Violenza e tumulti anche in Asia, mentre un’ondata di rivolte infuocano da settimane il Maghreb. Sono ripresi da due giorni i combattimenti per un antico tempio dell’XI secolo, dedicato al dio Shiva. E’ arroccato a 525 metri su uno sperone roccioso delle montagne Dangrek, al confine tra Thailandia e Cambogia. Per i thai è il Phra Viharn, per i khmer il Preah Vihear. Gli ultimi scontri, descritti dai cambogiani come “un’invasione”, sono i più violenti degli ultimi anni. Non è chiaro, al momento, il bilancio delle vittime. Il governo cambogiano ha parlato di tre connazionali, compresi due soldati, morti. I media thailandesi, citando fonti militari, hanno parlato invece di 64 cambogiani morti. L’esercito thailandese, invece, ha detto che un soldato e un abitante di un villaggio sono morti tra venerdì e sabato, mentre 20 soldati sarebbero rimasti feriti. Secondo Reuters, gli scontri hanno già provocato la morte di cinque persone tra venerdì e sabato, il bilancio più sanguinoso dal 2008, quando la richiesta della Cambogia di inserire il tempio tra i patrimoni dell’umanità aveva scatenato sporadici scontri a fuoco. Riaperto nel 1998, per qualche tempo il tempio divenne un’attrazione storico-turistica condivisa, tanto che i governi thai e cambogiano presentarono un’istanza comune affinché fosse dichiarato patrimonio culturale dell’umanità. Quando accadde, però, nel luglio del 2008, il tempio riapparve come un simbolo ancor più forte dell’orgoglio nazionale di entrambi i paesi e pretesto per nuove rivendicazioni territoriali. A riaccendere gli animi, infine, ci hanno pensato le “camicie gialle” thai della People’s Alliance for Democracy (PAD), in particolare i membri del Thai Patriots Network (TPN), e della setta buddhista Santi Asoke, che nelle ultime settimane sono scesi in campo per sollecitare il premier Abhisit a una maggior determinazione nella contesa del tempio. La scintilla che ha fatto detonare la crisi è stato l’arresto di sette ultranazionalisti thai in territorio cambogiano. Il primo ministro cambogiano Hun Sen ha invitato il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ad intervenire, accusando la Thailandia di “ripetuti atti di aggressione” che hanno provocato la morte di cittadini cambogiani e il crollo di una parte del tempio. Il segretario generale dell’Onu Ban ki-moon ha detto in un comunicato di essere “profondamente preoccupato” e ha esortato entrambe le parti a cessare il fuoco e a trovare “una soluzione duratura” al conflitto, riprendendo un comunicato già emesso dalla Casa Bianca durante il weekend. In Cambogia, dopo la cacciata dal potere degli Khmer Rossi, il 10 gennaio 1979, il Vietnam mise Heng Samrin a capo della neonata Repubblica Popolare di Kampuchea, definita suo stato satellite. L’occupazione vietnamita del paese durò fino al settembre 1989, ma essa trovò resistenza; le truppe del regime di Heng Samrin furono afflitte da una vasta diserzione e dal morale basso; il resto delle truppe Khmer Rossi elusero l’esercito vietnamita e si rifugiarono nelle regioni di confine. Il ritiro delle truppe vietnamite iniziò nel 1986 e finì nel settembre 1989. Le successive trattative di pace stabilirono il ritiro completo delle truppe vietnamite dal suolo cambogiano, l’intervento delle Nazioni Unite a visionare il cessate il fuoco e la presa di contromisure verso i Khmer Rossi. Sotto l’egida dell’ONU si svolsero nel marzo 1993 le elezioni e parteciparono al voto più di 4 milioni di persone (ovvero più del 90% degli aventi diritto di voto) nonostante le forze degli Khmer Rossi cercassero di impedire alla popolazione di andare a votare.Il 24 settembre 1993 fu promulgata la nuova costituzione che faceva della Cambogia una monarchia costituzionale a struttura democratica multipartito e di Norodom Sihanouk re.Nel 1997 gran