Cioè vista secondo un eccesso di semplificazione, all’inverso di quanto è uso fare un oratore o uno scrittore. E questo calza a pennello su Tremonti che davvero non è un oratore ma che bisogna ascoltare con la massima attenzione perché spesso offre anche con solo due parole concetti quanto mai complessi. Ora provo a riportare per l’appunto queste due o tre parole a memoria. Perché, che lo si condivida o non, sarebbe bene tenerne conto onde calmare i non pochi bollenti spiriti che davvero oltre a non pacificarci non ci aiutano a capire. Poco importa che io mi sia perfettamente riconosciuta in queste parole, anche se così essendo e rappresentando perciò un’opinione non specialistica costituirei una testimonianza democratica da non sottovalutare.
Purtroppo antefatto e testimonianza e sintesi tremontiana cadono nel nulla di fronte a chi ha fame, fame di pane e non di parole. In questo caso si è condannati al pudore del silenzio costretti a lasciare che l’umanità fluttui disordinatamente come un turbolento passionale sanguinolento fiume in piena, come del resto è sempre stato.
Le parole di Tremonti, almeno come le ricordo e/o capite, sono le seguenti:” Il capitalismo ha mostrato il peggio di sé nell’incontrarsi con il globalismo” – e – “ In questo sconsiderato matrimonio sono andati in crisi i diritti degli esseri umani”(caposaldo della democrazia) – e – “La politica per sopravvivere deve trasformarsi in etica”. (Ho indebitamente virgolettato perché Tremonti è stato ben più stringato, le parole riportate non sono affatto quelle, ma il significato è salvo, almeno lo spero).
Da tanto tempo infatti vado dicendo sconcertata , sopratutto a me stessa, che la rivendicazione dei diritti è pretesa vana perché oggi mancano pietre di paragone. Cioè, dobbiamo livellarci alla massa dei troppi poveri o pretendere di equipararci ai pochi ricchi? Con chi dobbiamo misurarci con i vicini di pianerottolo o con la gente di uno sconosciuto villaggio indiano o tibetano o altro? Dobbiamo gareggiare secondo una cultura occidentale o fonderci con altre culture e quali? E quali dovrebbero essere gli strumenti non per una eguaglianza che, almeno secondo me, è superflua, ma per un ragionevole bilanciamento?
Probabilmente gli strumenti sono molti ma come portarli allo stesso livello di quello che svetta oggi più che mai prepotentemente su gli altri, penso all’Economia a sua volta gerarchizzata dalla Finanza?
Da ciò ne deriva che la politica cessa del tutto d’essere un’arte, come si usava definire, essa attualmente deve affrontare una sfida difficilissima, quella di trasformarsi appunto, come dice in due parole Tremonti in etica.
Ecco perché fare politica con lo stesso criterio di ieri non porta ad alcun risultato, ecco perché i partiti non hanno più alcuna funzione, ecco perché in un Parlamento dovrebbe contare soltanto un’agenda formulata dalla base e perché i deputati dovrebbero rispondere soltanto alla loro stessa coscienza senza forzature di sorta.
Tradurre tutto questo mediante un’ordinata alchimia politica è da superesperti non ideologizzati e se sembra essere cosa assai difficile da realizzare al contempo dovremmo ammettere che ci sono tutti gli elementi evolutivi per tentare, elementi che balzano evidenti nel caos in cui versa il settore, per oramai impossibili omogenei schieramenti. E se questo appare assai evidente in Italia (la quale pare avviarsi a inutili e dannose elezioni) forse se ne trovano segni anche altrove quando in una qualsiasi compagine politica esistano diversità e contrasti interni che pur essendo considerati il sale della democrazia sono però senza ombra di dubbio paralizzanti ancora di più di un’opposizione.
Abbandonati ora i voli pindarici sull’argomento è indubbio che in chi coltiva un Giornalismo di Pace non può però non prevalere una visione immediata e concreta di un criterio etico empirico.
