Sono circa 42 mila le organizzazioni di volontariato operanti in Italia, di cui 27 mila iscritte ai registri regionali in base alla legge che regola il settore (la n. 266 del 1991). E’ il dato, ancora grezzo, che emerge dalla sistematizzazione delle banche dati dei 72 (su 78 esistenti) Centri di servizio al volontariato aderenti a Csvnet, distribuiti su tutto il territorio nazionale. Si tratta di un numero in netta crescita rispetto all’ultima rilevazione svolta nel 2006 dalla Fondazione italiana volontariato (Fivol, oggi sciolta), che parlava di poco più di 35 mila organizzazioni. Va detto che questa rilevazione adottava un filtro piuttosto restrittivo e in grado anche di eliminare molti doppioni, ma tracciava anche una tendenza: la stessa Fivol aveva parlato infatti di 21 mila associazioni nel 2005 e 28 mila nel 2005.
Il dato dei Csv per il momento risulta dalla semplice somma numerica delle associazioni dei vari territori, dove per vari motivi si possono verificare conteggi sovrapposti o cessazioni non ancora rilevate. Tuttavia, il censimento che Csvnet sta mettendo a punto è la testimonianza più aggiornata e verosimile di un fenomeno, almeno nelle dimensioni, ancora molto vivo e persino in espansione.
Ed è proprio al volontariato che l’Istat ha dedicato quest’anno l’apertura del suo evento più solenne, la Conferenza nazionale di statistica la cui decima edizione si svolgerà a Roma oggi 15 e domani 16 dicembre. “La statistica ufficiale incontra il volontariato” è il titolo della prima sessione in programma, con un confronto a due tra il ricercatore dell’istituto Nereo Zamaro e il presidente di Csvnet Marco Granelli. Per l’occasione, l’Istat presenterà i dati di una ricerca inedita sulla rappresentazione del volontariato sui giornali, basata su centinaia di articoli che Csvnet ha messo a disposizione traendoli dalla sua rassegna stampa quotidiana nazionale e locale, servizio svolto da un paio d’anni per i Csv.
Granelli, come valuta questa scelta dell’Istat?
“Un segno di attenzione molto positivo, specie in un momento in cui il volontariato rischia di essere visto come puro intervento emergenziale. Forse sta passando il messaggio che il nostro ruolo non è solo riparativo, ma costruttivo per il benessere generale”.
L’Istat però fornisce solo numeri
“Credo che al di là del dato tecnico, l’attenzione dell’istituto sia un riconoscimento del valore aggiunto che il volontariato porta alla società, del suo apporto. Certo, bisognerà trovare degli strumenti che permettano di mettere le statistiche in relazione a vari fattori qualitativi e soprattutto in continuità nel tempo. Dobbiamo essere anche noi a far fare un passo avanti su questo: oggi abbiamo dati parziali basati solo sui servizi svolti e sulla rendicontazione economica. Confido molto che la sistematizzazione delle banche dati che stiamo portando avanti sia la base per fondare un monitoraggio reale del volontariato”.
Accennava alla mancanza di continuità.
“Sì, l’ultima rilevazione dell’Istat sul volontariato (basata sulle sole associazioni iscritte ai registri, ndr) risale al 2003; quella sulle cooperative sociali al 2005; e i dati del censimento del non profit in generale addirittura al 1999. Speriamo che si stiano mettendo in cantiere degli aggiornamenti”.
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