Ciò che ha fatto veramente grande questa pellicola è l’insieme, tutti in una volta, della maggior parte degli espedienti narrativi e dei trucchi ed esperimenti ottici sviluppati sino ad allora dall’industria cinematografica (la soggettiva di Freder che raccoglie un pezzo del vestito di Maria, le grandi sovrimpressioni visionarie, il corposo montaggio, le coreografie di massa). Importantissimo il lavoro di montaggio per una lavorazione tanto sontuosa che impegnò per oltre diciannove mesi un totale di quasi trentaseimila comparse ed una spesa di oltre cinquanta milioni di vecchi marchi (che non incassò mai e che provocò il fallimento dell’UFA che poi divenne definitivamente strumento del regime nazista). Molto dissonanti i giudizi. “Uno dei peggiori film mai fatti” (H.G.Wells); “Retorico, banale, pedante, intriso di romanticismo superato… ma se opponiamo alla storia la fotogenia plastica, allora reggerà qualsiasi confronto, ci sconvolgerà come il più bel libro d’immagini mai visto” (L.Bunuel). Ben prima di George Orwell e del suo romanzo “1984”, Lang ipotizza un possibile 2026, esattamente 100 anni di distanza da quella di produzione del film, nel quale le divisioni classiste sembrano accentuarsi ; nella sfavillante Metropolis, infatti, vivono gli industriali, i manager, i ricchi e nel sottosuolo vivono gli operai confinati in un ghetto di cui i ricchi sembrano neanche ricordarsi. Proprio Freder, figlio di John Fredersen proprietario delle macchine che forniscono l’ energia alla città, si accorge del mondo che gli sta sotto grazie a Maria, una vate che predica agli operai il possibile avvento di un mediatore tra loro e i capitalisti. Ideologicamente il film, il primo ad essere dichiarato da l’Unesco patrimonio della’umanità, risente della sceneggiatrice Thea von Harbou (all’ epoca moglie del regista ed autrice del romanzo da cui l’ opera è tratta), ma il tocco cinematografico di Lang supera qualunque polemica : espressionista ma già lanciato nella modernità. Il film è tratto da un romanzo d’ appendice della stessa von Harbou, pubblicato nei primi anni dieci, ma si discosta notevolmente dalla trama del racconto. La von Harbou negli anni venti aveva maturato una coscienza politica molto differente da quella che aveva ispirato il romanzo e in quegli anni anche la sua produzione non si distaccò mai dalla mediocrità. Con l’ ascesa al potere di Hitler Thea von Harbou arrivò a riconoscersi nel nazionalsocialismo, tanto che Lang, disgustato da questo cambiamento, chiese il divorzio e fuggì dalla Germania. Quella che vedremo al Movieplex martedì 30 novembre, conservata gelosamente presso la Cinesteca Aquilana dall’Istituto Cinematografico Lanterna Magica, per il 12° appuntamento della rassegna “Cinema D’Essai”, è la versione di 87 minuti, colorizzata e ridoppiata con colonna sonora rock, realizzata nel 1984 dal musicista Giorgio Moroder. Tra i brani inseriti nel commento sonoro spicca Radio Ga Ga dei Queen, il cui video utilizza proprio spezzoni del film di Lang. Indubbiamente, il ripristino del Moroder è piuttosto discutibile. Molta gente lo ama, ma altrettanti lo considera odioso. Io appartengo al primo gruppo. Di origine italiana, è nato ad Ortisei nel 1940, Giovanni Giorgio Moroder è uno dei produttori musicali e discografici più importanti degli ultimi quaranta anni che, totalmente autodidatta, con il suo lavoro innovativo con i sintetizzatori, durante gli anni settanta, ebbe una particolare influenza sulla disco music e la musica elettronica in generale. Negli anni ottanta Moroder lavorò anche alle musiche di film come Flashdance, American Gigolò, Top Gun e Scarface. La colonna sonora di quest’ultimo è tornata recentemente alla ribalta dopo essere stata usata nel videogioco Grand Theft Auto III e Scarface: The World is Yours contenente l’intera colonna sonora del film. Altre sue composizioni, quelle del 1977 e 1978, sono state riprese anche nel videogioco Grand Theft Auto: Liberty City Stories. Giorgio Moroder è anche il cantante della celebre canzone Máh-Ná-Máh-Ná, edita la prima volta nel 1968 nella colonna sonora del film Svezia, inferno e paradiso? di Piero Umiliani. La canzone divenne poi famosa dopo essere stata usata nel Muppet Show.
Carlo Di Stanislao
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