Berlusconi si salva in corner, con una vittoria di Pirro, aprendo sul filo del rasoio ad una UDC che non ha intenzione di abboccare, portando dentro tutto e tutti e con una maggioranza di due soli voti. Il voto di fiducia che ha salvato il governo Berlusconi, è finito in primo piano su tutti i giornali del mondo, accanto alle violente rivolte scoppiate a Roma. “Berlusconi sopravvive, ma scoppiano rivolte a Roma. Manifestanti incappucciati mettono a ferro e fuoco il centro storico della capitale mentre la polizia li carica coi manganelli” scrive The Guardian, mettendo l’accento sulle violente manifestazioni e sottolineando che “furgoni della polizia hanno circondato la residenza di Berlusconi e bloccato la strada davanti alla casa, mentre elicotteri sorvegliano l’area dal cielo”. La beffa arriva con il virgolettato finale che parla del voto come di un “cattle market”, un mercato del bestiame. “Il primo ministro Silvio Berlusconi sopravvive ai due voti di fiducia evitando il collasso del governo, ma prolungando l’agonia politica dell’Italia”, apre il New York Times, mentre El Pais mette in primo piano gli scontri, scrivendo: “la vittoria del cavaliere ha suscitato indignazione. Berlusconi è sopravvissuto, ma la folla in piazza ha reagito a una votazione che molti ritengono manovrata. Un pezzo importante d’Italia composto da studenti, sindacati Fiom-Cgil, comitati di cittadini de L’Aquila, di scontenti sepolti dai rifiuti di Napoli, di precari e disoccupati si ribella al grido di non ci fidiamo”. E non va meglio sulla stampa francese con Le Monde che scrive “la vittoria di Berlusconi dovuta a quattro deputati che hanno votato contro le indicazioni dei propri partiti… Il governo per ora si salva, ma la crisi politica italiana è ormai segnata”; mentre Liberation titola: “Il caimano salva la pelle”. Der Spiegel tiene il caso italiano come prima notizia “La vittoria di Berlusconi ha scatenato scontri di piazza a Roma” e spiega che “poco dopo che il premier Silvio Berlusconi aveva ottenuto i due voti di fiducia sono scoppiati violenti disordini a Roma. Centinaia di manifestanti si sono scontrati con la polizia, almeno 40 persone sono rimaste ferite” e sullo stesso tono gli articoli dei quotidiani Svizzeri ed Austriaci (Blick, Krone, Faz). Una giornata da dimenticare quella di ieri, ma purtroppo indimenticabile, per Roma e per l’Italia. Dal mattino fino al primo pomeriggio, studenti, precari, centri sociali, i comitati per l’Aquila e i metalmeccanici della Fiom hanno sfilato e manifestato in modo assolutamente civile. I black block irrompono intorno alle 15, poco dopo la fiducia al governo Berlusconi. Il corteo giunge in piazza del Popolo, poi una cinquantina di estremisti imboccano via del Corso e attaccano i blindati. Volano pietre, bombe carta, bastoni. La situazione degenera. Tra le immagini-simbolo di questo spettacolo desolante, quella di un finanziere: nella mano destra, la pistola d’ordinanza rivolta verso terra, con il dito sul grilletto. E’ riuscito a difenderla, senza mai usarla. Ogni forma di violenza va condannata e vanno certo elogiate le forze dell’ordine, ma questo non può nascondere che l’Italia o una parte di essa, è stanca di promesse e balletti politici che non portano a nulla. Roma ieri sembrava la Grecia di alcuni giorni fa, in una delicata giornata politico-parlamentare e con il centro storico sconvolto da scontri tra manifestanti. Solo il sito on-line del Corriere e Rainews hanno trasmesso le immagini in diretta, mentre le altre reti generaliste hanno sprangato tutte le finestre. Intanto che a Roma il popolo scontento protestava, su Rai1 si assisteva all’ennesimo dibattito pomeridiano su Avetrana e dintorni, su Rai2 si apprendeva tutto sull’ultimo libro di Marina di Ripa di Meana e Rai3 trasmetteva un telefilm. Siamo d’accordo con Bersani e Rosy Bindi, il primo su Radio Anch’Io e la seconda su La7, ospite della Gruber; non c’è nulla che giustifichi la violenza e pur tuttavia bisogno riconoscere che in Italia vi sono migliaia di giovani che nessuno ascolta, di campani e aquilani lasciati o loro stessi, di lavoratori senza stipendio né garanzia. E tutto questo, mentre avanza una dittatura invisibile, che non sfida apertamente la democrazia e la sovranità nazionale, ma la svuota progressivamente di contenuti e rende i cittadini schiavi, moderni schiavi ingabbiati per sempre dal debito. Nel nome del progresso e del consumismo. Il mercato del debito avanza trionfante e spavaldo più che mai e, in Italia, già tira un vento di Grecale. Secondo il Bollettino di Bankitalia, nei primi dieci mesi del 2010 le entrate tributarie del Bilancio dello Stato si sono attestate a 294,307 miliardi di euro, riducendosi dell’1,8% (-5,2 miliardi) rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Il Bollettino registra anche un nuovo record per il debito pubblico, che nel mese di ottobre ha raggiunto i 1.867,398 miliardi di euro, contro gli 1.844 miliardi del mese di settembre. Rispetto all’ottobre 2009 – si legge nel documento – quando il debito delle amministrazioni pubbliche era a 1.804,5 miliardi, il debito è aumentato di circa 63 miliardi. L’aumento è ancora più alto se si calcola l’incremento dall’inizio dell’anno: rispetto ai 1.763,6 miliardi di fine dicembre la crescita è stata di 104 miliardi, con un incremento del 5,9%. Ancora, tra il 2007 e il 2010 l’aumento della disoccupazione e’ stato di due punti percentuali, il doppio di quanto accaduto in Francia. Sono questi i motivi delle dimostrazioni a Roma e in Italia, con cortei di studenti in marcia dalla Sicilia a Milano e a Torino, in compagnia dei centri sociali, la Fiom, i comitati dell’Aquila, i cittadini di Terzigno e gli immigrati, per sfiduciare il premier dal basso, visto che in Parlamento se la cava sempre e comunque. I conti pubblici non sono a posto, la disoccupazione e l’infrazione sono galoppanti, il climi di sfiducia è crescente. Davvero uno strano modo di realizzare progetti elettorali il cui ritardo e la cui non attuazione non dipendono solo dalla crisi economica mondiale. Anche se l’Europa ci dice che ancora la nostra disoccupazione è sotto la media, essa è comunque in crescita, senza manovre correttive pensate ed attuate in altri Paesi e con il più alto debito pubblico del continente, peraltro ormai da tempo fuori controllo.
Carlo Di Stanislao
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