Bombe dal cielo ed allarme “midterm”

Allarme bomba negli Usa, con il presidente Barack Obama ha detto che si è trattato di “una credibile minaccia terrorista”, attribuibile ai militanti di Al Qaida nello Yemen, una affiliazione quella di Al Qaida nella Penisola Arabica (Aqap) “che continua a programmare attacchi contro gli Stati Uniti”. L’inquilino della Casa Bianca ha rivelato che i […]

Allarme bomba negli Usa, con il presidente Barack Obama ha detto che si è trattato di “una credibile minaccia terrorista”, attribuibile ai militanti di Al Qaida nello Yemen, una affiliazione quella di Al Qaida nella Penisola Arabica (Aqap) “che continua a programmare attacchi contro gli Stati Uniti”. L’inquilino della Casa Bianca ha rivelato che i due pacchi pacchi erano destinati a organismi religiosi ebraici di Obama è stato tenuto informato fin da giovedì sera degli sviluppi della vicenda. I due pacchi sono stati individuati in centri di smistamento della FedEx a Dubai e ad un centro di smistamento della UPS a East Midlands (Inghilterra) prima che potessero giungere a destinazione in America. Sia la FedEx che la UPS hanno sospeso nelle ore successive il trasposto di pacchi provenienti dallo Yemen. Arma, vettore e obiettivo prescelti,  portano a indicare il mandante nell’imam americano-yemenita Anwar al-Awlaki, leader di Al Qaeda nella Penisola Arabica, nascosto in una remota regione dello Yemen da dove è impegnato a gareggiare con le centrali dell’organizzazione terroristica in Pakistan e Afghanistan nel dimostrare maggiore abilità nel colpire gli Stati Uniti. Al Awlaki crede nei miniordigni, scomposti in maniera da sfuggire ai controlli fino al limite di essere nascosti dentro il corpo umano, come quello inserito nell’ano del kamikaze saudita che ha tentato di eliminare il capo dell’intelligence di Riad. La novità in questo caso è che il vettore prescelto non è un essere umano ma un pacco affidato a un aereo cargo, come le migliaia di velivoli postali che si muovono ogni giorno sui cieli del Pianeta. Ciò è stato possibile perché la miniaturizzazione dell’esplosivo è stata perfezionata rispetto a quanto avvenuto lo scorso Natale, consentendo alle diverse componenti di combinarsi ed esplodere al momento in cui il pacco viene aperto. La differenza con i pacchi bomba degli Anni 70 e 80 sta nell’alta potenzialità dell’ordigno “made in Yemen”, che richiama da vicino la fattura di alcune delle più sofisticate bombe “ied” depositate lungo le strade dell’Iraq e dell’Afghanistan per colpire le truppe delle coalizioni alleate. L’intenzione di Al Awlaki, nato a Las Cruces in New Mexico nel 1971, era dunque di sorprendere l’America con delle potenti mine volanti inviate come semplici spedizioni postali e questo metodo appare la somma di due conoscenze: del dibattito pubblico sull’antiterrorismo in corso in America, che vede da tempo personaggi come il senatore John Kerry impegnati a denunciare la carenza di controlli sulle spedizioni cargo, e della teoria terroristica di Khalid Sheik Mohammed, l’ideatore dell’attacco dell’11 settembre 2001, oggi detenuto a Guantanamo, secondo cui restano gli aerei il mezzo migliore per infrangere la sicurezza degli Stati Uniti. Ma il vero cruccio di Obama, ora, sono le elezioni di medio termine, che si svolgeranno il 2 novembre e che vedono i democratici arrancare. In queste elezioni in cui la popolazione è chiamata alle urne per eleggere tutti i membri della Camera dei rappresentanti e un terzo di quelli del Senato oltre ai governatori di 37 Stati, si potrà vedere come si giudicano i primi due anni dell’amministrazione Obama. Un giudizio che per l’esecutivo democratico guidato da Barack Obama si preannuncia tutt’altro che positivo. La stampa a stelle strisce nelle ultime due settimane ha pubblicato, infatti, una quantità inimmaginabile di analisi, opinioni e sondaggi che vedono i democratici in caduta libera. Secondo la CNR, in previsione di un risultato così preoccupante, Obama si sta preparando ad adottare un’agenda politica più bipartisan e ad aprire un dialogo tra Democratici e Repubblicani, dopo due anni di muro contro muro. Non solo: giovedì Barack Obama ha partecipato al popolarissimo programma del comico Jon Stewart, esponendosi ad ogni tipo di critica e presa in giro. In gioco non ci sono solo le elezioni di medio termine, ma anche il rinnovo presidenziale del 2012. sondaggi parlano chiaro e tra i maggiori siti e agenzie di informazione politica, non sembrano esserci troppe differenze. Gli unici stati definiti “safe democrat” sono quelli di Hawaii, Oregon, Maryland, e Vermont (solo 4!). Seguono i “probabilmente democratici”, Connecticut e Wisconsin. Vi sono alcune divergenze sullo stato di New York, che in alcuni sondaggi appare come probabilmente democratico, mentre  in altri resta incerto. California e Stato di Washington, già roccaforti democratiche sembrano altresì tremare e sono passate dall’ essere definite “safe” o “leans” ad un secco e meno probabile “likely” democrat. In altri sondaggi vengono addirittura inserite tra le incerte (Real Clear Politics, ad esempio). Il Grand Old Party (così viene chiamato il Partito Repubblicano oltreoceano) dovrebbe (ri)vincere i suoi seggi storici, Arizona, Arkansas, Iowa, North e South Dakota, Alabama, Alaska, Idaho, Kansas, Oklahoma Georgia, Louisiana, Utah, Delaware, e South Carolina.  Potrebbe inoltre affermarsi nello stato di Obama, l’Illinois, ma ciò che più stupisce è che potrebbe espugnare stati tradizionalmente incerti (e sempre decisivi nelle presidenziali) o tradizionalmente democratici, tra cui Florida, Colorado, Indiana, Pennsylvania, Ohio e Nevada, quest’ultimo al centro di una grande polemica. La candidata repubblicana Sharron Angle (sostenuta dai Tea Party, veri vincitori delle primarie fino ad oggi) è stata infatti largamente attaccata dal fronte dei Democratici, per il suo appoggio alla teoria cospirativa che nega la nascita di Barack Obama in territorio Americano (e quindi la conseguente illegittimità della sua presidenza. Intanto, a quattro giorni dalle elezioni di mid term, il presidente statunitense Barack Obama tiene la scena, con l’obiettivo di contenere la annunciata diaspora di voti democratici. Proprio la crisi potrebbe costare numerosi seggi al partito del presidente, che rischia di vedersi sottrarre dai repubblicani il controllo della Camera dei rappresentanti. Sul punto insiste Sarah Pailin, la leader del conservatore Tea Party, che accusando Obama di socialismo, punta a tagli della spesa pubblica e delle tasse. Proprio sui mercati e sugli scambi commerciali, secondo molti osservatori, si giocherà il confronto parlamentare tra democratici e repubblicani, nel 2011. Un confronto il cui esito sarà decisivo per le chanches di rielezione del presidente, nel 2012.

Carlo Di Stanislao

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