Sembra riuscito l’attacco informatico prodotto congiuntamente dagli USA e da Israele, che ha messo incruentamente fuori uso le centrifughe delle centrali nucleari iraniane, producendo un ritardo di parecchi mesi nel programma atomico di quel governo. Il virus, a due facce, ha da un lato prodotto una accelerazione delle centrifughe per arricchimento dell’uranio, dall’altro ingannato i sistemi di controllo. Secondo l’edizione domenicale del New York Times il virus informatico Stuxnet, che avrebbe sabotato centrifughe nucleari iraniane rallentando la capacità di Teheran di sviluppare armi atomiche, è stato prodotto negli USA e testato in Israele. Il quotidiano americano, parlando di uno sforzo congiunto di Israele e Usa per contrastare le ambizioni nucleari iraniane, precisa che i test del virus informatico sono stati condotti durante “gli ultimi due anni” nella super-protetta centrale nucleare israeliana di Dimona, nel deserto del Neghev. Le centrifughe iraniane sono state afflitte da blocchi da quando c’è stato un rapido incremento dei processi di arricchimento di uranio nel 2007 e nel 2008 e specialisti del settore della sicurezza hanno ipotizzato che il programma nucleare iraniano sia stato preso di mira in attacchi sostenuti da entità statali usando Stuxnet. Il virus in questione sarebbe, secondo il New York Times, la più sofisticata arma informata mai creata, nonché il più importante strumento in mano a Israele e Stati Uniti per ostacolare lo sviluppo nucleare iraniano. Nei mesi scorsi il presidente Ahmadinejad aveva ammesso di aver subito un attacco informatico ma aveva sostenuto che i problemi erano stati superati, ribadendo nuovamente che non è intenzione del regime costruire una bomba atomica. Meir Dagan, capo del Mossad prossimo alla pensione, ha dichiarato recentemente che il programma nucleare iraniano attraversa una fase di difficoltà e che il regime non sarà in grado di costruire una bomba atomica prima del 2015. Il segretario di stato americano, Hillary Clinton, non ha smentito le parole di Dagan, ma nessuno dei due ha fatto riferimento al ruolo del virus Stuxnet. Gli Stati Uniti e i suoi alleati hanno tre anni di tempo per fermare il programma nucleare iraniano. Ne e’ convinto il vice premier israeliano Moshe Ya’alon, che in un’intervista alla Radio di Israele ha dichiarato che l’Iran rimane la preoccupazione principale del suo governo. Ieri, poi, su Wikileaks, sono stati pubblicati documenti segreti in base ai quali si desume che l’Iran si e’ rivolto ad oltre 30 Paesi stranieri – tra cui l’Italia – per acquisire tecnologia, armamenti e materie prime necessari per costruire la bomba atomica. Secondo i dispacci dei diplomatici Usa, oltre 350 tra aziende e organizzazioni iraniane sono state coinvolte nella ricerca di tecnologia nucleare e missilistica tra il 2006 e il 2010. Due giorni fa, il sottosegretario al Tesoro Usa con delega al terrorismo e all’intelligence finanziaria, Stuart A. Levey, nel corso di un incontro con la stampa avvenuto all’ambasciata degli Stati Uniti a Roma, si e’ mostrato ottimista sull’efficacia delle sanzioni imposte dalla comunità internazionale a Teheran per il suo discusso programma nucleare. ”Non e’ troppo tardi. Crediamo che l’Iran possa fare ancora una scelta differente nel suo interesse”, ha detto il sottosegretario, che ha aggiunto: “’L’intera nostra politica si basa sull’assunto che qualcosa può ancora cambiare”, La politica iraniana di questo periodo consiste infatti nell’apertura verso i negoziati (come per esempio il prossimo ciclo di colloqui con il gruppo ‘5+1′ il 21 e il 22 gennaio a Istanbul) ma dall’altra parte nel fermo rifiuto a parlare del suo ”programma nucleare”, strategia che ha portato Teheran all’isolamento internazionale. Levey che e’ impegnato in un tour in Europa e in Israele durante il quale farà il punto sulla situazione delle sanzioni internazionali (imposte da Usa, Ue e Onu), illustrerà la Cisada (Comprehensive Iran Sanctions, Accountability and Divestment Act), la legislazione americana sulle sanzioni all’Iran che ha effetti anche per le istituzioni finanziarie internazionali.
Carlo Di Stanislao
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