La morsa di gelo che a paralizzato Roma e L’Italia e che ha ne ha messo in evidenza l’inconsistenza organizzativa e strutturale, non gli ha impedito di adempire a un impegno che asslveva da anni, sotto Natale. Una visita privata alla Cappella Sistina, poi la cena in compagnia di vecchi amici in un ristorante romano. Il malore lo ha colto all’improvviso, sulla via del ritorno. L’economista Tommaso Padoa-Schioppa si è spento prima che i medici riuscissero a intervenire, o solo a capire che cosa avesse colpito mortalmente uno degli economisti italiani più stimati e apprezzati nel mondo, ex ministro della repubblica, ex presidente della Consob, Vicedirettore generale della Banca d’Italia e soprattutto padre-fondatore della moneta unica europea. Probabilmente il suo segreto era la tolleranza e il gusto per l’ironia con i quali faceva i conti anche con le critiche. Nella sua collezione di vignette satiriche raccolte durante i due anni da ministro dell’Economia (2006-2008), lo divertiva una di Forattini pubblicata sul Giornale della famiglia Berlusconi. Padoa-Schioppa compariva legato in una camicia di forza e portato via da due infermieri mentre urla “Le tasse sono bellissime: mettetemi giù, bamboccioni!”. Il termine è stato poi ripreso da Brunetta e Bossi ha subito detto che era solo una battuta, perché ha ricordato ce erano passati solo due anni da quando Giorgia Meloni, ora ministro della gioventù, guidava per le strade di Roma il corteo di Azione Giovani contro il governo Prodi con lo slogan “Bamboccioni ce sarete”. Ma c’è almeno una differenza di sostanza fra Paoda Scioppa e Brunetta, che oggi vuole costringere i diciottenni a lasciare i genitori per legge. Nell’ottobre 2007 Padoa Schioppa stava scrivendo una legge Finanziaria per il 2008 in cui stanziava incentivi per favorire i ragazzi che volevano provare a farcela da soli. Queste le parole che, all’epoca, scatenarono la polemica: “Queste misure serviranno anche a mandare i bamboccioni fuori di casa, cioè a incentivare l’uscita di casa dei giovani che restano fino a età inverosimili con i genitori. Non crescono mai, non si sposano, non si rendono autonomi”. Il ministro si riferiva a detrazioni fiscali per i ragazzi tra i 20 e i 30 anni che prendevano una casa in affitto (fino a 1000 euro, a seconda del reddito famigliare”. Con qualche rara eccezione – come Umberto Eco – anche da sinistra parte l’attacco a TPS: per i comunisti italiani si tratta di un “epiteto infelice”, l’allora ministro dell’Istruzione Giuseppe Fioroni lo contraddice, “i nostri giovani non sono bamboccioni”, mentre dentro il governo c’è quasi soltanto Fabio Mussi, ministro dell’Università e della ricerca, che si spende pubblicamente a favore di TPS. Padoa Schioppa, che terminata l’esperienza di governo ricominciò a occuparsi di finanza internazionale e regole globali, non ha voluto commentare le parole di Brunetta o rievocare i giorni difficili dei “bamboccioni”, ancora dimostrando un aplomb del tutto desueto e particolare. “Partecipo con indicibile turbamento e tristezza al dolore dei famigliari e al più generale cordoglio – si legge – per l’improvvisa scomparsa. È stato un grande servitore dello Stato e dell’interesse pubblico, che nell’esercizio di tutte le alte funzioni cui è stato chiamato in Italia e in Europa ha lasciato l’impronta del suo eccezionale talento, della sua preziosa professionalità, della sua passione civile e della sua integrità personale. È stato tra coloro che hanno saputo tradurre l’ideale europeistico in analisi e progetti sapienti e concreti, dando in particolare un contributo incancellabile alla nascita dell’Euro e alla costruzione dell’Eurozona”. E’ quanto a scritto il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano nel messaggio inviato alla famiglia dell’ex ministro Tommaso Padoa-Schioppa, scomparso la scorsa notte, colto da infarto miocardico, all’età di 70 anni. Economista ed ex ministro dell’economia e delle Finanze del governo di centrosinistra di Romano Prodi, Padoa Schioppa è stato un uomo molto utile al Paese, ma anche un tecnico dal carattere fermo e dalle scelte eterodosse, tanto che nessuno lo rimpianse con la sua uscita di scena. Ma ora, da morto, il cordoglio è unanime e bipartisan, espresso dai Presidenti di Camera e Sanato, da Prodi e Veltroni e, ancora, da Alemanno, Passera e Pierferdinando Casini . Come ricostruiscono i giornali, nato da una famiglia dell’alta borghesia bellunese, economista dalla vocazione europeista, nei suoi due anni da ministro, tra 2006 e 2008, Padoa Schioppa aveva fatto scalpore per alcune dichiarazioni “forti”, a favore delle tasse e contro i giovani “bamboccioni”. Celebre e controversa anche la sua politica fiscale, criticata dal centrodestra per l’inasprimento della tassazione. Dopo l’incarico ministeriale, Padoa Schioppa era recentemente entrato nel Cda di Fiat Industrial, una delle due società nate dalla scissione del Lingotto. Su impegno di Prodi, era entrato nel board della Bce, la Banca centrale europea: conclusione