parte dei guerriglieri Khmer Rossi accettarono l’amnistia e deposero le armi, ponendo fine a trent’anni di guerra civile. Nel 2004 Norodom Sihanouk ha abdicato per problemi di salute. Il Concilio reale del trono il 14 ottobre di quell’anno, ha nominato nuovo re all’unanimità Norodom Sihamoni, uno dei figli di Sihanouk, che è stato incoronato il 29 ottobre di quell’anno. Nota anche come Siam, che è stato il nome ufficiale della nazione fino al 24 giugno 1939, in Thailandia, che è il 49º stato del mondo per estensione, con dimensioni pari alla Spagna, nel dicembre 2007 furono indette democratiche elezioni, in cui vinse il partito dell’attuale Primo Ministro Somchai Wongsawat. Sulle elezioni si allungarono ombre lunghe di brogli, tant’è che nel novembre dell’anno successivo gli oppositori al Governo occupano gli aeroporti per protesta, causando molti disagi anche a cittadini stranieri. A seguito di ciò, dopo più accurate indagini, il 2 dicembre 2008 la Corte Costituzionale appurati i brogli, sciolse il partito di maggioranza, bandendo anche Somchai Wongsawat per cinque anni dalla vita politica. Dal 2010 la Thailandia attraversa una grave crisi politica e sociale: gli oppositori del governo reclamano maggiori diritti, libertà e giustizia sociale, ma tutte le manifestazioni vengono brutalmente represse dai militari. Come già accennato, il 29 luglio scorso, Il 29 luglio scorso, la Commissione sul patrimonio dell’umanità dell’Unesco, riunita in Brasile, rinviò a quest’anno l’approvazione del piano del governo cambogiano per la gestione del tempio indù di Phra Viharn. Il documento, presentato da Phnom Penh, composto di sole quattro pagine, fu ritenuto insufficiente dalla commissione, poiché scarno e presentato all’Unesco appena sei settimane prima dell’incontro, senza peraltro esseserestato visionato nel dettaglio dalla parte thailandese. Il tempio indù si trova al confine tra la Cambogia e la Thailandia ed è conteso dai due Stati. Nel 1962 la Corte internazionale lo ha attribuito alla Cambogia suscitando le proteste di Bangkok e dando luogo a scontri armati tra i due Paesi. La zona dove sorge il tempio è considerata territorio cambogiano, ma è circondata da scoscesi dirupi coperti di giungla che la Thailandia rivendica come suoi. Per la morfologia del territorio, il sito non può essere raggiunto passando dalla Cambogia. Dopo anni di trattative, la disputa si è riaccesa nel 2008, quando l’Unesco ha deciso di dichiarare il tempio patrimonio mondiale dell’umanità, imponendo alla Thailandia di consentirne l’accesso attraverso i suoi confini. Lo scorso anno, per evitare scontri, il vice-primo ministro Suthep Thaugsuban chiese ed ottene dal People Alliance for Democracy “di non riunirsi al confine per non aumentare la tensione politica”, che ora, come si vede, ha prodotto il superamento del punto di attrito. E’ abbastanza cusioso ricordare che Shiva, terza persona della Trimurti, cui è dedicato il tempio, è visto sia come creatore che come distruttore, il cui attributo principale è detto Hara, che letteralmente significa “Colui che porta via”, “Colui che distrugge”, simbolo il cui significato è da ricondursi, nelle origini dell’Induismo, negli inni vedici più antichi, era assimilato a Rudra, dipinto come una deità terrifica e potente, a cui venivano offerti numerosi tipi di Yajña (riti sacrificali). Ma poiché Shiva, nei riti meno antichi, è anche è il Signore di tutti gli yogi, l’asceta perfetto, simbolo del dominio sui sensi e sulla mente, eternamente immerso nella beatitudine (Ananda) e nel Samadhi, signore dell’elevazione che dona ai devoti penitenti la forza necessaria per perseverare nella propria disciplina spirituale (sadhana), speriamo che sia questo aspetto a prevalere.
Carlo Di Stanislao
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