L’occasione per testare quella che Pier Ferdinando Casini ha definito ‘maggioranza pro-tempore’ e’ stata la ratifica delle modifiche al Trattato dell’Unione europea che assegna all’Italia un seggio supplementare all’europarlamento. Sull’emendamento, bocciato a scrutinio segreto con 290 no, 251 sì e un astenuto, il governo si era rimesso all’Aula. L’emendamento tendeva a ripartire nuovamente i voti, inizialmente previsti per 72 seggi, per 73, quanti sono i seggi attualmente assegnati all’Italia nell’emiciclo di Strasburgo. In questo modo, il seggio in più sarebbe andato al Pdl e non all’Udc come previsto in seguito all’approvazione in commissione, la scorsa settimana, di un emendamento dell’opposizione. Per battere la maggioranza è bastato che i deputati di Fli votassero con Pd, Idv e Udc. Gia’ in commissione Affari costituzionali, opposizione e Fli avevano affossato la proposta del relatore Giuseppe Calderisi. In base al sistema di calcolo che aveva proposto, il 73esimo seggio italiano sarebbe andato al Pdl. L’opposizione invece era riuscita a spuntare che il deputato toccasse al partito con il miglior resto non retribuito, appunto l’Unione di centro. La maggioranza e’ andata ancora due volte ko e i finiani, in due voti segreti, si sono schierati con l’opposizione e a beneficiarne potrebbe essere l’Udc che si dovrebbe veder assegnare un seggio in piu’ al parlamento europeo. Salvo che il Senato, che ora esaminera’ il provvedimento, non cancelli l’incidente di Montecitorio. Già lo scorso 9 novembre il governo era stato battuto tre volte in Aula, su una mozione per la revisione del trattato con la Libia e i finiani avevano votato con l’opposizione. I protagonisti della giornata sono Italo Bocchino e Ignazio La Russa. “È evidente che non ci sono le condizioni per cui noi possiamo votare in questo momento la fiducia al governo Berlusconi”, ha detto il capogruppo di Fli alla Camera Bocchino, intervenuto in mattinata a Omnibus, su LA7. “Alla fine sono convinto che Berlusconi sceglierà la via più saggia che è quella delle dimissioni per evitare di essere sfiduciato non c’è dubbio che il passaggio parlamentare non può non essere legato a un elemento di discontinuità”. La replica del Pdl arriva poco dopo, per voce coordinatore del Pdl e ministro della Difesa, La Russa: “E chi ha mai detto che ci sono le condizioni…? Loro chiedono le dimissioni di Berlusconi, le dimissioni non ci saranno, quindi le condizioni evidentemente non ci sono”. Continuano le sterile schermaglie come quella sul simbolo del partito, che sarebbe condiviso fra ex An ed ex Forza Italia e quindi non impiegabile da una sola parte nelle prossime elezioni. Ma, nonostante tutto, Bersani è ancora titubante e dichiara “non c’è niente di scontato” nella crisi del governo di centrodestra e nel voto parlamentare del 14 dicembre sull’esecutivo, facendo intendere che la soluzione cercata è una larga intesa che coinvolga anche Casini e Fini, oltre, naturalmente, al’API e al’IDV: dentro tutti tranne sinistra estrema, Lega e Pdl. E a creare ancora più divisione ed attrito fra gli antiberlusconi è Beppe Grillo che, l’altra sera, nel corso del suo quarto e ultimo show al Gran Teatro di Roma, ad un certo punto se ne esce così: “Roberto Saviano, per carità, è bravissimo. Ma Vieni via con me è un programma Endemol. E di chi è la Endemol? Di Silvio Berlusconi. Dunque quando Saviano fa audience, a guadagnare è il Cavaliere. Se poi ci aggiungiamo che Saviano lancia accuse a destra e a manca, senza però fare mai mezzo nome, è facile capire perché Silvio goda come un riccio” (in sala, 3.500 persone – tutto esaurito – che restano sorprese, mute, non un accenno di applauso per il comico genovese). Replica su Sky Tg24 (nemica certamente di Berlusconi), Nichi Vendola, che dice: “Quella di Grillo è una deriva di integralismo. E si tratta, a mio parere, di un fenomeno piuttosto preoccupante: perché se ciascuno sente di possedere il metro per giudicare, si finisce in una sorta di giudizio universale permanente. Insomma io penso che la politica sia il campo della verità con la “v” minuscola, ma se qualcuno pensa di avere sempre la verità con “v” maiuscola, è chiaro che finisce poi per sentirsi Savonarola”. Divisioni e girandole, come si vede, nella maggioranza come nella opposizione e sia fuori che dentro al Parlamento. Parebbe in pole position per coalizzare gli avversari di Berlusconi Pierferdinando Casini, che ha chiarito che l’UDC sfiducerà il governo il 14 dicembre. Ma anche qui giostre e confusione. Nel giorno in cui Pier Ferdinando Casini chiude ad un “governo d’armistizio” con Silvio Berlusconi, i casiniani bolognesi si allontanano dal Pd e tornano a pensare a un riavvicinamento al Pdl. “Difficilissima una alleanza con i Democratici, perché il loro sistema di potere va superato” dice la segretaria Udc Maria Cristina Marri. Pesa soprattutto la “continuità politica” di Merola con la giunta Cofferati, di cui il fu assessore all’Urbanistica. E pesa pure la presenza dell’Idv: “Non staremo mai insieme ai dipietristi”. In questa giostra non si capisce nulla e a guardare i rapidi, contraddittori cambiamenti, si rischia solo il mal di mare. Continuo a incontrare, per lavoro e non, esponenti ed elettori del centro destra che mi dicono che Berlusconi è al capolinea. Poi lo vedo in tv barcollante, gonfio, sempre con qualcuno al fianco che lo sorregge con nonchalance, facendo finta che non sia così, e mi pare che il declino politico e fisico del Cavaliere sta andando di pari passo. Sul dopo, però, grava l’incertezza più totale, e credo sia quello il motivo per cui chi potrebbe affondarlo lo tiene per ora lì, a raccontare le sue barzellette vecchie, sceme ma in fondo innocue. In attesa di eventi. E non è meno avvilente la situazione a sinistra, con tutti a dire la loro, senza nessuna unità e con Renzi, Serracchiani, Civiati e compagnia che, di questo passo. passeranno da ex giovani a maturi burocrati, adeguandosi via via alla logica del partito, o ritirandosi a vita privata. Forse anche prima di Berlusconi.
Carlo Di Stanislao
Grillo ha la bava alla bocca per l’invidia. Come osa dire che Saviano non fa nomi è stato il primo e l’unico a dire ad alta voce e a tutti, proprio nel territorio in cui comandano incontrastati ,i nomi dei capi della Camorra raggion per cui è stato condannato a morte. Lo ricorda o no il livoroso Grillo. Si dia una regolata.