Come previsto, in Bielorussia è stato rieletto al primo turno Alexander Lukashenko , con il 79,67% delle preferenze, mentre almeno quattro candidati alle elezioni presidenziali, Andrei Sannikov, Nikolai Statkevitch, Rygor Kastussev e Vitali Rymachevskii sono stati arrestati nella notte insieme ad altre decine di manifestanti che protestavano contro la rielezione di quello che è di fatto l’ultimo dittatore del mondo occidentale.Ieri, domenica, sino a 10.000 persone hanno sfilato nelle strade della capitale Minsk coperte di neve gridando “Fuori!”, “Lunga vita alla Bielorussia!” ed altri slogan contro Lukashenko in una delle più significative sfide al regime autoritario che dura da 16 anni. L’opposizione ha affermato che Lukashenko ha falsificato i risultati. L’Unione Europea ha seguito con attenzione, valutando quanto relazionarsi con il Paese di 10 milioni di abitanti alla sua estremità orientale, mentre sono sorte tensioni tra Lukashenko e la sua principale benefattrice, la Russia. In patria viene chiamato “Bat’ka”, Padre, ma cosa pensi davvero di lui il popolo bielorusso, in realtà, nessuno lo sa, perché sono ben pochi a permettersi di esprimere opinioni contrarie al regime, pena il rischio di pesanti ritorsioni. Qui i servizi segreti si chiamano ancora Kgb, a differenza di quanto è accaduto a Mosca il regime non ha avuto neppure il pudore di inventarsi una nuova sigla, quantomeno per rimuovere dalla memoria collettiva decenni di nefandezze dell’era sovietica. Del resto, Lukashenko è cresciuto a quella scuola e sembra andarne ancora orgoglioso. La Bielorussia continua a essere l’unico paese europeo escluso dal Consiglio d’Europa, l’organizzazione con sede a Strasburgo che dal 1949 vigila sul rispetto dei diritti umani nel continente. Nonostante la pressione occidentale, il regime continua a emettere condanne a morte (le ultime due esecuzioni sono di marzo). Le manifestazioni pubbliche sono vietate, i flebili tentativi di organizzare proteste pacifiche vengono stroncati dalla polizia con detenzioni arbitrarie e maltrattamenti. Ma Amnesty International, nel suo ultimo rapporto, va anche più in là nella denuncia: “Sono stati limitati i diritti alla libertà di associazione ed espressione. Le misure di contrasto alla violenza contro le donne sono state inadeguate. È proseguito il controllo dello Stato sugli organi di informazione”. Fra i pochi (oltre a Putin e Chavez) ad intrattenere rapporti con Lukashenko, Silvio Berlusconi. Tra i due, è stato un crescendo di passioni, fino all’ormai celebre “il popolo ti ama”, proferito dal Cavaliere un anno fa a Minsk, fra lo sbigottimento generale delle cancellerie occidentali. Così, le domande su Silvio Berluscobni si moltiplicano e ci si chiede non solo da dove sono arrivati i soldi che lo hanno fatto diventare l’immobiliarista più importante di Milano, perché si fida di più dell’ex capo del Kgb sovietico, icona del comunismo imperante seppur inquinato dalla perestrojka, che dei comunisti pallidi e disillusi che incontra nel parterre politico ed istituzionale nazionale e perché è meglio il grifagno Aleksandr Lukashenko, ultimo erede di Stalin in Bielorussia. Nell’ultima classifica della libertà di stampa diffusa da Reporters sans Frontières, La Bielorussia si colloca al 151° posto al mondo su 175. E il suo presidente-padrone è uno dei volti fissi che continuano a comparire nell’infamante lista dei “predatori” della libertà d’espressione stilata ogni anno da Rsf. Lo sviluppo di Internet è visto come una pericolosa minaccia dal regime, tanto che le autorità di Minsk hanno ammesso di ispirarsi al “modello cinese” nel tentativo di lottare contro “l’anarchia” a loro dire imperante sulla Rete. Dopo il conflitto d’agosto tra la Russia e la Georgia Bruxelles ha fatto capire a Minsk che sarebbe pronta ad iniziare la normalizzazione dei rapporti con la Bielorussia, se Alexander Lukashenko farà passi verso la liberalizzazione del suo regime autoritario. Dopodichè “Bat’ka” ha lasciato in carcere i detenuti politici, capeggiati dal ex-candidato presidenziale d’opposizione Alexander Kozulin e nell parlamento bielorusso, eletto nel settembre dello scorso anno, non è presente alcuna forza d’opposizione. Ma all’Unione Europea preme davvero realizzare il suo progetto denominato “Partenariato Orientale”, che, in sostanza, mira a sottrarre i suoi partecipanti dall’influenza della Russia e così strepita ma, anche ora, chiude un occhio. E, al’inizio di questo mese, c’erano tutti al Astana, vertice organizzato nella capitale del Kazakhstan, nata dal nulla per volere del suo padre/presidente Nursultan Nazarbayev. Dal cardinal Bertone per il Vaticano ad Aleksandr Lukashenko, definito l’ultimo dittatore d’Europa e disturbato mentale, ma corteggiato da Stati Uniti e Unione Europea da quando è ai ferri corti con la Russia di Vladimir Putin. E naturalmente alla riunione dell’Osce, l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa, è arrivato anche il segretario di Stato americano Hillary Clinton, che per la prima volta dopo la bufera WikiLeaks si trova accanto a tutti quei personaggi che i suoi diplomatici hanno sbeffeggiato e criticato. E dice, ricorderete, che Berlusconi è uno dei migliori amici degli Stati Uniti. Trionfo della “realpolitik”, che vede la Clinton flirtare con lo stesso Nazarbayev, da molti etichettato come un tiranno ma che garantisce la stabilità in un paese ricco di gas e petrolio fondamentale per gli assetti dell’Asia Centrale. Poi con il vice premier britannico Nick Clegg e con il ministro degli esteri russo Sergej Lavrov, al quale Clinton ha forse spiegato come venga vista esattamente in America la relazione tra Batman e Robin (ai quali sono stati paragonati Putin e il presidente Dmitrij Medvedev). Nessun incontro della Clinton, naturalmente, con Lukashenko, anche se il riavvicinamento è evidente, poiché la Bielorussia ha appena aderito (assieme all’Ucraina e al Kazakhstan) al progetto americano per l’eliminazione dei depositi di scorie di uranio arricchito.
Carlo Di Stanislao
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