Nelle leggende metropolitane di Napoli, il personaggio di Monsignor Perrelli, vissuto nel 1700, è uno delle “maschere” più ricordate. Le sue smemoratezze, i suoi peccati di gola, le sue manie, le sue follie son diventate con il passare degli anni, oggetto di culto e occasione per intrattenimenti. Con la piece “Le follie del Monsignore”, spettacolo scritto, diretto e interpretato da Beppe Barra, ha inizio, al “Ridotto”, sabato e domenica prossimi, la stagione 2010-2011 del TSA, con un esordio in cui l’imperativo categorico sarà: ridere di gusto. Quasi venti anni fa Peppe Barra e Lamberto Lambertini pensarono di riproporre la leggenda di Monsignor Perelli, con un personaggio nuovo ed inventato da mettergli accanto, fino alla morte: Menica, la perpetua pettegola, tenera, affettuosa, vigile, brontolona, golosa come il suo padrone, plebea, ma dotata di una sana ed infinita saggezza. L’esordio nel 1991 ed ora un nuovo adattamento, firmato sempre da Barra con Paolo Memoli. L’allestimento, prodotto dalla compagnia Mario Chiocchio, è impreziosito da Annalisa Giacci creatrice dei costumi e Aldo Cristini ideatore delle scene. Se il ruolo del Monsignore è affidato a Patrizio Trampetti, autore anche delle musiche eseguite dal vivo da Ciro Cascino al pianoforte e alle tastiere, Peppe Barra tiene per sé proprio il ruolo di Menica, per una irresistibile interpretazione “en travestì”. Lo spettacolo dimostra come Peppe Barra – recentemente insignito del “Premio Napoli c’è”, dedicato alle personalità che valorizzano l’impegno, la creatività e le tradizioni campane – sappia incarnare le tipiche “maschere” del teatro partenopeo, manifestando il profondo attaccamento alla sua terra. Il risultato è decisamente comico; un continuo gioco e divertimento col pubblico, che è, poi, la caratteristica del fare teatro di matrice popolare. L’altra sera Bruno Vespa, su “Porta a Porta”, ha parlato dell’impiego dei fondi raccolti dalla sua trasmissione, serviti per riportare la “Fontana della 99 Cannelle” al suo antico splendore ed aggiunto che, una parte di 1,5 milioni, serviranno al recupero del nostro Teatro. Se ne sono detti felici gli ospiti presenti, Mariangela Melato e Massimo Ranieri, stasera in tv con “Filumena Marturano” e che al Teatro de L’Aquila hanno recitato in passato. Va comunque ricordato, per amore di chiarezza e di verità, che il 16 aprile del 2009, pochi giorni dopo il terremoto e molto prima della decisione di dirottare a L’Aquila il G8, Silvio Berlusconi ebbe la grande idea della “lista di nozze”, per far adottare i monumenti più danneggiati dal sisma, 44 in tutto, per un importo di circa 300 milioni di euro, ai potenti del mondo. A 19 mesi di distanza dalla scossa, però, la gran parte dei siti inseriti nell’elenco sono rimasti orfani. Soltanto 12 sono stati adottati – più altri quattro fuori lista – con cifre che peraltro coprono solo una parte dell’importo necessario al restauro. Come ricordava “il Velino Cultura” alcuni mesi fa, molti governi che in un primo momento avevano assicurato il loro sostegno, complice la crisi economica, alla fine hanno preferito lasciare nelle casse nazionale il denaro promesso. Il caso più macroscopico è quello della Fortezza spagnola, che aveva subito un danno da 50 milioni di euro. Una cifra promessa da Zapatero, in considerazione dello storico legame con la penisola iberica del Castello cittadino, fatto costruire nel ‘500 dal viceré Pedro di Toledo quale simbolo della dominazione di Carlo V. Poi però il governo non ha dato seguito all’impegno assunto. Neppure gli Stati Uniti hanno brillato per generosità. L’amministrazione Obama, peraltro solo informalmente, aveva mostrato interesse per la chiesa di Santa Maria Paganica (4 milioni e mezzo l’entità del restauro), ma poi ha lasciato cadere la proposta. La Cina, che pure e continua a conseguire una crescita all’apparenza inarrestabile nonostante la difficile congiuntura economica, non ha stanziato nulla per Palazzo e Torre Margherita (4,8 milioni) né per il Palazzetto dei Nobili (900 mila euro), come inizialmente promesso. Proprio come il Giappone, intenzionato in un primo momento a intervenire sul complesso monumentale e la Chiesa di Sant’Agostino (sei milioni l’importo) e l’Australia (oratorio Sant’Antonio da Padova). Il Comune di Trieste, che aveva manifestato interesse per la chiesa di san Pietro a Coppito, non ha poi dato luogo a procedere e non hanno mostrato maggiore sensibilità i privati: il presidente del Montepaschi, Giuseppe Mussari, aveva addirittura promesso in diretta tv a “Porta a Porta” l’impegno della sua fondazione per la chiesa di San Bernardino (costo complessivo dei lavori: 36 milioni) in virtù della città d’origine del predicatore francescano. Finora, però, da Siena non si è fatto sentire nessuno. Gianfranco Zanna, responsabile Beni culturali di Legambiente Sicilia, sempre sul Velino, ha dichiarato che a L’Aquila si stanno ripetendo gli stessi errori commessi in Belice, 40 anni fa: risorse poche e in ritardo e soprattutto messe in pista solo per costruire paesi o quartieri senz’anima, dove la socialità non esiste, lo stare insieme si è perso e si è occupata una superficie 20 volte superiore, per metà degli abitanti. Dicono alcuni esoteristi che L’Aquila fu edificata secondo la pianta di Gerusalemme, disponendo i principali monumenti sacri in modo da ridisegnare a terra la costellazione della stella Altair. Ma, come per Gerusalemme, molte furono le tragedie cui fu sottoposta e più a causa degli uomini che della natura. Nel 1744 la spettacolare fontana-simbolo subì un restauro a seguito dei danni del terremoto del 1703 e il lato destro venne riedificato in stile barocco. Il 25 giugno del 2009, Romina Carrozzi con in braccio la sua piccola Giorgia, la prima bimba partorita dopo il sisma recente , ha raccolto l’acqua della fontana che, attraverso Paganica, Onna, San Gregorio e Villa Sant’Angelo (i paesi più colpiti dalla tragedia), ha poi raggiunto lo Stadio Adriatico di Pescara per l’apertura ufficiale dei giochi, unendosi con quella portata dalle 23 nazioni partecipanti. L’Aquila ancora una volta dona, generosamente, anche quando gli altri fanno solo finta di donare. Ma, come direbbe Menica a Monsignor Perrelli, cosi vanno le cose e non saranno certo le parole, per quanto taglienti, a farle cambiare.
Carlo Di Stanislao
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