Davvero fa bene Il Tempo a citare Guicciardini per descrive il clima di incertezza assoluta, fra proclami e dietrofront di quasi tutti gli schieramenti, nella politica di questi ultimi tempi. A soli nove giorni dal voto di fiducia, per immaginare cosa accadrà il 14, ci vorrebbe una palla di vetro ed un veggente, davvero molto dotato. Tutti ci ripensano, giornalmente, da destra (finiani in primis) e da sinistra (anche Eugenio Scalfaro con il suo ultimo editoriale domenicale su La Repubblica), sicché è naturale pensare al nobile rivale e coevo del Macchiavelli, il quale sosteneva che vano è pretendere di stabilire norme generali d’azione, dato che una realtà sempre imprevedibile sconvolge gli schemi in cui vorremmo costringerla. Alla virtù del Machiavelli egli sostituisce la “discrezione”, che è la capacità di analizzare e comprendere i fatti singoli nelle loro infinite sfumature, per poter inserire la propria azione nel loro corso tumultuoso, senza venirne travolti, salvaguardando il proprio “particulare”, cioè il proprio interesse, i propri scopi e progetti. Ed il “particolare” su cui concentrarsi ora non è tanto l’incontro fra Renzi e Berlusconi, sviluppato sul piano di una collaborazione tattica non di voto, ma di encomiabile impianto collaborativo anche fra opposti schieramenti, quanto la più significativa (in quanto italica), propensione al distinguo-vendita, del trio di deputati Scilipoti, Calearo & Cesario, che fonda il Movimento di responsabilità nazionale e già si divide in tre su un punto cruciale: come votare o meno la fiducia a Berlusconi. La presentazione alla sala stampa della Camera del neonato movimento è stata piuttosto agitata. Stefano Pedica, senatore Idv, ha più volte incalzato Scilipoti, medico di Patti, impegnato in mille proposte su ecologia e medicina naturale, cercando di fargli dire pubblicamente come voterà alla fiducia e se gli altri due del movimento saranno per il sì, provocando la reazione nervosa, anzi stizzita di Cesareo, che gli ha risposto:”Le domande le vai a fare da qualche altra parte” ed insistito: “Non e’ giusto che colleghi vengano alle conferenze stampa. E poi ho visto qui anche qualcuno che qualche cambiamento l’ha fatto”. Basandosi sui fatti, a tutt’ora noti, Scilipoti potrebbe votare la sfiducia e Cesario il contrario. Ma per il 14″, assicura, “cercheremo di avere una posizione unica”. Secondo i ruomrs, sarebbe quella di un ok all’esecutivo Berlusconi. I tre del Movimento di responsabilità nazionale si sono presentati in sala stampa con una cravatta blu con il simbolo del tricolore al centro: “Per noi il Paese è la cosa più importante e non lo sono certo le guerre di bottega”, hanno spiegato. C’è un quarto deputato molto più vicino a Silvio Berlusconi. Si tratta di Antonio Razzi, che lascia la pattuglia dipietrista per approdare a Noi Sud, un gruppo parlamentare che fa parte della maggioranza. Non sono bastate le minacce degli ultimi giorni di Massimo Donadi, capogruppo Idv, a far cambiare ide a Razzi. “La separazione è indispensabile”, ha spiegato il deputato, “dopo 16 anni nell’Idv è venuto meno il rapporto di fiducia, c’era un mio stato di sofferenza atavica nel partito. Voglio tornare in autonomia a essere utile alla gente che rappresento”. Razzi ha infine negato il pettegolezzo sul mutuo, che secondo alcuni notisti politici sarebbe all’origine dei contatti per favorire il suo abbraccio alla maggioranza. A conti fatti, dunque, al momento i sì alla sfiducia sarebbero 315, mentre i no sarebbero 312. Due sarebbero gli astenuti (che dovrebbero essere i due deputati Südtiroler Volkspartei). Ma nei giorni che mancano al voto le cose possono cambiare e anche di molto. Certo è, come ricorda lo stesso “Libero”, che la maggioranza del 2008 era ampissima alla Camera. Pdl e Lega Nord, in due, avevano più di 330 voti, ben oltre la quota di 316 necessaria per avere la maggioranza. Poi, il Presidentissimo Gianfranco Fini ha deciso di andarsene, portandosi con sé 36 deputati. La situazione è così cambiata: Pdl+Lega si fermano a quota 294, Fli+Udc raggiungono quota 71, Pd+Idv sono a 230. Gli altri 35 costituivano il gruppone dei “partitini”, ossia – tra gli altri – Noi Sud, Api, Movimento per l’Autonomia, Südtiroler Volkspartei, Repubblicani. Anche oggi il Fli chiede, attraverso uno scarno comunicato, le dimissioni del Cav per poi aprire su un Berlusconi Bis ed il premier, replica che non se ne parla, poiché lui la maggioranza alla Camera ancora la detiene. La verità è che sia il Fli che il premier le elezioni le temono e non troppo sicuri sono anche quelli del Pd, circa l’esito di una nuova tornata elettorale. Berlusconi e il Pdl ricevono sostegno pieno dalla Lega: uno dei maggiorenti del Carroccio, il ministro dell’Interno Roberto Maroni, punge Bocchino per la proposta di crisi pilotata con reincarico al premier dopo 72 ore. “Gli incarichi mi pare li dia ancora il presidente della Repubblica, non un parlamentare”, scandisce il titolare del Viminale. Intanto il ministro della Difesa e coordinatore Pdl, Ignazio La Russa, fa sapere di avere “buoni segnali” sulla fiducia. Insomma, tornando a Guicciardini, davvero pare chiaro che la politica, lungi dall’essere l’equilibrato applicazione di strategie utili ai più, è e resta la realizzazione del sé e l’agire politico, dietro a parole e facciate, solo qualcosa che abbia come fine un utile individuale.
Carlo Di Stanislao
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