“Violenza razzista e xenofoba e un discorso politico ostile rimangono un problema urgente”. Così si apre il capitolo dedicato all’Italia del “Rapporto 2011″ di Human Rights Watch (HRW), l’organizzazione statunitense che nei giorni scorsi ha presentato il suo rapporto annuale sulla situazione dei diritti umani nel mondo. Il rapporto denuncia tra l’altro le violenze subite dai lavoratori stagionali migranti lo scorso gennaio a Rosarno, la discriminazione e gli sfollamenti di Rom e Sinti, le deportazioni illegittime di presunti terroristi, i respingimenti di persone in cerca di asilo e la condanna in appello di 25 agenti di Polizia per la violenza alla Diaz durante il G8 di Genova senza però che questi siano stati rimossi dai loro incarichi.
La sezione del rapporto che riguarda l’Italia si apre ricordando le vicende del gennaio dello scorso anno a Rosarno, in Calabria, quando 11 migranti africani, lavoratori stagionali, sono rimasti gravemente feriti in sparatorie e in attacchi. A seguito delle violenze durate per tre giorni almeno 10 migranti altri, 10 agenti di polizia e 14 residenti locali hanno dovuto fare ricorso a cure mediche. E oltre mille migranti lasciato la città dopo le violenze, la maggior parte di loro evacuati dalle forze dell’ordine. In proposito il rapporto segnala che, durante la “Revisione periodica universale“ del febbraio scorso presso Consiglio dei Diritti Umani (HRC) “numerosi paesi hanno espresso preoccupazione per il razzismo e la xenofobia in Italia“.
Anche “Rom e Sinti hanno continuato a subire alti livelli di discriminazione, povertà e condizioni di vita deplorevoli in campi autorizzati e non autorizzati” – segnala il Rapporto. Rom dall’Est europeo, soprattutto dalla Romania, che vivono in insediamenti informali, hanno subito “sgomberi forzati” e “incentivi finanziari” per tornare nei loro paesi di origine. Anche a questo proposito il rapporto di HRW segnala come lo scorso ottobre Comitato europeo dei diritti sociali del Consiglio d’Europa ha pubblicato le conclusioni nelle quali “condanna l’Italia per la discriminazione contro i Rom in materia di alloggi e accesso alla giustizia, di assistenza economica e sociale”.
Inoltre “l’Italia ha continuato a deportare i sospetti di terrorismo in Tunisia, tra cui a maggio Mohamed Mannai, nonostante il rischio di maltrattamenti, i persistenti interventi della Corte Europea dei diritti umani (EctHR) e la condanna da parte del Consiglio d’Europa“. Una risoluzione lo scorso giugno del Comitato dei ministri ha ribadito l’obbligo Italia di osservare le decisioni della Corte europea – ricorda il Rapporto.
“Il Comitato europeo per la prevenzione della tortura – evidenzia ancora Human Rights Watch – ha affermato in un rapporto dello scorso aprile che l’Italia ha violato il divieto di non respingimento quando ha intercettato un’imbarcazione di migranti che cercavano di raggiungere l’Italia e li ha rispediti in Libia senza verificare se le persone che necessitavano di protezione internazionale. In materia di asilo, il rapporto di HRW ricorda che nel 2009 l’Italia non ha offerto asilo a circa una dozzina di eritrei che ha respinto in Libia, dove accanto a centinaia di altri eritrei hanno subito maltrattamenti, detenzione abusiva e la minaccia di deportazione in Eritrea.
Infine – segnala il rapporto – “lo scorso maggio Corte d’Appello di Genova, ribaltando la sentenza di primo grado, ha condannato 25 dei 29 agenti di Polizia per la violenza alla scuola Diaz durante il vertice G8 del 2001. Il ministro dell’Interno ha però affermato che non avrebbe sospeso gli ufficiali. I ricorsi contro la decisione sono tuttora pendenti”.
Sul piano internazionale,presentando il rapporto, il direttore di Human Rights Watch, Kenneth Roth, ha evidenziato “il fallimento dei paesi che dovrebbero essere i paladini dei diritti umani nel difendere le persone e le organizzazioni che lottano per i diritti umani e di resistere con fermezza contro i governi repressivi”.
Il calcolo razionale di taluni governi nelle violazioni dei diritti umani “può essere cambiato con la pressione internazionale. Esponendo e condannando gli abusi di questi governi, condizionando l’accesso agli aiuti militari o il sostegno alle loro economie, imponendo sanzioni mirate ai responsabili delle violazioni e anche invitando a perseguire e punire i diretti responsabili, la pressione internazionale pubblica innalza i costi delle violazioni dei diritti umani. Scoraggia ulteriormente l’oppressione segnalando che le violazioni non possono continuare a costo zero”. “Tutti i governi – aggiunge Roth – hanno il dovere di esercitare una tale pressione. L’impegno per i diritti umani richiede non solo loro rafforzamento nel proprio paese, ma anche di utilizzare gli strumenti disponibili e idonei per convincere altri governi a rispettarli nei loro paesi”.
L’errore fondamentale di molti paesi – tra cui quelli dell’Unioni europea e gli Stati Uniti – è quello di preferire un approccio più morbido come il “dialogo” privato e la “cooperazione” invece di esercitare una pressione pubblica per la tutela dei diritti umani. “Con frequenza inquietante, i governi sui quali si sarebbe potuto contare per generare tale pressione per la tutela dei diritti umani stanno accettando le razionalizzazioni e sotterfugi di governi repressivi e stanno rinunciando a esercitare tale pressione” – denuncia il direttore di Human Rights Watch.
Il problema riguarda anche l’Onu, che – secondo Roth – sbaglierebbe ad “affidarsi ai canali diplomatici e non alla condanna pubblica per convincere i regimi repressivi, come quello cinese, a porre fine alle violazioni dei diritti umani”. Secondo l’organizzazione, l’errore fondamentale del segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon sta nel sopravvalutare la sua capacità di persuasione attraverso contatti personali con persone come il presidente sudanese Omar el-Bashir, il capo della giunta birmana Than Shwe e il presidente dello Sri Lanka Mahinda Rajapaksa.
“L’Unione Europea sembra avere particolarmente aderito a questa idea – sottolinea Roth di HRW – tant’è che il suo Alto Rappresentante per gli Affari Esteri, Catherine Ashton, ha ripetutamente espresso la sua preferenza per ‘una diplomazia tranquilla’, a prescindere dalle circostanze”. Il direttore di HRW non manca comunque di criticare anche gli Stati Uniti per aver omesso di intervenire “con energia presso Cina, India e Indonesia quando ce n’era bisogno”.
[GB]-Unimondo
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