I guai si moltiplicano per Haiti, dove il numero dei morti per colera è giunto a 253, con oltre 3.500 infezioni, in una epidemia scoppiata nel nord del Paese devastato dal terremoto e su cui, dicono gli esperti, vi è un forte rischio di nuova sisma a breve. Sei nuovi casi si sono registrati a Port au Prince, la capitale, trasformata da gennaio in una vera e propria bidonville, piena di rifugiati e problemi. La malattia e’ “limitata a un perimetro ben definito”, nella regione settentrionale di Artibonite e su parte dell’altopiano centrale, ha spiegato il ministro degli Esteri, Marie Miche Rey, dalla Svizzera dove partecipava a un meeting delle nazioni che parlano francese e il direttore generale del Dipartimento Salute, Gabriel Thimote, ha confermato che nelle ultime 24 ore e’ disceso il ritmo dei morti e anche dei nuovi contagi. Ma le ong si preparano allo scenario peggiore nel timore che la crisi sanitaria arrivi alle tendopoli di Port-au-Prince. Si ritiene che la fonte del contagio sia la contaminazione del fiume Artibonite, un’arteria fluviale che attraversa le campagne di Haiti e che migliaia di persone utilizzano per la maggior parte delle loro attivita’ quotidiani. Le autorita’ sanitarie sottolineano la necessita’ di isolare i pazienti per contenere la diffusione della malattia che, con le caratteristiche crisi di vomito e diarrea, puo’ disidratare e uccidere nel giro di poche ore. Medici Senza Frontiere si e’ offerta di installare un ospedale da campo a Saint Marc; Oxfam ha inviato 5 specialisti ad Artibonite per depurare acqua e servizi igienici per 100mila persone; e ha annunciato che distribuira’ sapone, compresse per sterilizzare l’acqua e sali reidratanti per 25mila haitiani. Da più di cento anni ad Haiti non erano segnalati casi di colera, ma le terribili condizioni igieniche seguite al sisma hanno riattivato il batterio, che ha trovato nella pessima qualità dell’acqua a disposizione dei terremotati fertile terreno di prolificazione prima e di contagio poi, favorito quest’ultimo dalle piogge torrenziali delle ultime settimane. Il colera è un’infezione diarroica acuta causata dal batterio Vibrio cholerae. La sua trasmissione avviene per contatto orale, diretto o indiretto, con feci o alimenti contaminati e nei casi più gravi può portare a pericolosi fenomeni di disidratazione. Nel diciannovesimo secolo il colera si è diffuso più volte dalla sua area originaria attorno al delta del Gange verso il resto del mondo, dando origine a sei pandemie (per pandemia si intende una manifestazione epidemica di una malattia su larghissima scala, anche planetaria) che hanno ucciso milioni di persone in tutto il mondo. La settima pandemia è ancora in corso: è iniziata nel 1961 in Asia meridionale, raggiungendo poi l’Africa nel 1971 e l’America nel 1991. Oggi la malattia è considerata endemica in molti Paesi e il batterio che la provoca non è ancora stato eliminato dall’ambiente. L’aspetto più importante nel trattamento del colera è la reintegrazione dei liquidi e dei sali persi con la diarrea e il vomito. La reidratazione orale ha successo nel 90% dei casi, può avvenire tramite assunzione di soluzioni ricche di zuccheri, elettroliti e acqua, e deve essere intrapresa immediatamente. I casi più gravi necessitano, invece, di un ripristino dei fluidi intravenoso che, soprattutto all’inizio, richiede grandi volumi di liquidi, fino ai 4-6 litri. Con un’adeguata reidratazione solo l’1% dei pazienti muore e, di solito, in seguito al ripristino dei fluidi, la malattia si risolve autonomamente. Alcuni ricorderanno l’epidemia di Colera che colpì Napoli nel 1973, in una situazione in una situazione di atavica miseria e arretratezza, con condizioni disastrose, speculazione edilizia irrefrenabile e mortalità infantile sensibilmente più alta di quella delle città del nord. Sempre a Napoli una tragica epidemia si era registrata nel 1884, soprattutto nei vecchi quartieri di Vicaria, Porto, Pendino, Mercato, legata al degradato tessuto di fondaci, vicoli stretti, edifici putridi. L’epidemia pose il tema della riqualificazione della città di Napoli al centro del dibattito dell’opinione pubblica nazionale e legò, inscindibilmente, le urgenti misure igieniche di cui Napoli necessitava al più ampio obiettivo della modernizzazione della città. In verità ancora oggi, a Napoli, senza colera ma con risorta immondizia, i problemi sono gli stessi, tranne che nel centro o in alcuni quartieri residenziali.
Carlo Di Stanislao
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