Per Berlusconi si tratta di un “compromesso accettabile” e a Mattino 5, programma condotto da Belpietro su Canale 5, dichiara che la sentenza della Consulta non ha bocciato l’impianto della legge, aggiungendo di non tenere i processi a suo carico, definiti, ancora una volta “ridicoli”. In realtà per quanto lui ed alcuni dei suoi si sforzino di dire il contrario, quasi tutti i giornali giudicano la sentenza assolutamente sfavorevole al premier, che incassa, dal 2003, la terza sconfitta sul legittimo impedimento. E si comprendono le stizzite reazioni di molti del Pdl, con il coordinatore Sandro Bondi, che commenta: “scardinate le regole della democrazia”e la Gelmini che afferma: “Il premier è oggetto di una persecuzione”. Diverso il commento del difensore Niccolò Ghedini, che invece, ha sottolineato come “l’impianto della legge rimanga valido” ed affermato che : “La sentenza va rispettata”. E del ministro della giustizia Angelino Alfano, che si affianca all’avvocato del premier, sentenziando che, comunque, “la sentenza salva lo spirito della legge”. La Lega invece affida la sua reazione a un comunicato congiunto dei capigruppo alla Camera e al Senato: “La sentenza della Corte Costituzionale sul legittimo impedimento non bloccherà l’azione del governo. Il cammino delle riforme prosegue con i tempi e i modi già stabiliti e per la Lega non cambia nulla. Dalla Corte Costituzionale non c’era da aspettarsi altro: sapevamo benissimo che la maggioranza dei giudici della Corte ha un atteggiamento ostile nei confronti dei provvedimenti voluti da questo governo. Ma non c’è sentenza della magistratura che può bloccare l’azione dell’esecutivo”. Francesco Grignetti su La Stampa e Stefano Rodotà a “Otto e mezzo” su La7, commentano che, di fatto, il pronunciamento della consulta,pur lasciando in piedi una legge che fissa le nuove prerogative di un presidente del Consiglio (il quale può legittimamente opporre le attività istituzionali a chi lo vorrebbe presente in tribunale), ha cassato la speciale procedura che era stata inventata per il Cavaliere e che toglieva al giudice ogni parola. Questa procedura non esisterà più: il premier torna ad essere un normale cittadino che deve sottoporre al vaglio del tribunale l’esistenza di un legittimo impedimento a comparire in udienza. Bisognerà attendere qualche settimana per conoscere nel dettaglio le motivazioni della sentenza (molto articolata: parte interpretativa, parte additiva, parte di parziale incostituzionalità). Ma il comunicato della Corte è più che esplicito: il comma 4 dell’articolo 1, ovvero quello che congelava per sei mesi le udienze, è “illegittimo” in quanto viola la Costituzione nei principi di uguaglianza dei cittadini e perché non può essere sufficiente una legge ordinaria per tale prerogativa; stessa sorte per il comma 3 che toglieva al giudice il potere di valutare in concreto l’impedimento addotto; resta in vita il comma 1, ma solo se l’elenco degli impedimenti del presidente del Consiglio è riportato alla valutazione del giudice come accade a tutti i normali cittadini. “Sono molto contento” commenta il presidente Ugo De Siervo al Sole 24 Ore qualche ora dopo la comunicazione alla stampa del vedetto. “Anche perché – ha aggiungiunto – sulla decisione si è formata una larga maggioranza”. I boatos di palazzo della Consulta dicono che il verdetto finale è stato votato da 12 dei 15 giudici. Al no di Luigi Mazzella e Paolo Maria Napolitano (passati alle cronache per la famosa cena con Berlusconi, a casa del primo) si è aggiunto quello di Alfio Finocchiaro. Inoltre, nelle votazioni sui singoli punti, la maggioranza non è mai scesa sotto gli 11 voti. È possibile che nella motivazione della sentenza (affidata a Sabino Cassese) la Corte riconosca la legittimità, in astratto, di un trattamento speciale dell’attività di governo del premier e dei ministri, purché rispettoso dei principi dello stato di diritto. Ma poiché la legge 51 è andata ben oltre, la Corte, pur non avendola cancellata in toto, ne ha cambiato radicalmente la sostanza. Resta, come fatto centrale, che la Consulta, abbia fornito una interpretazione del comma 1, ritenendolo legittimo solo se, nell’ambito dell’elenco di attività indicate come impedimento per premier e ministri, il giudice possa valutare l’indifferibilità della concomitanza dell’impegno con l’udienza, nell’ottica di un ragionevole bilanciamento tra esigenze della giurisdizione, esercizio del diritto di difesa e tutela della funzione di governo, oltre che secondo un principio di leale collaborazione tra poteri. Per questo Massimo Franco, su il Corriere, scrive che la sentenza accelera enormemente il logoramento di Berlusconi e chiosa che tale responso si aggiunge al rosario delle difficoltà berlusconiane, con una tabella di marcia che prevede il puntello di un gruppo di “responsabili”, sebbene abbia contorni numerici da definire; sostegno a intermittenza del Polo della Nazione di Pier Ferdinando Casini e spinte continue da parte della Lega. La strategia di Berlusconi è quella di accreditarsi come garante della stabilità e antidoto al caos, nonostante la defezione di Gianfranco Fini e di concedere il minimo indispensabile a Casini. Ma si tratta di un’operazione sul filo del rasoio, un filo sempre più tagliente e più sottile.
Carlo Di Stanislao
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