Reietti ed affogati

Simon Prince, che vive vicino agli scogli dove si è schiantato il barcone, ha raccontato all’Associated Press di essere stato svegliato da quelle che pensava fossero delle grida di gioia. Una volta uscito da casa ha invece udito le richieste di aiuto che arrivavano dalla barca. I residenti, svegliati dalle urla delle persone che tentavano […]

Simon Prince, che vive vicino agli scogli dove si è schiantato il barcone, ha raccontato all’Associated Press di essere stato svegliato da quelle che pensava fossero delle grida di gioia. Una volta uscito da casa ha invece udito le richieste di aiuto che arrivavano dalla barca. I residenti, svegliati dalle urla delle persone che tentavano di salvarsi a nuoto, hanno assistito inorriditi alla tragedia, senza riuscire a salvare coloro che si dibattevano tra le rocce e i detriti dell’imbarcazione, perché il mare era molto mosso. Dei circa 80 disperati se ne sarebbero salvati fra 15 e 40, gli altri sono annegati a largo dell’isola australiana di Natale (beffardo tempismo), dopo che il barcone che li trasportava si è schiantato contro gli scogli. L’Isola di Natale (Christmas Island, nome posto in ossequio alla data della riscoperta, avvenuta ad opera di James Cook nel Natale 1777),  è un atollo  australiano situato ad appena 300 chilometri dalle coste indonesiane ed ospita un centro di accoglienza per migranti e richiedenti asilo ed ogni anno vi giungono migliaia di richiedenti asilo dall’Iraq, Afghanistan e Sri Lanka. La nazionalità di questi ultimi disperati non è ancora nota (ma secondo fonti locali erano iraniani e iracheni) ed un testimone ha raccontato  l’orrore di donne e bambini che chiedevano aiuto: “Avevano i giubbotti salvagente, ma l’acqua era troppo impetuosa e li ha scagliati contro gli scogli. E’ stato orribile”. Il barcone è stato in balia delle onde per circa un’ora prima di colpire le rocce alla base degli scogli. Le autorità australiane hanno confermato l’incidente, ma nessuno è ancora in grado di precisare il numero delle vittime. “La nostra priorità è soccorrere tutti quelli che sono rimasti coinvolti”, si legge in un breve comunicato della polizia di frontiera. Fonti mediche parlano di almeno 50 morti e oltre trenta feriti. Un testimone, fra i molti accorsi per cercare di aiutare gli sciagurati, ha detto che ”c’erano una sessantina di persone in acqua” e solo la metà sono state salvate da un’imbarcazione di soccorso. Una drammatica ripresa si può vedere su  http://it.euronews.net/2010/12/15/australia-naufraga-imbarcazione-migranti-almeno-50-morti/. L’immigrazione è un tema che è spesso oggetto di strumentalizzazioni politiche, con il risultato di travisare la reale portata di quanto sta avvenendo sia nel mondo, sia nel nostro Paese. Stando gli attuali tassi di crescita, nel 2050 la popolazione africana crescerà del 74%, tanto che molti paesi, come l’Etiopia, l’Uganda e il Congo, raddoppieranno i propri abitanti. Senza una massiccia ripresa della cooperazione internazionale non si potrà affrontare questo cambiamento epocale e l’immigrazione rischia di trasformarsi anche in un dramma umanitario senza precedenti. La stessa Corte europea dei diritti umani di Strasburgo ha avuto un atteggiamento pilatesco nella recente decisione del gennaio di quest’anno, quando ha rigettato il ricorso di 84 migranti respinti in Libia da Lampedusa nel 2005. La Corte non è entrata nel merito della violazione commessa dal governo italiano – respingimenti collettivi, tanto più verso paesi dove si pratica la tortura, senza dare una possibilità di ricorso effettivo – ma si è limitata a prendere atto dell’interruzione dei rapporti tra i ricorrenti e i loro difensori. Difficile capire come sia possibile per un legale rimanere in contatto con i propri assistiti in circostanze così drammatiche come quelle in cui si trovano i migranti in Libia. Paradossalmente, quindi, se le persone vengono fatte sparire in un carcere o addirittura mandate a morire di fame e sete nel deserto, come è stato documentato anche recentemente, non sarebbe più possibile fare ricorso alla Corte di Strasburgo. Il nostro stesso futuro dipende dalla capacità di trovare risposte positive a una situazione che potrebbe cambiare il volto del mondo. Tuttavia, senza una vera ed efficace politica d’integrazione e in mancanza di prospettive concrete di cooperazione internazionale allo sviluppo,  si rischia che l’immigrazione sia solo un problema serio, oltre a diventare, come spesso accade,  un dramma umanitario.

Carlo Di Stanislao

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