentina e le cui doti sono ora sotto gli occhi di tutti i tifosi italiani. “Sul piano individuale la Serbia non è seconda a nessuno in Europa – ricorda il ct azzurro – Ora con il nuovo tecnico hanno bisogno di tempo, e – ripeto – la sconfitta di venerdì ci complica le cose. Dovremo stare molto attenti a Krasic: ha corsa, continuità, profondità. Sarà fondamentale raddoppiare su di lui, e tenere le linee dei reparti molto strette”. Dribbla le polemiche su Totti (“mercoledì chiariremo”, dice anticipando l’annuncio che l’amichevole per lui e Cassano non s’ha da fare) e le domande su di una nazionale doria-genoana (“Palombo e Pazzini erano stati convocati già l’altra volta, prima di decidere questa sede: non giocano perché siamo a Genova”) e in ogni caso se all’ultimo Bonucci non dovesse farcela, c’é pronto il doriano Gastaldello, provato in coppia con Chiellini anche questa sera. Il centrale della Juve comunque è apparso pronto per reggere l’urto dell’avversario di domani. “La Serbia ha uomini per colpirci in qualsiasi momento, ma anche noi abbiamo le nostre armi”. A Genova, ospiti di Cassano, non è il caso di fare i modesti.
Francesco Grant
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