I sudditi di Sua Maestà la Regina Elisabetta quel titolo in uno Slam che manca dal lontanissimo 1936, quando il mitico Fred Perry centrò l’ultimo dei suoi tre trionfi a Wimbledon, il torneo di casa, dovranno continuare a sognarlo. Almeno per il momento. Andy Murray è letteralmente naufragato di fronte a Novak Djokovic: la finale degli Australian Open ha parlato solo serbo. Come sugli spalti si sentivano solo gli incitamenti della folta rappresentanza di tifosi di “Nole”, così in campo Djokovic ha surclassato il coetaneo e rivale al quale è legato anche da una solida amicizia (prima di arrivare a Melbourne di sono allenati insieme a Perth). Gli sono bastati tre set per mettere le mani sul titolo: 64 62 63 in due ore e 39 minuti.
Per il ventitreenne di Belgrado, alla quarta finale in tornei dello Slam, è il secondo successo dopo quello conquistato sempre qui a Melbourne nel 2008. Per Murray è invece la terza finale persa (nelle prime due si era arreso sempre a Federer), la seconda di fila agli Australian Open (l’altra nel 2008 agli US Open).
C’è stato grande equilibrio solo fino al 4-4 del primo set: poi la fuga di “Nole”, capace di mettere in cassaforte sette game consecutivi: 64 5-0. Letteralmente scomparso dal campo Murray: come se il vento caldo che fin dal mattino ha spazzato Melbourne (la temperatura ha superato i 40 gradi), città capace di passare in modo repentino dalle correnti fredde dell’oceano a quelle caldissime del deserto, gli avesse in qualche modo sottratto energie. Sotto 5-0 lo scozzese di Dunblane una piccola reazione l’ha avuta, in verità: ha finalmente strappato il servizio all’avversario, che ha un attimo rifiatato, ma poi sotto 5-2 lo ha nuovamente ceduto su un diritto lungo linea del serbo che ha continuato imperterrito a spostarlo da un lato all’altro del campo. Due set a zero: strada tutta in discesa per Novak, un muro da scalare per il confuso Andy. Non è cambiato nulla nel terzo set, anche se proprio in apertura lo scozzese ha nuovamente strappato il servizio al rivale. L’illusione di poter quanto meno allungare la sfida è durata il tempo di un cambio di campo. Nel gioco seguente Djokovic ha subito rimesso le cose a posto, aiutato, va detto, da Murray, protagonista di un paio di errori grossolani, tra cui uno smash fuori di metri. Insomma sempre Novak a comandare gli scambi con Murray rassegnato. Oggi anche l’Occhio di falco gli era contro: in pratica tutte le volte che Novak ha chiesto il replay, la “macchinetta” gli ha dato ragione. Nel terzo set, non esaltante per la qualità del tennis e caratterizzato da ben cinque break, quello decisivo a favore del serbo, è arrivato all’ottavo gioco su un diritto in rete del britannico: quindi 63 finale sull’ennesimo diritto in rete di Murray (alla fine sono stati 46 i suoi errori gratuiti). Gioco, partita e incontro con Novak che si è tolto addirittura le scarpe e le ha lanciate verso il pubblico insieme all’asciugamano. Il primo Slam del 2011 è targato Djokovic.
FIT
Foto: Tonelli
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