Trattamento inumano per il soldato Usa accusato di aver trasmesso informazioni a Wikileaks

Amnesty International ha sollecitato le autorità statunitensi ad alleviare le dure condizioni di detenzione preventiva cui è sottoposto Bradley Manning, il soldato accusato di aver trasmesso informazioni a Wikileaks. Manning, 23 anni, è stato arrestato nel maggio 2010 e accusato di “trasferimento di informazioni riservate” e “diffusione di informazioni sulla difesa nazionale a una fonte […]

Amnesty International ha sollecitato le autorità statunitensi ad alleviare le dure condizioni di detenzione preventiva cui è sottoposto Bradley Manning, il soldato accusato di aver trasmesso informazioni a Wikileaks.
Manning, 23 anni, è stato arrestato nel maggio 2010 e accusato di “trasferimento di informazioni riservate” e “diffusione di informazioni sulla difesa nazionale a una fonte non autorizzata”. Un mese prima, Wikileaks aveva diffuso immagini relative a un attacco Usa con elicotteri Apache, che aveva ucciso due dipendenti della Reuters in Iraq nel 2007.
Dal luglio 2010, Manning è detenuto in una cella d’isolamento 23 ore su 24, privato di cuscini, lenzuola ed effetti personali. Rischia fino a 52 anni di carcere.
La settimana scorsa, Amnesty International ha scritto al segretario alla Difesa Usa, Robert Gates, chiedendo una revisione delle restrizioni cui Manning è sottoposto. Secondo Susan Lee, direttrice del programma Americhe dell’organizzazione per i diritti umani, “le condizioni di detenzione di Manning sono inutilmente severe e si configurano come trattamento inumano. Manning non è stato condannato per alcun reato, ma le autorità militari statunitensi paiono usare ogni mezzo a loro disposizione per punirlo durante la detenzione. Questo contravviene al principio d’innocenza, che gli Usa sono tenuti a rispettare“.

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