di carriera significativa per un uomo e un politico che considerava come fiore all’occhiello l’impegno nel varo dell’euro, cui aveva partecipato facendo parte del comitato Delors per impostare le basi dell’unificazione monetaria. Prestigioso il suo ruolo in Bankitalia: nel giugno del 1984 diventa vicedirettore generale, con Carlo Azeglio Ciampi Governatore, Lamberto Dini direttore generale e Antonio Fazio vicedirettore generale. Nel 1993, quando Ciampi diventa premier, Padoa Schioppa viene “scavalcato” da Fazio e Desario. Nel 1997, emarginato, diventa presidente della Consob prima di fare ingresso, un anno dopo, nella neonata Bce. Infine l’impegno diretto in politica, con la chiamata di Prodi nel 2006 fino alla sfiducia, due anni dopo. Un suo collega inglese nella Commissione europea, inorridito già vent’anni fa di fronte al progetto che poi sarebbe diventato l’euro, per lui ebbe poche ma convinte parole: “Un italiano paurosamente intelligente”. Era vero terrore quello di Bernard Connolly, mentre Tommaso Padoa-Schioppa – con Jacques Delors, Carlo Azeglio Ciampi, Wim Duisenberg e pochissimi altri – lavorava al disegno della moneta unica che poi sarebbe confluito nel Trattato di Maastricht. Come scrive Federico Fubini sul Corriere, In genere chi studia molto da vicino i meccanismi della finanza privata ha una delle due reazioni: finisce per cadere vittima del fascino di Wall Street o la detesta con tutte le sue forze. Padoa-Schioppa era troppo “paurosamente intelligente”. per cadere in una di queste due trappole. Con Volcker discusse a lungo gli ingranaggi che avrebbero poi portato alla cosiddetta “Volcker rule” e alla riforma del sistema finanziario americano, ma senza astio né sindrome di Stoccolma. Egli in vita fu un uomo non facile, perché non è mai stato un uomo da facili ideologie. Era un uomo con un ideale – l’Europa – e di quello ha contribuito in modo decisivo a fare una realtà. In uno scritto di qualche anno fa, Tommaso Padoa‐Schioppa (2001) osservava che Altiero Spinelli, insieme a Luigi Einaudi e Mario Albertini1, è stato uno dei tre personaggi più importanti nella “elaborazione e la propagazione di idee” relative all’Europa nella storia italiana del Novecento. Padoa‐Schioppa faceva riferimento alla rivoluzionaria concezione della costruzione di una federazione europea come architettura costituzionale capace di risolvere in termini kantiani il problema della pace mondiale. Nel suo ultimo libro “La veduta corta”, pubblicato lo scorso anno, ha scritto che Ci sono almeno tre aspetti nella fenomenologia dell’attuale crisi che andrebbero seriamente presi in considerazione per avviare riforme future: l’ideologia fondamentalista del mercato, lo sguardo corto e il nazionalismo della politica economica. La prima, che appartiene al mondo delle idee, è l’errata tesi secondo cui i sistemi economici in genere, e quelli finanziari in particolare, sarebbero capaci di governarsi da soli e perciò non avrebbero bisogno di regole; quest’idea radicale, che può essere chiamata “fondamentalismo di mercato”, è sostenuta dall’ala estrema di quell’ampio movimento intellettuale che negli ultimi trent’anni ha dominato sia il pensiero sia la politica economica. La seconda determinante, che appartiene al campo del costume sociale e degli stati psicologici, è l’eccessivo accorciarsi degli orizzonti temporali nella condotta degli affari privati e pubblici; questo atteggiamento, che può essere definito di “veduta corta” mostra che non abbiamo ancora imparato a padroneggiare la rivoluzione che la tecnologia ha apportato alla scala del tempo. La terza determinante riguarda le istituzioni ed è il divario tra il perimetro dei mercati e quello dei poteri pubblici; l’ampliarsi del divario ha reso questi ultimi sempre meno efficaci. Leggendo questo e ripassando la sua vita, l’unico rammarico, è che la sua morte sia avvenuta nel momento peggiore per l’Euro e per l’Europa e chiedersi se la sua lezione servirà per costruirne una nuova e migliore. E tornando alla questione “bamboccioni”, vale la pena ancora ricordare le differenza tra quello che il centrodestra diceva quando Padoa Schioppa era ministro e quello che dice (o non dice) in risposta a Brunetta. Su Libero, per esempio, il deputato del Pdl Renato Farina che all’epoca era soltanto un giornalista, diceva: “Pirlacchione sarà allora il ministro e tutti i suoi colleghi. O se vi piace di più va bene ciulanda”. Per Giulio Tremonti, successore di Padoa Schioppa alla guida del Tesoro, “quel linguaggio dimostra quanto distante sia la sinistra dalla realtà” e ancora “i bamboccioni non stanno a casa, ma stanno al governo”. Chi usa parole come “bamboccioni” ha una “visione penitenziale e punitiva della vita che si combina con il paternalismo altezzoso”. Lo diceva Fabrizio Cicchitto, oggi capogruppo del Popolo della libertà alla Camera.Così ricordando commenti e fatti, misuriamo, ancora una volta, la distanza fra le persone.
Carlo Di Stanislao
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