Otto milioni di persone soffrono in Italia di depressione: ben cinque milioni e mezzo di queste sono donne. La depressione è dunque un problema soprattutto femminile, diffuso ampiamente in tutto l’occidente, dove sta assumendo i sintomi di una vera e propria emergenza. A livello mondiale, secondo dati Oms, sono 73 milioni le persone coinvolte. Grande problema, ma difficoltà nella cura, perché in Italia, nonostante esistano cure specifiche, solo il 40% delle persone è in trattamento ad un anno dall’insorgenza dei disturbi. A segnalare la questione è l’Associazione Idea Roma onlus (Istituto per la prevenzione e la ricerca della depressione e dell’ansia) che insieme al ministero delle Pari Opportunità organizza a Roma il convegno “Depressione: femminile, plurale”.
In particolare, alla Commissione Salute del Dipartimento Pari Opportunità risulta che i medici di medicina generale dichiarano che nel 50% dei casi hanno difficoltà a fare accettare ai propri pazienti la diagnosi di depressione e la relativa terapia. Ugualmente, nel 70% dei casi i pazienti non vogliono accettare il consulto con uno psichiatra: ancora forte, in questo senso, è la paura dello “stigma sociale”. “Il depresso è visto come una persona debole, un malato di mente, un matto”, spiega Antonio Tundo, dell’istituto di psicopatologia di Roma. Fra i fattori di rischio, ve ne sono di biologici, di ormonali, ma soprattutto di psicologici e di sociali: importante soprattutto la difficoltà di conciliazione fra famiglia e lavoro, e il fatto che il ruolo di cura degli altri sia svolto ancora in moltissime famiglie esclusivamente dalle donne.
La differente distribuzione del fenomeno ? notano dall’associazione Idea Roma – tra i due sessi inizia con l’adolescenza e si protrae per tutta la vita con picchi più elevati nella gravidanza, nel post-partum e nel periodo immediatamente precedente la menopausa. Il maggiore carico di depressione nelle donne è dovuto a un insieme di fattori biologici (influenza degli ormoni sul funzionamento cerebrale), psicologici (esposizione ad eventi traumatici, sensibiità allo stress) e sociali (violenza domestica e sessuale, disparità di reddito, responsabilità della cura degli altri) che hanno un peso diverso di caso in caso. Le differenze di genere inoltre non si limitano alla distribuzione, ma comprendono anche una diversa modalità di manifestarsi del disturbo: prevalgono nelle donne le forme “atipiche”, con umore reattivo e aumento del sonno e dell’appetito, e l’associazione con disturbi d’ansia e della condotta alimentare. Fra le risposte migliori, si segnala ? almeno durante l’età fertile – quella degli antidepressivi che agiscono sulla ricaptazione della serotonina.
Nel corso del seminario viene sottolineato anche che la vastità e la gravità del fenomeno “depressione femminile” reclamano con urgenza un’azione volta a sensibilizzare l’opinione pubblica sul problema, a superare i pregiudizi verso le cure, a migliorare le capacità dei medici nel riconoscere e trattare questa patologia personalizzando l’intervento in base ai fattori biologici, psicologici e sociali che, di volta in volta, entrano in gioco. In questo modo ? viene sottolineato – si migliora la salute delle donne e, allo stesso tempo, si promuove il benessere sociale. Il tutto con sullo sfondo la considerazione che le donne svolgono oggi un ruolo insostituibile, oltre che in ambito riproduttivo, anche sul piano economico e del funzionamento della famiglia e della società. Illustrate le nuove prospettive e la legge 170 del 2010.
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