Sono le due notizie del giorno in ambito internazionale. A Tirana, capitale dell’Albania, in una manifestazione avvenuta ieri, organizzata dell’opposizione e poi degenerata in violenti scontri con le forze dell’ordine, sono morte tre persone e ne sono state ferite altre 55. Tutto è iniziato con lanci di pietre, ombrelli e bastoni contro la residenza di Sali Berisha, premier di centro-destra rieletto il 28 giugno 2009, in elezioni che Edi Rama, leader del partito socialista e sindaco di Tirana, non ha mai riconosciuto. Nella serata di venerdì è arrivato anche un appello alla calma dagli alti rappresentanti dell’Unione Europea, che hanno espresso il loro “forte rammarico” per la perdita di vite umane, pur sottolineando “il diritto dei cittadini a manifestare”. Adesso alcuni vedono la vigilia di una rivoluzione stile Tunisi nel piccolo paese dei Balcani. Il capo della diplomazia europea Catherine Ashton e il commissario europeo incaricato dell’Allargamento, Stefan Fuele, oltre al segretario generale del Consiglio d’Europa, Thorbjorn Jagland, si sono detti molto preoccupati ed invitato tutte le forze politiche a promuovere un dialogo costruttivo, nel quadro delle istituzioni democratiche attuali in Albania. Quanto alle seconda notizia, nella funestata Haiti, in ginocchio dopo il terremoto e l’epidemia di colera, è rientrato, inaspettatamente, Jean-Claude “Baby Doc” Duvalier, l’ex presidente a vita, succeduto dopo la morte di questi, nel 1971, che governò in maniera autoritaria accentrando il potere nelle sue mani e costringendo più di 100 mila haitiani ad andarsene per sfuggire alle repressioni dei Tonton Macoutes, le forze paramilitari create da “Papà Doc” negli anni Cinquanta. Inoltre, affermano oggi gli haitiani al governo, continuando una tradizione inaugurata dal padre Francois, Jean-Claude avrebbe prelevato illegalmente dai forzieri del paese circa 300 milioni di dollari, accumulati soprattutto grazie ai proventi del commercio del tabacco e alle tasse sulle esportazioni del rum haitiano – il famoso Barbancourt. Questo fatto s’inserisce pienamente nella tradizione politica haitiana, in cui chi sta al potere cerca di sfruttare le istituzioni statali per accrescere il proprio potere personale a scapito degli altri gruppi nazionali. Pare che l’ex presidente abbia prosciugato in poco tempo la ricca dote dopo la separazione dalla moglie nel 1993. A ciò si aggiunga il congelamento di alcuni fondi che la famiglia Duvalier aveva depositato presso una banca svizzera. Una recente decisione inappellabile della Suprema corte federale svizzera ha stabilito che parte di quei fondi, circa 4 milioni di dollari, sarebbero dovuti andare alle famiglie delle vittime della dittatura. Ma questo, a partire dal 1° febbraio prossimo. L’ex dittatore di Haiti, rientrato tra le polemiche e la sorpresa nell’isola domenica scorsa dopo 25 anni di esilio in Francia, e’ stato rapidamente incriminato per peculato, e forse anche per violazioni dei diritti umani, arrestato nel suo albergo , ma rilasciato sei ore dopo, ore in cui è stato portato dai giudici per un lungo interrogatorio. Ora il giudice ha 30 giorni per proseguire l’inchiesta e decidere se le prove raccolte siano sufficienti per rinviare a giudizio Duvalier. Tutti i reati secondo l’accusa sarebbero stati commessi nel periodo della sua presidenza dal 1971 al 1986. Inoltre, secondo le informazioni che giungono dall’isola, sembra che già nella giornata di mercoledì scorso sarebbero state depositate in tribunale una serie di querele contro Baby Doc per crimini commessi contro l’umanità. Il ritorno a sorpresa dell’ex dittatore Duvalier non ha di certo giovato al clima politico ad Haiti. Nel momento in cui ha messo piede a terra ‘baby doc’ ha affermato: “Sono rientrato per aiutare il popolo haitiano”. Parole quasi da prendere con ironia, ma che di certo lasciano senza parole e fanno pensare ai tanti che in passato hanno lottato e sono morti per cacciare un uomo che si è reso responsabile di delitti come uccisioni, soprusi, angherie, oltre ad avere arrecato sofferenze indescrivibili al popolo haitiano a cui ha anche sottratto enormi ricchezze che finora gli hanno permesso un esilio dorato all’estero mentre ancora oggi un intero popolo muore di stenti e di fame. Il suo rientro ad Haiti, infatti, non è semplicemente un problema del passato avente delle controversie irrisolte, ma rischia di avere ripercussioni sugli scenari, già molto incerti, presenti e futuri dell’isola. Nel Paese caraibico è atteso il segretario generale dell’Osa, Josè Miguel Insulza, si spera in una sua mediazione.
Carlo Di Stanislao
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