Giovani e stranieri, Italia Prandelli sa di Inter

Nel giorno in cui il calcio italiano premia in ‘contumacia’ José Mourinho, torna di moda l’Inter anche in azzurro. Il 2011 di Cesare Prandelli parte con un test suggestivo, Germania-Italia nello stadio di Dortmund, ma oltre al ritorno di Buffon, al perdono concesso a Cassano, alle novità Giovinco-Matri, la vera rivoluzione del commissario tecnico è […]

Nel giorno in cui il calcio italiano premia in ‘contumacia’ José Mourinho, torna di moda l’Inter anche in azzurro. Il 2011 di Cesare Prandelli parte con un test suggestivo, Germania-Italia nello stadio di Dortmund, ma oltre al ritorno di Buffon, al perdono concesso a Cassano, alle novità Giovinco-Matri, la vera rivoluzione del commissario tecnico è nascosta nel disgelo con la squadra e la società di Moratti. “Bravo il presidente a pescare a gennaio due giovani italiani, se una squadra così forte punta sui nostri talenti è un messaggio forte anche per la nazionale”, dice Prandelli parlando di Pazzini e Ranocchia, due dei tre nerazzurri chiamati per l’amichevole di mercoledì. Il terzo è Thiago Motta, segno evidente che il ct insiste sulla via dell’Italia multietnica. “Vado oltre le polemiche di Klagenfurt – dice ricordando lo striscione contro la nazionale ‘arcobaleno’ esposto a novembre dagli ultrà – perché fanno male al nostro calcio e a tutto il Paese. E invece il calcio unisce. Trovo straordinario che giocatori nati in altri paesi vogliano vestire la maglia azzurra”. Risultato, il nuovo azzurro assomiglia un po’ all’Inter, almeno nell’approccio: giovani da far crescere e certezze straniere. Nel secondo caso l’analogia con il nerazzurro è però solo casuale, c’entra piuttosto un po’ la convinzione e molto la necessità.”Seguivo Motta da tempo, è giocatore di qualità e personalità”, ammette con realismo il tecnico. La distanza con gli anni di Lippi non si misura però solo con il colpo di spugna sulle distanze nazionale-Inter; cinque anni fa, oggettivamente, Germania-Italia a Dortmund era altra storia. “Vi seguirò dalla tv….”, l’unica battuta del ct campione del mondo, di passaggio a Coverciano per la panchina d’oro. L’equilibrio precario della nazionale di oggi, d’altra parte, trova risonanza nella coincidenza di una copertura tv frutto di un contratto provvisorio: l’accordo con la Rai è scaduto lo scorso 31 dicembre, la situazione è in stallo. Di simile rispetto a quel 2006 ci sarà probabilmente la condizione ambientale: uno stadio tutto tedesco, con rarissime macchie d’azzurro, ma stavolta per la disillusione della comunità italiana locale. E dire che da oggi il Landhaus Milser hotel di Duisburg, ritiro e luogo di mitici racconti Mondiali a poche decine di chilometri da Dortmund, ospita gli azzurrini dell’Under 20 di Francesco Rocca. Come dire, anche in quel luogo simbolico si può solo ricominciare dalle speranze. “Il calcio italiano sa sempre trovare le risorse nei momenti difficili – fa però notare Prandelli – Siamo in fase di risalita, lo vedo da come certe squadre si ingegnano. Penso al ritorno del trequartista”. Il pensiero è a Giovinco, “piccolo di statura ma gigante in campo”. ‘Formica atomica’ è soprannome esplicito, per un talentino mai così esplosivo da cambiare le sorti azzurre. Così anche la chiamata del fantasista Parma – la prima in nazionale maggiore – è un segnale, più che un’indicazione per il futuro. “Lo devono capire tutti – spiega il ct – nel calcio non conta la fisicità, ma la velocità di pensiero. Questa è la strada nuova che dobbiamo percorrere: non è detto sia migliore, ma è l’unica”. A confortare Prandelli nella sua ricerca c’é il ritorno di Buffon (“felicissimo di ritrovarlo: oltre alla classe porterà l’entusiasmo e il carisma che ci servono”); quello di Cassano non fornisce invece le necessarie garanzie tecniche, perché come dice Allegri ‘Fantantonio’ non è al massimo. “Quando è entrato nel Milan ha sempre dato il suo contributo, ora paga il lavoro fatto per recuperare, ma per l’importanza che riveste nel nostro progetto era doveroso chiamarlo anche se non al cento per cento”. Quanto all’ultima follia, “non c’é bisogno di parlare ad Antonio, perché ha già detto tutto lui: ha bisogno di comportamenti corretti e costanti, sa che questa è la sua ultima possibilità”, l’avvertimento di Prandelli. Il quale avrà anche egli un esame non da poco, mercoledì. “Germania-Italia, quella del ’70, non e’ solo la partita del secolo. E’ anche la sfida delle mie emozioni – ricorda il ct – Anche più dell’82 e del 2006: mi svegliarono di notte per vederla”. Succede che i sogni diventino una realtà, e a volte anche degli avversari.

Francesco Grant

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