“La politica non vuol dire disonestà. Impegnarsi in politica non vuol dire incamminarsi sulla via della illegalità”. E’ uno dei passaggi salienti dell’intervento del consigliere regionale del Pdl, Lanfranco Venturoni, ex assessore alla Sanità, tornato in Consiglio regionale dopo i domiciliari e l’obbligo di dimora nel comune di Teramo che lo hanno colpito dal 22 settembre scorso in seguito al coinvolgimento nell’inchiesta sui rifiuti della Procura di Pescara.
“Quello che è successo a me palesa, con l’evidenza dei fatti e dei metodi, come sia ormai divenuto automatico l’associare l’apertura di una inchiesta alla colpevolezza del politico coinvolto. Curioso come un semplice participio” ha chiarito Venutorni riferendosi all’affermazione ‘coinvolto’ – che dovrebbe lasciare intendere una assunzione di responsabilità, sia ormai divenuto, per chi fa politica, sinonimo di una condanna. Non è giusto. Così come non è giusto strasformare ogni rapporto tra la politica e l’imprenditoria in una sorgente di malaffare e di affarismo illecito o truffaldino, dimenticando il ruolo strategico e vitale che l’imprenditoria ha per il nostro Paese e, di pari passo, fraintendendo l’attività di chi, rivestito di una delega popolare, cerca di favorire lo sviluppo di quella imprenditoria”. Nel suo intervento Venturoni ha difeso a spada tratta il rapporto tra politica e imprenditoria: “In una democrazia sana, quale mi ostino a considerare la nostra, il politico non incontra l’imprenditore per consentirgli affari illeciti e lucrare tangenti o posti di lavoro che possano generare voti, al contrario il politico incontra l’imprenditore perché è da quella forza propulsiva di chi impegna risorse e capitali che nascono quelle spinte alla crescita che il politico, con la sua attività, deve raccogliere, organizzare e rendere il più possibile collettive per il benessere dei cittadini e del Paese.
“Da politico, da ex assessore, ma soprattutto da medico abruzzese voglio dire che non accetto nella maniera più assoluta, che si tenti, anche in ambienti che non possono non sapere, di far passare l’ultimo ‘buco’ da 560 milioni di euro, come un buco della sanità”. Lo ha detto il consigliere regionale Lanfranco Venutorni, ex assessore regionale, tornato tra i banchi di Palazzo dell’Emiciclo dopo i domiciliari e l’obbligo di dimora nel comune di Teramo che lo hanno colpito a causa del coinvolgimento nell’inchiesta sui rifiuti portata avanti dalla Procura di Pescara. Nel suo intervento Venturoni parla del buco di 560 milioni di euro emerso nelle passate settimane che tante polemiche ha provocato soprattutto tra il centrodestra e il centrosinistra. “Non accetto che si parli di buco perché l’aver stornato dal bilancio della sanità abruzzese quei 560 milioni – ha continuato Venturoni – per dirottarli altrove non è certo una colpa della Sanità. Al contrario la sanità abruzzese non è causa, ma vittima di quello storno e di quei 560 milioni finiti nelle casse di tutti gli altri assessorati. non è debitrice ma creditrice. Certo, questo non significa che la sanità non abbia le sue colpe, al contrario, ma non ha questa che invece è figlia di molti padri, di centrosinistra e centrodestra, e di quella scellerata scelta di ricondurre il bilancio ‘finalizzato’ della sanità nell’alveo del più grande bilancio generale”. Nel suo intervento Venturoni si è tolto anche qualche sassolino dalla scarpa: da una parte ha ringraziato coloro che non gli hanno fatto mai mancare “una vicinanza che non è mai stata di facciata o di convenienza, ma sempre figlia della certezza del mio agire”. In particolare ha ringraziato Totò Di Giandomenico per aver detto in una trasmissione televisiva di non crede alle accuse su Venturoni; poi ha attaccato il capogruppo del Pd, Camillo D’Alessandro: “mi dispiace per non aver avuto modo di profondere tutte le sue energie come aveva promesso pur di farmi perdere l’incarico assessorile, perché è stato anticipato dalla magistratura”.
“Vorrei fare una vera e propria confessione – ha proseguito venturoni -: c’é stato un tempo in cui ero convinto che la soluzione del problema rifiuti per l’Abruzzo, passasse attraverso la costruzione di un termovalorizzatore; vi confesso che ne sono convinto ancora”. Pur ripromettendosi in più di un passaggio di non voler parlare dell’inchiesta, Venturoni ha comunque affrontato spesso il tema legato alle indagini che lo hanno coinvolto. “Non entrerò nel merito dell’inchiesta perché non è questa la sede della mia difesa e anche perché, lasciatemelo dire, sono convintop di non dovermi difendere da nessuna accusa visto che ho sempre ispirato la mia vita di uomo e di politico, a quelle fondamenta di onestà che mi vengono dalla mia famgilia, dalla mia formazione, dall’assoluto rispetto della legalità. Sempre e comunque”. L’ex assessore ha sottolineato ancora che “del resto la stessa inchiesta che mi ha visto intercettato già in campagna elettorale e poi intercettato e addirittura filmato costantemente nel mio stesso studio di assessore, nessuna eccezione ha potuto sollevare sul mio agire in quel mare magnum della sanità regionale nel quale, e di questo mi vanto, ho cercato di navigare tenendo sempre ferma la barra dell’interesse pubblico”. “Ovviamente – ha concluso Venutorni – di essere diventato l’attore protagonista di una infinita serie di candid camera giudiziarie non potevo saperlo visto che fino al giorno dell’arresto non mi è mai stato notificato nessun avviso di garanzia”.
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