Incolmabili divari ed affermazioni interdicenti

Divisi su tutto, anche sulle commemorazioni. Gli ex An celebrano, in due distinti eventi,  Pinuccio Tatarella, a 12 anni dalla suo scomparsa. Da una parte Gianfranco Fini e il Fli, protagonisti di una domanda di superamento del berlusconismo attraverso il progetto di Terzo Polo insieme a Casini e Rutelli e dall’altra  buona parte degli ex […]

Divisi su tutto, anche sulle commemorazioni. Gli ex An celebrano, in due distinti eventi,  Pinuccio Tatarella, a 12 anni dalla suo scomparsa. Da una parte Gianfranco Fini e il Fli, protagonisti di una domanda di superamento del berlusconismo attraverso il progetto di Terzo Polo insieme a Casini e Rutelli e dall’altra  buona parte degli ex colonnelli, con in testa Ignazio La Russa e Maurizio Gasparri,  rimasti fedeli all’alleanza nel Popolo della libertà. Fini ed i suoi hanno ricordato la figura di Tatarella, uno dei padri del progetto che traghettò il Movimento sociale verso Alleanza nazionale, ponendo le premesse per l’entrata della Destra nell’area di governo del Paese insieme a Berlusconi, di cui fu vicepremier nella prima legislatura, a Roma; i secondi a Bari, con parole al vetriolo verso Fini ed i suoi, che sarebbero stati stigmatizzati, secondo La Russa, ed aspramente, anche da Tatarella, perchè (sono parole del ministro della difesa): “solo dividendo il centrodestra si può far vincere in Italia la sinistra”. Non è d’accordo Fini che, ricordando con Violante e Rutelli il politico pugliese, ha  sottolineando il peso da lui sempre attribuito a ideali e valori e parlando dell’attuale maggioranza ha  affermato: “Il problema del Pdl è l’assenza di una identità culturale e politica”. Una realtà su cui peserebbe innanzitutto il ruolo di Berlusconi con il quale, ha aggiunto Fini “non c’è possibilità di riforme condivise e obiettivi comuni” e questo anche per la sua “concezione leaderistica del partito e delle istituzioni. Quindi non stupisce lo scarso ruolo che riconosce al Parlamento che per lui o è un luogo di ratifica delle sue leggi o – ha aggiunto Fini – è un impiccio che tende a imbrigliare o controllare”. Il presidente della Camera ha quindi ricordato: “Berlusconi anni fa inventò l’espressione ‘teatrino della politica’ ma oggi – ha concluso Fini – in questo teatrino lui è regista e primo attore”. In risposta da Bari, Maurizio Gasparri, capogruppo del Pdl al Senato, dice,  con un indiretto riferimento all’attualità politica relativa alla divisione maturata all’interno del centrodestra e sfociata nella nascita di Futuro e libertà, che  molto diverso era  l’approccio strategico di Tatarella nell’analisi politica: “Guardava sempre alla sostanza dei processi politici e ci esortava a non seguire le polemiche del giorno, della cronaca ma a sostenere i percorsi della storia e quindi modernizzare la destra, fare il Polo, costruire il bipolarismo. Ci ha sempre spinto – ha concluso – a guardare obiettivi strategici e a non disperdere energie”. Come si vede incolmabili divari, con i defunti tirati da ogni parte. Marcello Veneziani da Il Giornale, ricorda che per anni Fini fu sotto tutela di Tatarella, il vero stratega e il palombaro che riuscì, come i cozzari baresi, a staccare Fini e le altre cozze missine dai fondali della nostalgia neofascista. Fu Pinuccio che con pochi altri portò la destra nel gioco delle alleanze e nel centrodestra e conclude che, ci fosse stato lui, avrebbe impedito la separazione da Berlusconi.  Sarà anche così, ma, come ricorda su Il Foglio un altro di destra come Paolo Messa, Tatarella oltre ad essere considerato “il ministro dell’Armonia” per la sua capacità di dialogare con l’opposizione e nella maggioranza, non sempre era accomodante e mansueto. La sua passione politica lo portava spesso ad essere un polemista straordinario ed un altrettanto straordinario animatore di iniziative editoriali e poco si sarebbe riconosciuto nel dirigismo dittatoriale avvitato su se stesso e senza prospettive del berlusconismo di oggi. E, certamente, non sarebbe stato dalla parte di Berlusconi, nel caso definito per semplicità Ruby-gate e non per sindacare sulla vita privata del premier, ma per mostrare sdegno ed amarezza nei confronti di chi apre la strada di carriere politiche a personaggi dal non nobile cursus honoris. Come ha detto ieri sera a “Otto e Mezzo” Italo Bocchino, rispondendo a Laura Ravetto del Pdl, sapere che solo perchè “tenutaria delle case dell’Olgietta” la Minetti è oggi consigliera regionale, offende chi la politica la fa e la prende sul serio. A proposito poi di quanto dichiarato nella stessa trasmissione dalla sottosegretaria Ravetto, sono stati in molti, fra i cattolici, a protestare per mail a La7, circa il tenore morale ed etico delle risposte, da più ascoltatori definite  segno del decadimento della Nazione Italia, che  non dipende né da richieste dall’Europa, né dalla globalizzazione, né da stravaganti ed estroverse esigenze finanziarie ma, solo da una classe politica improvvisata. Recentissimamente la Camera, con 315 voti,  ha detto che Berlusconi, convinto che la ragazzina marocchina fosse la nipote di Mubarak, ha chiesto al Questore di Milano di avere un occhio di riguardo, quindi non è concussione o se lo è, è competente il tribunale speciale dei ministri, poiché il reato è stato commesso nell’interesse nazionale. Inoltre, la norma “finto-federalista”, bocciata da autorevole commissione parlamentare,  è stata comunque approvata dal governo con un’azione che ha messo in imbarazzo il Capo dello Stato. Sono questi i fatti gravi su cui chiedere l’andata a casa di un governo amorale e che crede sia tutto lecito quando si è al comando; un governo che ignora l’urlo dei giovani e dei disoccupati e delle piccole e medie imprese costrette a chiudere i battenti. Ieri Berlusconi, rientrato a Roma dopo giorni di assenza, preso e consumato dalla sue beghe, ha ricevuto Tremonti e Romano, per il varo di quel piano di rilancio industriale che, dal 2008, attende in fondo alla cartella degli impegni di governo. Sempre ieri, il consiglio dei ministri,  ha dato via libera al disegno di legge costituzionale recante modifiche agli articoli 41, 97 e 118, comma quarto, della Carta sulla libertà di impresa e ha approvato il decreto legislativo sugli incentivi con un testo, secondo fonti governative riferite da La Repubblica, che ha subito “lievi modifiche, rispetto a quello entrato nella riunione ed è stato approvato ”salvo intese”:  termine ‘tecnico’ con il quale si indica che lo stesso ha ricevuto il sostegno