L’opera di Gilberto Squizzato, non vuole essere un trattato teologico, ma una prodiga ed estremamente genuina e spontanea autoriflessione, proponendo argomentazioni e concetti densi, documentati, costruttivi e appassionati, che costituiscono un illuminante percorso attraverso la storia dell’esperienza cristiana, nella voce di un credente che non può tacere l’avventura, l’utopia, il sogno in cui è coinvolto, per far uscire il Nazareno storico dalle prigioni mitiche e dogmatiche in cui un certo potere ecclesiastico lo ha rinchiuso. Dalla postmodernità al nichilismo, l’Autore indaga il pensiero dello smarrimento che disorienta, dello sguardo indagatore, dello spaesamento imbarazzante, nella sostanziale incertezza della società della globalizzazione, nell’inedita e irreversibile condizione di precarietà che chiama attualmente ad un nuovo tipo di responsabilità, in una condizione esistenziale caratterizzata dalla metafora, dal paradigma, che legano il singolo al resto dell’umanità, nel mancato incontro tra il mondo postmoderno e il Vangelo di Gesù, in un’epoca che imprigiona il cambiamento costruttivo antidogmatico e mortifica il messaggio vitale della predicazione evangelica comunitaria, dal basso, dalla base sociale, in enciclici linguaggi stantii, morti e superati.
A chi pretende di ancorarli ad una Verità indiscutibile, imprescindibile e assoluta, i giovani rinfacciano la “fluidità”, l’instabilità del mondo e della vita, la volatilità dei sentimenti, la volubilità dell’essere, la precarietà dell’esistenza umana, in quanto figli del nichilismo contemporaneo, che concepiscono la propria vita come un momentaneo florilegio, una drammatica effervescenza esistenziale, come una passeggera ed istantanea efflorescenza sgorgata casualmente dal nulla e destinata al nulla. È il tempo del relativismo, che tanto spaventa gli uomini di Chiesa, l’epoca in cui nulla di assoluto è accettato come tale e solo nella provvisorietà di relazioni autenticamente significative e vitali si riscoprono i valori dell’uomo e della donna, la plausibilità dell’esistenza, la praticabilità della vicenda storica dell’intera umanità. L’incontro con il Vangelo è sempre un evento personale, individuale, intimo e spirituale, oltre gli obblighi sociali e gli ipocriti schemi ecclesiali, oltre l’ateismo devoto, perché esploriamo concetti che crediamo univoci e universali e invece siamo in balia della variazione, della diversità, della varianza, della complessità, del vacuo e dell’effimero, nel “felice disagio” della condizione umana, nel senso profondo del sentirci su questa terra disorientati, perplessi, stupiti del fatto di scoprirci esistere senza averlo chiesto e preteso, in un moto intimo, immediato e incontenibile di approvazione per la straordinaria esperienza del nostro essere vivi, esistenti, nel presente, nel qui ed ora.
Queste pagine invitano a non farci paralizzare dall’attualità della cronaca, ad andare oltre la notte della sterile devozione, oltre il muro dell’ipocrisia e dell’egoismo, oltre le barriere innalzate dal razzismo, dall’ etnocentrismo, dal particolarismo, dal localismo, non dimenticando che l’essenza del cristianesimo consiste nella pietà, nell’accoglienza, nel dialogo, nell’apertura alle diversità, nella capacità di comprendere l’altro e non di avvilirlo e di annientarlo, riducendolo ad un oggetto da assoggettare alla Verità assoluta, al Verbo. Tutto questo in un mondo in cui prevale una politica politicante e una connivente Chiesa militante, talvolta militare, che irrimediabilmente persegue moralismi e ipocrisie, imponendo omologazione a modelli dettati da un sistema di norme morali asfittiche, che si contrappongono, invece, ad una spiritualità, religiosità e sapienza individuale e personale, non in senso moralistico e impositivo, ma nel significato di una ricerca intima e interiore che elabori l’esigenza di orientare positivamente la propria esistenza, partendo da interrogativi, angosce, paure, idealità ed esperienze. L’Autore attraversa l’intero corpo delle dottrine, delle rappresentazioni e dei linguaggi cristiani, per sfidare le liturgie, i dogmatismi e gli impianti ecclesiastici tomistici che si presentano come imposizione dogmatica della morale e dei fondamenti religiosi, in contrapposizione alle spinte ideali, ai valori, ai messaggi veritieri ed originari del cristianesimo e dell’Evangelo dal basso.
Il “Miracolo superfluo” è il luogo dell’accoglienza, il punto di riferimento, e al contempo l’ambito del vuoto antropologico ed esistenziale che ci disorienta, ignoti, in realtà molteplici di incontri e confronti, dialoghi, rapporti e progetti tra persone che credono nella laicità e nella spiritualità, nella parità tra donne e uomini, tra simili e diversi, tra liberi e schiavi, alla luce delle fedi e delle religioni di ogni tempo e ogni spazio, intese come dialogo costante di ricerca interiore, relazionale, esistenziale, con la capacità di relativizzare le verità, oltre le ortodossie e le appartenenze, oltre i vincoli dogmatici, le pretese salvifiche e le imposizioni identitarie di tutte le chiese.
L’Autore propone tematiche sociali e culturali, in lotte civili di verità, giustizia e libertà, sul fronte dell’accoglienza solidale, del dibattito politico, contro ogni discriminazione, per la tutela dei diritti degli altri, degli oppressi, dei più deboli, degli emarginati, dei diversi, di tutti gli ultimi della terra, di cui tutti siamo parte nell’attualità del presente, nella prospettiva del futuro e nella memoria del passato, dove noi, donne e uomini, siamo in continua ricerca e in costante confronto comunitario.
Laura Tussi
Gilberto Squizzato, (1949) appassionato cultore di studi biblici, giornalista, autore e regista. Ha girato centinaia di inchieste e reportage per i TG RAI, ha inventato il genere del docufilm e del real-movie. Alla figura di Don Primo Mazzolari ha dedicato il TV movie “L’uomo dell’argine”. Ha ottenuto il premio internazionale Flaiano per la fiction e molti altri riconoscimenti in tutta Europa. Insegna al Master di giornalismo dell’Università Statale e al Centro Sperimentale di Cinematografia di Milano (…)
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