Lo scorso 4 dicembre, Alassane Ouattara, uscito formalmente sconfitto dalle recenti presidenziali in Costa d’Avorio, ha deciso di sfidare il neo-reinsediato Laurent Gbagbo e, poche ore dopo che questi aveva prestato giuramento in diretta televisiva, ha fatto altrettanto, auto-proclamandosi nuovo capo dello Stato africano. Ouattara ha peraltro giurato per lettera, una missiva scritta a mano che ha indirizzato al Consiglio Costituzionale, l’organo competente a proclamare il vincitore delle elezioni. E, 24 ore dopo, si e’ reinsediato come presidente della Costa d’Avorio con una cerimonia trasmessa in diretta tv, malgrado Onu e numerosi Paesi abbiano preso le distanze dai risultati ufficiali del ballottaggio presidenziale del 28 novembre scorso. Ultimo in ordine di tempo e’ stato oggi il capo della Commissione Europea, Jose’ Manuel Durao Barroso, che ha salutato come il ‘legittimo vincitore’ il candidato di opposizione, Alassane Ouattara . Il 5 dicembre, anche Laurent Gbago ha giurato come presidente. Quindi oggi in Costa D’Avorio vi sono due presidenti: Ouattara che ha giurato nelle mani del primo ministro Soro (il quale poco prima si era dimesso davanti al “neoeletto”, il quale a sua volta lo aveva riconfermato premier), ma a debita distanza di sicurezza e Gbagbo, precedente presidente, inviso agli occidentali. Il Dipartimento di stato americano ha invitato i cittadini statunitensi a evitare per il momento ogni viaggio in Costa di Avorio, sottolineando “l’aumentata possibilità di disordini politici e di violenze” potenziali dopo le elezioni presidenziali. “Il Dipartimento di Stato raccomanda ai cittadini americani di evitare attualmente ogni viaggio in Costa d’Avorio”, ha indicato in un comunicato, sottolineando “l’aumento delle tensioni” nel Paese dopo il ballottaggio delle elezioni presidenziale. Come nota Paolo Della Sala sul blog “La pulce di Voltaire”,iIl caos non lascia sperare nulla di buono, in un Paese segnato da pesanti ingerenze francesi, dovute alla dottrina di Francafique in versione De Villepin, quando la Francia aveva bisogno dei voti africani per sostenere la propria linea anti USA all’Onu, per ragioni di petrolio e affari con Saddam e con i paesi africani. Comunque sia Sarkozy che Obama, hanno inviato telegrammi di felicitazioni a Gbagbo. Oggi sono state riaperte le fronterie di terra, cielo e mare, della Costa D’Avorio, chiuse da lunedì scorso, anche se resta in vigore il Coprifuoco. Patrick N’gouan, che presiede la Convenzione della società civile della Costa d’Avorio, un organo indipendente che lavora alla risoluzione della crisi, una crisi che dura ormai da dieci anni, ha deto di recente ad Euronews che “La crisi ivoriana implica tre aspetti. C‘è un aspetto economico. Il Paese sta attraversando una crisi economica da diversi anni. Le risorse disponibili non bastano per fare fronte ai bisogni economici e sociali della popolazione. Tutti gli indicatori macroeconomici e microeconomici si sono degradati negli ultimi 20 anni. A questo si aggiunge la crisi politica, tutti gli indicatori sociali negativi. Il livello di precarietà fa sì che la povertà interessi almeno il 50 percento della popolazione. Questo significa che crisi economica e precarietà sociale spianano la strada all’instabilità politica.” Ma, ha aggiunto: “La Costa d’Avorio può voltare pagina, a condizione che si possano realmente identificare in modo oggettivo le cause profonde di questa crisi e poi prendere misure idonee e non messe in scena diplomatiche o accordi e scambi tra politici come sta avvenendo”. La Costa d’Avorio possiede una delle economie più prospere dell’Africa, benché fragile poiché basata principalmente sull’esportazione di materie prime. Il suo mercato dipende pesantemente dal settore agricolo; infatti quasi il 70% del popolo ivoriano è impiegato in qualche forma di attività agricola. Il paese è inoltre il maggior produttore ed esportatore mondiale di caffè, semi di cacao e olio di palma. Conseguentemente, l’economia è altamente sensibile alle fluttuazioni dei prezzi internazionali di questi prodotti e alle condizioni meteorologiche. Dall’indipendenza del 1960 fino ai primi anni ottanta il paese godette di un lungo periodo di notevole sviluppo economico, conquistandosi in tal modo un posto tra i paesi in via di sviluppo a medio reddito. Negli anni successivi l’economia subì però un forte arresto a causa del crollo dei prezzi dei principali prodotti d’esportazione e subì ulteriori danni a causa della siccità che interessò il paese. Fu inaugurato un programma di privatizzazione e il governo tentò, senza successo, di differenziare l’economia nazionale. Nonostante tutti questi sforzi, la Côte d’Ivoire continuò a dipendere ancora in gran parte dall’agricoltura e dalle attività ad essa collegate; a tutt’oggi quelle stesse attività danno lavoro a circa il 68% della popolazione del paese. Oltre a caffè, cacao e olio di palma, lo stato produce ed esporta grandi quantità di banane e ananas (soprattutto nell’Unione Europea), noci, canna da zucchero, cotone, sesamo, copra, arachidi e caucciù. Ma è anche produttore di manioca, riso, mais, miglio, patate dolci e sorgo, destinati soprattutto al consumo locale. Fra il 2002 e il 2004 in Costa d’Avorio c’è stata una guerra civile in seguito ad una rivolta nel nord guidata da Guillaume Soro, che accusava il presidente Gbagbo di essere un dittatore. Nel novembre 2004, 2 milioni di abitanti sui 3 milioni che contano la città di Abidjan, organizzò una caccia ai bianchi. Molti europei lasciarono il paese. Sono stati inviati 10.000 caschi blu dell’ONUCI (Forza pacifica dell’ONU per la Costa d’Avorio), tra i quali 4.600 francesi. Il 4 marzo 2007 è stata firmata la pace tra i due nemici. L’accordo è stato raggiunto intorno ai due punti chiave del disarmo e dell’identificazione. Per il primo, la forza d’interposizione ONUCI dovrebbe essere sostituita da un’altra internazionale. Il secondo riguarda il riconoscimento della cittadinanza di milioni di Ivoriani che sono considerati ribelli espulsi e non hanno neppure i documenti. L’accordo tra i due contendenti prevede l’assunzione del ruolo di capo del governo per Soro. Restano tuttora insoluti i dubbi sulla possibilità di tenere presto le elezioni presidenziali previste nel 2005 e già rinviate sei volte. Nel febbraio 2010 il presidente ha sciolto il governo e la commissione elettorale annullando le elezioni di marzo 2010, provocando disordini e manifestazioni in tutto il paese.
Carlo Di Stanislao
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