Foto: Goffredo Palmerini
Sarebbe molto da scrivere sulla Perdonanza Celestiniana, sulle singolarità che segnano la nascita del primo Giubileo della cristianità, sancito dalla Bolla pontificia di Celestino V, emanata il 29 settembre 1294 ad un mese esatto dalla sua incoronazione papale nella basilica di Collemaggio. Come pure del privilegio gelosamente conservato dalla Municipalità aquilana, in virtù del possesso della Bolla custodita nella cappella della Torre civica, d’indire annualmente le celebrazioni della Perdonanza. Lo faranno altri, certamente con maggior proprietà. A me preme invece richiamare alla memoria, da testimone molto addentro ai fatti della Municipalità, circostanze e vicende che riportarono la Perdonanza all’attenzione degli Aquilani – e non solo – facendo loro riscoprire un evento ormai sopito della spiritualità aquilana e della stessa storia civica. Questa breve nota, dunque, richiama all’attenzione le iniziative promosse nel 1983, grazie alla lungimiranza del sindaco Tullio de Rubeis che della Perdonanza intuì tutte le potenzialità sia sotto l’aspetto religioso come dei valori civici, per “rivitalizzare” l’antico giubileo aquilano.
Occorre ricordare che fino allo scadere degli anni Settanta del Novecento, dopo secoli di splendore della Perdonanza, verso il giubileo celestiniano c’era stato per decenni disinteresse e una scarsa attenzione degli Aquilani, quasi un appannamento della memoria collettiva della comunità. La Perdonanza s’era ridotta a una tradizione da strapaese, con una normalissima celebrazione religiosa vespertina, il 28 agosto, cui seguiva una sciatta benedizione di automobili – sì, proprio a tanto era stata ridotta – davanti la basilica di Collemaggio. Solo all’inizio degli anni Ottanta il rettore della basilica, padre Quirino Salomone, aveva avviato meritoriamente un recupero di solennità intorno alla figura di San Pietro Celestino e al messaggio universale di perdono del giubileo aquilano, prologo della nascita del Centro Celestiniano, qualche anno più avanti.
Il sindaco, Tullio de Rubeis, assecondò quegli sforzi. Ma la sua grande intuizione fu quella di promuovere un forte investimento culturale e civile nella “rivitalizzazione” della Perdonanza, consapevole che l’evento portava con sé valori religiosi e civili talmente unici e così intimamente legati alla storia della città, per i quali valeva la pena di mettere in campo un grande progetto di valorizzazione. All’inizio del 1983, dunque, avviò con decisione quel progetto, tra qualche diffidenza e un malcelato scetticismo anche all’interno della sua stessa maggioranza. Errico Centofanti – uno dei fondatori del Teatro Stabile dell’Aquila e direttore fino al 1982 – fu chiamato ad essere l’artefice del progetto di recupero della Perdonanza nei suoi valori civici e degli aspetti creativi delle manifestazioni culturali collegate. Per la consulenza storica – cito a memoria – il sindaco si avvalse delle competenze di Alessandro Clementi, di padre Giacinto Marinangeli e Walter Capezzali; per gli aspetti religiosi di padre Quirino Salomone e di mons. Virgilio Pastorelli, vicario dell’Arcivescovo dell’epoca, Carlo Martini; della Giunta si avvalse particolarmente dell’assessore alla Cultura, Carlo Iannini, e di chi scrive, allora assessore alle Finanze.
Errico Centofanti, nel frattempo, portò brillantemente a compimento, con l’autorevole sostegno del sindaco, la riacquisizione alla Municipalità – dalla Soprintendenza ai Monumenti dell’Abruzzo – della Bolla celestiniana, che fino ad allora era esposta come un qualunque documento d’archivio in una sala secondaria del Forte Spagnolo. Tra genialità artistica e rigore storico, Centofanti progettò l’impianto per la rinascita della Perdonanza Celestiniana, attingendo alle fonti degli antichi Statuti della Città e della tradizione secolare. Quindi ricostruì la composizione del Corteo, con un attento e rigoroso cerimoniale, che quantunque codificato fu purtroppo malamente manomesso dopo che egli ebbe lasciata la soprintendenza dell’evento, all’inizio degli anni Novanta.