del governo, ma è suscettibile di successive modifiche. Sicchè, di nuovo e nonostante le solite e trionfalistiche dichiarazioni di Berlusconi ed i suoi (nella fattispecie Tremonti, Fitto, Romani, Mattioli), è da condividere la preoccupazione dell’IDV che lo ha definito “solo fumo”, con  il vice capogruppo alla Camera, Antonio Borghesi che chiosa: “è evidente che il premier sta solo tentando, per l’ennesima volta, di convincere i cittadini del fatto che il governo lavora. È altrettanto chiaro che, dopo questi due anni durante i quali il governo non ha fatto nulla per le imprese e per la crescita, si tratta solo di parole al vento, fumo che sicuramente non offuscherà la vista degli italiani, stanchi ormai di essere presi in giro”. Ancora più duro il portavoce del partito Leoluca Orlando (che oggi audirà, con gli altri della specifica commissione, Chiodi e la Baraldi su sette casi di malasinità nel nostro Abruzzo), che dice: “Sviluppo? C’è solo per la corruzione. Il governo prende in giro gli italiani perchè anche nell’Italia del boom economico c’era l’articolo 41 della Costituzione che oggi il governo dice di voler cambiare. È solo uno specchietto per le allodole per distrarre l’opinione pubblica dal caso Ruby”. Ieri, durante l’audizione alla Camera, il ministro per lo sviluppo economico Romano, si era detto molto fiducioso e soddisfatto, ma, alla luce di quanto si legge, non pare delinearsi una chiaro futuro fatto di scelte sere, come accaduto in Germania, per innovazione, ricerca e politiche occupazionali giovanili. E si attende, con trepidazione, l’incontro, previsto per sabato, fra Marchionne e Berlusconi, circa l’eventuale, paventato trasferimento direzionale della FIAT negli USA. , All’incontro  oltre al  ministro dello Sviluppo e al premier Berlusconi, parteciperanno il ministro dell’Economia Giulio Tremonti, del Lavoro Maurizio Sacconi e l’immancabile sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Il Fatto Quotidiano, citando l’Economist, ha recentemente ricordato come la prestigiosa testata sia tornata più volte a picchiare duro su Berlusconi e il suo governo e, nel numero di fine gennaio scorso, lo abbia paragonato,  indirettamente,  al personaggio immaginario “Cetto La Qualunque”, per poi definirlo un “uomo d’affari corrotto, volgare” che, scimmiottando il ben più nobile Martin Luther King, afferma: “I have no dreams…but I do like pilu” (nel senso siciliano del termine). Dopodiché il settimanale inglese, analizzando  le prospettive future del governo, ha scritto: “adesso troppo debole per garantire le riforme fiscali indispensabili a mantenere il supporto politico della Lega Nord”. Ma finché c’è vita c’è speranza: “Sempre che (Bossi) non ritiri il suo supporto, l’unica strada percorribile per liberarsi del premier passa dai tribunali e questo è potenzialmente un sentiero minato dal quale Berlsuconi potrebbe scampare ancora”. E le cose non vanno meglio sulla stampa francese, tedesca e spagnola, che, unanimemente affermano che, per l’Italia, ci sono due grandi pericoli in questa situazione di totale incertezza. Uno è che il governo, che non è stato capace di fare molto negli ultimi due anni a causa dei continui problemi personali del suo leader, rimanga inerte per mesi e l’altro, forse peggiore, che non si riesca a smantellare la maggioranza, consendendo al Cav di rimare in sella,  alla ricerca  di una totale indipendenza dai giudici e con una deriva che potrebbe minacciare le fondamenta stesse di un Paese con 150 anni di storia. E’ indubbio che, secondo i giornali stranieri, oggi in Italia c’è una maggioranza che non può e non sa governare e un’opposizione che non sa e non può essere alternativa a chi è al governo. Oggi, per concludere,  la procura di Milano ha chiesto per il presidente del Consiglio il rito abbreviato in relazione al cosiddetto Ruby-gate e stralciato la sua posizione da quella di altri coimputati. La difesa di Berlusconi ha reagito con durezza, parlando di violazione clamorosa della Costituzione. Intanto, da Napoli, indiscrezioni, certamente interessate e pilotate con malizia, forniscono nuovo materiale tra il gossip e il presunto malaffare ed in più, come ricorda Notizie Radicali, tra qualche giorno il Cav riprenderà il processo Mills, la vicenda che – a volerla dire a colpi d’accetta – ipotizza che Berlusconi abbia corrotto dei magistrati con lucrose mazzette. Così, scrive La Stampa, rispunta il “processo breve”, ricandalizzato per il 15 febbraio, con una scossa di prima mattina di Calderoli ed una spinta finale del ministro della giustizia Alfano. Nei giorni scorsi era emersa anche un’altra possibilità: passare per l’ennesima modifica al disegno di legge sulla convenzione internazionale di Lanzarote sulla protezione dei minori, rapidamente approdato in commissioni riunite di Giustizia e Affari esteri del Senato, la cui ratifica è stato un iter tormentato: dopo essere stato presentato e approvato all’unanimità dal Consiglio dei ministri il 13 febbraio 2009, è stato votato il 19 gennaio 2010 dalla Camera, modificato in Senato e approvato il 27 ottobre 2010, nuovamente esaminato e modificato dalla Camera che lo ha licenziato l’11 gennaio scorso. Ma l’idea era saltata poiché, come notato da molti, vi era una incongruenza nelle date: la telefonata del premier alla questura di Milano, dove era sotto stato di fermo Ruby,risale al 27 maggio del 2010, mentre il trattato di Lanzarote è stato approvato dal Senato il 27 ottobre del 2010, quando l’inchiesta sulla presunta concussione e istigazione alla prostituzione era già stata avviata. Allora, sempre ad inizio del mese, era  rispuntato anche l’emendamento a firma del senatore Roberto Centaro del Pdl, norma cancellata proprio dalla Camera durante il suo secondo passaggio in aula e che vorrebbe spostare la competenza territoriale dei reati di abuso e violenza contro i minori, compresa la prostituzione, dal tribunale distrettuale a quello circondariale. Sul caso Ruby, quindi, sarebbe competente il tribunale di Monza e non quello di Milano. Adesso, dopo il pronunciamento dei pm di Milano, con una conferenza stampa da Palazzo Chigi, Berlusconi dice: “I pm gettano fango sul Paese. L’inchiesta vuole diffamare e ha finalità eversive”. Ed ha  aggiunto che intenderà causa allo Stato perchè “questa inchiesta è una vergogna” e “qualcuno dovrà pagare”. E’ abbastanza curiosa questa chiusa ad effetto, da parte di chi oggi quello Stato lo rappresenta al suo massimo livello, un divario schizofrenico che ci lascia davvero perplessi ed interdetti.

