Aiutati dalla pioggia, dopo giorni di vani tentativi, i vigili del fuoco d’Israele, ieri sera alla 10, hanno potuto dichiarare spento l’incendio divampato sul Monte Carmelo, a nord di Haifa. In aiuto erano giunti mezzi antincendio da Bulgaria, Giordania, Grecia e Gran Bretagna, mentre l’Italia aveva inviato 12 tonnellate di liquido ritardante. L’incendio, che ha fatto 41 vittime, è stato alimentato dai forti venti ed ha richiesto l’evacuazione di 13.000 persone. Il maggio numero di vittime riguarda l’episodio che ha coinvolto un bus, uscito di strada e rimasto poi intrappolato fra le fiamme, a bordo del quale viaggiavano guardie carcerarie. Sabato 4 dicembre, in un comunicato, i Leoni dei mujahidin in Palestina, una nuova sigla riconducibile alla galassia di Al Qaeda, aveva rivendicato l’incendio, ma senza convincere le autorità israeliane. Infatti, secondo il capo della polizia, Dudi Cohen, dal materiale finora emerso, l’incendio sarebbe stato causato da un comportamento negligente da parte di alcuni abitanti del villaggio druso di Ussafiy, che non sarebbero riusciti a estinguere in tempo un falò le cui fiamme si sarebbero perciò propagate provocando l’incendio dell’adiacente foresta. Al tempo stesso prosegue anche l’inchiesta della polizia volta a stabilire se focolai di incendi scoperti in aree vicine a quella in fiamme siano stati deliberatamente causati da piromani. Molte, poi, le polemiche su l’operato, definito intempestivo e poco professionale, dei vigili del fuoco. Ieri, infine, Ismail Haniyeh, il premier di Hamas a Gaza, ha dichiarato che l’incendio è “una punizione divina per quel che (gli israeliani) hanno fatto”. Lo ha detto mentre si recava ad una preghiera a Gaza City, per chiedere pioggia sui territori palestinesi colpiti da una siccita’ senza precedenti. Evidentemente è stato ascoltato e quella pioggia ha spento anche l’incendio.
Carlo Di Stanislao
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