Il Natale e le feste di fine anno portano, di per se, un messaggio di pace e d’amore. Nell’Abruzzo martoriato dal terremoto assumono un significato particolare soprattutto per le famiglie delle vittime innocenti che non festeggeranno mai più queste toccanti e particolari ricorrenze più importante dell’anno. Tali giorni saranno per loro un giorno di dolore e di cordoglio poiché avvertiranno in modo ancor più forte, struggente, la mancanza dei propri cari strappati da un destino atroce alle loro famiglie alla sua terra, alla comunità che confidava in loro. Nonostante il conforto della fede che a volte non riesce a dare risposte convincenti. Qualsiasi società ha sempre rivolto ai giovani, le tanto care promesse dell’umanità, le proprie aspirazioni la fiducia che la classe dirigente del domani sappia operare bene al servizio della collettività. Con l’approssimarsi delle festività di Natale e fine anno quando in giro si respira una atmosfera di festa, con le poche vetrine addobbate e la recente neve comparsa sui nostri monti, in città e nei centri del cratere, si legge nei volti di tanta gente quella sofferenza interiore quella mancanza che non da pace e ci porta a pensare a coloro che non ci sono più in tanti momenti della giornata. Giusto alcuni giorni fa una mia carissima amica, aquilana di origine ma trasferita in altri sentieri della vita, mi diceva che tornando in città per la festa dell’Immacolata ha trovata la gente stressata ed intristita. Sarà per i tantissimi problemi che li attanagliano; sarà l’avvicinarsi delle festività che accende pensieri e sentimenti rivolti al passato ed alle persone che non ci sono più di cui si avverte, in modo forte, la tragica assenza. Ognuno di noi li percepisce in modo diverso. Chi li intravede nelle aurore mattutine, chi li raffigura in raggio di luce, chi li impersona nel candore di una rosa bianca. A chi sembra di riudirne la voce. Così scorreranno le prossime festività tra ricordo e un lancinante dolore che non da pace. E’ l’assordante rumore del silenzio e della mancanza di tante persone accomunate da un terribile, atroce, destino. Cosa dire, quali parole potremmo usare per rivolgerci alla famiglia Parisse ed agli altri parenti delle vittime colpiti da una simile tragedia? Forse un semplice ciao ed un fortissimo abbraccio che parlano più di tante parole. Auguriamoci che queste feste, le seconde dal terribile terremoto, prevalga la semplicità e la dolcezza che unitamente al suo carico di pace e d’amore, insito nell’evento della Natività, riesca a contagiare le tante persone sofferenti. Sono le tante famiglie che non hanno più una casa ed intravedono un futuro buio, quelli che non hanno più il posto di lavoro e vivono al limite della precarietà, coloro che hanno perso i propri cari e non riescono a farsene una ragione; specialmente le giovani promesse dell’umanità, i tanti poveri che girovagano per la città alla misera ricerca di un pezzo di pane e di un indumento per ripararsi dal freddo pungente di questi giorni. Auguriamoci che tutte le persone lontane, nella speranza di rientrare quanto prima nei loro luoghi, mantengano ben salde la speranza e fortifichino le loro radici poiché, è convincimento comune, esse servono a tenere ben ancorati al terreno gli alberi ed al proprio Paese i vari popoli della terra. In questo senso tutti siamo permeati da un sentimento di vicinanza, quel bisogno d’amore e di solidarietà che sono l’essenza stessa del Natale da poco trascorso. Questo è il Natale vero, quello che desideriamo e dobbiamo reclamare a piena voce;lontano dalle sfarzose luci, da quel clima consumistico senza umanità e senza calore che invade tante città ma ispirato alla sua reale e originaria valenza. Sebbene le luminarie siano necessarie a riportare nei centri distrutti quel minimo di vitalità tipica dei tempi precedenti. Tanto è vero che l’otto dicembre i tanti comitati cittadini si sono recati in centro ad addobbare alberi e transenne che delimitano la zona rossa ed è stata rinnovata l’antica tradizione dell’omaggio floreale all’Immacolata consistente nella deposizione di una corona di fiori rossi, alla statua della Madonna ubicata nel piazzale del convento di S. Chiara. Insieme a codeste iniziative sono arrivati in centro i sapori tradizionali ed i prodotti artigianali locali che si protrarranno fino al 31 dicembre. Poi ci sarà la tradizionale e caratteristica fiera della Befana. Insomma un modo e la necessità impellente di riappropriarsi della città. Camminando per gli antichi vicoli ricchi di storia e di tradizioni- quella parte riaperta al pubblico – si ha la sensazione che questo fine anno sia il confronto tra due epoche e due momenti di vita della gente: quelli pre e post terremoto. Il secondo ultimo dell’anno a l’Aquila e nei suoi tanti borghi, a venti mesi dal sisma, è ancora tra macerie e puntellamenti. Il dolore si respira nell’aria ma bisogna andare avanti nella ricostruzione; da Onna a Campotosto, da Tornimparte a Lucoli, ritrovando la forza, il coraggio e la speranza che nascono dal ricordo dei martiri del terremoto. Finchè costoro verranno confortati dalla memoria saranno vivi in noi. In loro nome ricostruiremo – come ricordavano il prof. Vittorini presidente della Fondazione sei aprile per la vita e la docente Patrizia Tocci leader del popolo delle carriole – all’insegna della sicurezza, della trasparenza e della legalità- la città ed i centri del cratere. Anche per le nuove generazioni E questo mi sembra l’augurio migliore che dobbiamo fare, a noi stessi e agli altri.
Nando Giammarini
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