Se il nostro Paese nel contesto europeo non è in buona posizione, lo è sia a causa dell’essere consistita la politica dell’Opposizione unicamente nella demolizione psicofisica e morale del Presidente del Consiglio sia dall’indebolimento della maggioranza a causa di rivalità interne non solo ideologiche ma per sete di potere. Se tutto questo è vero non dovrebbe esserci impedimento che tutti, assolutamente tutti, si adoperassero per salvare questo nostro Paese mediante gesti individuali concreti dettati da bilanci coscienziali.
Traduco l’auspicio in misure pratiche: tutti coloro che percepiscono emolumenti spropositati dovrebbero donarne allo Stato una ben tangibile quota. Parlo di dono e non di tasse supplementari.
Non è un mistero per nessuno che siamo in una grave emergenza, mi sovvengo del periodo fascista quando il Paese, ancora identificato con il Fascismo, stava per soccombere e la popolazione fu invitata a donare le fedi matrimoniali. Tutti i cittadini ebbero in cambio una fede di ferro.
Sarebbe sufficiente questo gesto patriottico (oltre tutto in un momento di crisi del nazionalismo)? Non credo, ma si guadagnerebbe tempo e forse si riuscirebbe a tamponare le situazioni estreme. Va da sé che questi doni non dovrebbero intralciare ma anzi stimolare tutte quelle misure di cui continuamente si parla per moralizzare il Paese riguardanti l’evasione fiscale, la falsa disoccupazione, l’eccesso delle remunerazioni privilegiate, le pensioni d’oro, l’eccesso di personale nei contesti rappresentativi, numero di parlamentari incluso e delle auto blu, e così via.
Questa trasformazione della politica in etica imporrebbe inoltre tassativamente un ben diverso stile nel dibattito politico, che ondeggia distruttivamente tra il gioco al massacro e la menzogna di allettanti realistiche alternative, dibattito che a me pare aver ben a ragione addirittura nauseato il cittadino non partigiano, e qui si entra nel grande capitolo della Comunicazione. Una riprova sembra essere l’aver convogliato sempre di più la pubblica attenzione su i tragici fatti di cronaca che essendo di chiara impronta patologica dovrebbero viceversa essere trattati nelle sedi giuste con il massimo del riserbo. In questo settore l’informazione ha dato il massimo di sé, millanta di dare alla gente ciò che la gente desidera sapere e ne darebbe la dimostrazione grazie agli indici di gradimento sia quanto alla carta stampata sia alla TV. Peccato che non si adombri neppure lontanamente in quale misura tale risultato sia dovuto all’aver incessantemente educato il palato dell’utenza al gusto dell’orrore.
A me pare che la Comunicazione sia rovinosamente precipitata a un livello di sterilità della sua funzione, fossilizzata com’è nel vecchio criterio del dovere di cronaca, profilo assai riduttivo a petto della enorme potenzialità formativa che di fatto occupa (ancora oggi del tutto arbitrariamente).
Ovviamente e per fortuna, come fiammelle testimonianti la speranza, con qualche eccezione.
Gloria Capuano
E’ da molti anni che Tremonti parla di politica ed etica sorprendendo chi nel suo Governo lo vorrebbe fedele scudiero lontano ideologicamente da tali problematiche (ricordo che una volta disse queste cose in una riunione della Confindustria a Como in cui tutti gli “industrialotti” si aspettavo di essere osannati per la loro capacità di aver portato le loro fabbriche all’estero ed invece furono “bacchettati” per l’impoverimento che avevano provocato nel proprio Paese e per i dubbi comportamenti etici che assumevano nei Paesi in cui avevano portato le produzioni)
I danni della globalizzazione sono sotto gli occhi di tutti e purtroppo non si intravede via d’uscita essendo di fatto falliti i due sistemi che conoscevamo: comunismo e capitalismo.
In attesa di un nuovo modello (o punto di equilibrio) ci sarà da soffrire, soffrire, soffrire…