Pensando appunto al Corteo del 28 agosto, per l’annuale traslazione della Bolla dal municipio alla basilica, si ritenne doversi trovare un sistema
che incorniciasse con la dovuta dignità e adeguata solennità l’antica pergamena, cosicché, accompagnandola a Collemaggio, ciascun aquilano potesse ammirarla. Fu Remo Brindisi, cui il sindaco s’era rivolto, a realizzare un’opera adatta allo scopo. L’artista creò una grande teca a forma d’aquila, di color verde, rimasta esposta in municipio, lungo lo scalone tra il primo e secondo piano di Palazzo Margherita, fino al terremoto del 6 aprile 2009. Andammo da Remo Brindisi a Lido di Spina – il sindaco, Centofanti ed io – per ritirarla, alcuni giorni prima della Perdonanza, nell’agosto dell’83. Il grande pittore ci tenne felicemente ospiti nella sua splendida villa rivestita di formelle di ceramica bianca, in verità un Museo Alternativo d’arte, che attualmente porta il suo nome, con centinaia di opere di sommi artisti contemporanei – da Picasso a Chagall, Braque, Dalì, Fontana, Modigliani, De Chirico, Guttuso e tanti altri, oltre alla collezione di opere di Brindisi – insomma il meglio della pittura del Novecento. La prima Perdonanza Celestiniana “rivitalizzata”, come allora si scrisse, fu certamente un evento spartano, rispetto a quelle degli anni seguenti. Eppure fu bella e di grande respiro. Fu un miracolo inatteso per gli Aquilani, per i turisti e per gli Abruzzesi venuti a parteciparvi. Grande anche il ritorno della Chiesa, presente con il Cardinale Carlo Confalonieri, già pastore della diocesi aquilana, legato del Papa per l’apertura della Porta Santa, con l’arcivescovo Carlo Martini e con il vescovo ausiliare Mario Peressin, con un’imponente partecipazione di religiosi, in piena sintonia con la Municipalità, come pure generosa fu la partecipazione di Comuni abruzzesi, di autorità e rappresentanze civili della città.
Davvero un buon inizio, con un Corteo della Bolla ben costruito, severo e dignitoso: la Bolla, nella sua teca recata da quattro funzionari comunali in livrea settecentesca (le imprestò la famiglia Rivera), il sindaco Tullio de Rubeis, la Giunta, i Consiglieri Comunali e, tra gli altri, la Contrada dell’Aquila di Siena con i colori giallo sgargiante e nero dei suoi costumi. Solo l’anno successivo sarebbe nato il Gruppo Storico del Comune dell’Aquila, che Don Tullio, concordando con l’orientamento di Centofanti di rifarsi sempre, per quanto possibile, alle norme di severa solennità degli Statuti medioevali, volle composto da funzionari del Comune. Quanto ai vestiti, Centofanti decise di ispirarsi alle fogge tre-quattrocentesche del periodo di maggior splendore della città e di ricorrere agli antichi colori civici bianco-rosso, curandone la creazione, in una delle più famose sartorie teatrali di Roma, con l’apporto progettuale di Francescangelo Ciarletta e Giancarlo Gentilucci, mentre fece realizzare dai maestri senesi le bandiere che aveva chiesto di disegnare a Fulvio Muzi.
Rinacque così la Perdonanza Celestiniana, con una nuova attenzione ai valori religiosi e civili, con un grande fervore della ricerca storica su Celestino V e sul suo tempo, con importanti iniziative che esaltavano il valore della pace e del dialogo interculturale, con una città che, nella settimana d’agosto dal 23 al 29, finalmente scopriva le sue architetture, i suoi scorci, il suo centro storico, vedendoli diventare per incanto quell’Isola Sonante che Errico Centofanti, trasformando in realtà le parole della Bolla di papa Celestino, aveva inventato affinché con hymnis et canticis si svolgesse la festosa chiusura del giubileo celestiniano.
Negli anni seguenti, specie ad opera di Raoul Manselli e Edith Pasztor, come di altri illustri storici, si sarebbe dato un notevole impulso alla ricerca storica sul monaco Pietro Angelerio, poi papa Celestino V, restituendo a quella figura tutta la sua grandezza nella storia della cristianità e correggendo alla radice il giudizio, tanto superficiale quanto distante dalla realtà, invalso per secoli, che aveva dipinto Celestino dapprima come un povero monaco ignorante e poi come un pontefice pavido, restituendogli il posto che merita nella spiritualità del suo tempo, accanto a Gioacchino da Fiore e Francesco d’Assisi.
Ora, ad oltre cinque lustri di distanza da quell’avvio di rivitalizzazione, molta strada è stata compiuta. Pur con i problemi che la città sta soffrendo, è apprezzabile lo sforzo di aver voluto celebrare degnamente gli ottocento anni dalla nascita di Pietro Angelerio. Come sarà del pari importante ricordare, con il giusto rilievo, in occasione della 719^ Perdonanza, nel 2013, la ricorrenza del settimo Centenario della canonizzazione si San Pietro Celestino, avvenuta ad Avignone ad opera di papa Clemente V. E tuttavia è pure doveroso sottolineare che tutto questo è oggi possibile per la lungimiranza d’un sindaco che, tra non poche incredulità e sufficienze, nel 1983 ebbe il coraggio di crederci e di guardare lontano, restituendo dignità e valore ad un evento che per secoli aveva accompagnato la storia della nostra città e connotato la sua spiritualità.
Goffredo Palmerini
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