Precious racconta una storia di atrocità, la sconcertante epica di una ragazzina obesa, afroamericana di Harlem, stuprata dal padre dall’età di tre anni, da cui ha avuto una figlia affetta dalla sindrome di down e di cui è nuovamente incinta, è la più oscura espressione della vigliaccheria umana, dell’ignoranza e del degrado dei bassifondi umani. Il film, giunto da noi a fine novembre, può piacere o meno, ma certo non lascia indifferenti ed infatti ha fatto razzia di premi: dall’Oscar per la migliore attrice non protagonista (Mo’Nique nei panni della terribile madre) e per la migliore sceneggiatura non originale, al Golden Globe, al Sundance e una miriade di altri riconoscimenti. Lo ha diretto con grande sensibilità e rigore l’afroamericano di Filadelfia, omosessuale dichiarato, Lee Daniels, che l’ha immaginato come un racconto di Dickens o di Hugo, che rappresentasse una cruda denuncia della cosiddetta “questione della razza”, che nell’America di Obama è ancora lungi dall’essere risolta. Non c’è però la rituale accusa ai bianchi, che hanno ridotto i poveri neri in quello stato, c’è invece il riconoscimento di una incapacità, di una assenza di volontà dall’uscire dal degrado e, anzi, se qualcuno sembra in grado di riuscire, va boicottato. Il sistema scolastico statunitense ne esce per quello che è: salvo isole di eccellenza per soli ricchi e sportivi promettenti. Infatti la cultura non è vista come mezzo per uscire dal ghetto, i sogni sono quelli di MTV, del Talk Show, della televisione che decerebralizza: la prevalenza del tronista insomma. Sarà invece proprio grazie alla cultura che Precious troverà il suo riscatto, per ad un programma particolare di recupero, ma soprattutto grazie all’insegnante, perché i programmi migliori senza le gambe delle persone non camminano, un esempio è l’assistente sociale, che solo alla fine del film si renderà conto di aver mancato al suo ruolo, anche se la colpa forse è più del sistema che sua. Il film ha come protagonista la 27enne studentessa di psicologia Gabourey Sidibe, per la prima volta sullo schermo e vede la partecipazione di due grandi stelle della musica, Lenny Kravitz e Mariah Carey. La protagonista, poi, è fra le candidate all’Orso di Berlino. Il film è ottimamente girato, rende in maniera esemplare il degrado, e siamo di fronte a un degrado oltre ogni immaginazione, ma senza crogiolarcisi e senza voyerismi: crudo e asciutto, ma anche commovente. Anche Mo’nique che interpreta Preciuos, pur non essendo un’attrice professionista, avrebbe meritato il massimo riconoscimento agli Academy, invece della Bullock. In definitiva Precious è certamente un film per palati forti, ma che riesce anche a far sorridere e che, soprattutto, “celebra la possibilità di riscatto di ogni essere umano”. Lee Daniels, il regista, sembra abbia firmato, già a luglio, un accordo con la WME Entertainment per dirigere il remake de Le notti di Cabiria di Federico Fellini. L’intenzione di Daniels è realizzare una specie di musical, sulla scorta di quanto fatto recentemente da Rob Marshall in 9, che era la versione “cantata e ballata” di 8½. Il regista, oggi cinquantenne, ama ritrarre storie problematiche e personaggi tormentati e può ricorrere a soluzioni di genere, ma non col semplice fine della fruizione commerciale, bensì nell’intento di indirizzare lo spettatore verso più ambiziose prospettive. Il suo intenso tirocinio dietro le quinte lo conduce a fondare una propria casa di produzione, la Lee Daniels Entertainment, con la quale finanzia Monster’s Ball – L’ombra della vita (2002), un film diretto da Marc Forster e interpretato da Billy Bob Thornton, Halle Berry e Heath Ledger. Il primo grande successo è del 2005: Shadowboxer, un un action movie che si serve del genere per un discorso ben più serio e profondo sui valori umani. Dopo “Precious” ha diretto (da noi uscirà nel 2011), The Bulter: storia vera di Eugene Allen, maggiordomo alla Casa Bianca per 34 anni, e servitore di ben otto presidenti, con Danzel Washington e Selma in cui coinvolge attori come Hugh Jackman, Liam Neeson e ancora il cantante Lenny Kravitz, suo grandissimo amico.
Carlo Di Stanislao
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