 Carlo Di Stanislao

Una risposta a “Incolmabili divari ed affermazioni interdicenti”

  1. ALFERAZZI GIAMBATTISTA ha detto:

    Il “teatrino della politica”, questa stucchevole, orrenda espressione stereotipata che ancora oggi ha tanta fortuna, credo sia stata coniata proprio da Berlusconi; in ogni caso è stata da lui abbondantemente utilizzata, a partire dal suo esordio nella vita pubblica quando, dall’alto delle sue aziende (notoriamente un superiore impero di virtù e purezza!), ha raccontato di voler “scendere in campo” per far chiudere il “teatrino”. In quel teatrino, però, da allora, ha finito per dare ogni giorno spettacolo, alternandosi di volta in volta nel ruolo di burattino, di nano, di burattino nano e quant’altro, accompagnato dalla gaudente tribù italiota che applaude al mediocre di successo che misura tutto con il suo metro limitato e deforme, all’omuncolo ridicolo pieno di lifting, dalla pelle di colore indefinito, truccato e con colata di catrame sulla testa. Chissà se di fronte a questa catastrofe civile e culturale sapremo, per una qualche misteriosa via del riscatto, restituire dignità al concetto di politica, ritrovarne il significato, anche soltanto e semplicemente quello di aristotelica memoria: occuparsi, e non soltanto in senso attivo, dell’amministrazione della polis ossia della gestione dei mezzi che consentono il “buon governo”.
    Alferazzi Giambattista

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