Da 230 piazze, molte donne (un milione secondo gli organizzatori, 200.000 per la Questura), hanno ieri gridato il loro sdegno per una dignità calpestata e vilipesa e lo hanno fatto in modo civile e senza bandiere politiche. In piazza del Popolo a Roma, decine di migliaia di persone (500mila secondo gli organizzatori) si sono radunate sotto un palco rosa con lo slogan: “tempo di esserci tutte e tutti, vogliamo un Paese che rispetti le donne”. In Abruzzo le donne hanno manifestato a Pescara e a L’Aquila, attorno alla statua di Sallustio, per sostenere un “pezzo” di dignità nazionale, continuamente mortificata dal premier e dal suo governo. Piazza Sacro Cuore a Pescara, si è riempita come non accadeva da decenni; con assenti i rappresentati del Comune, guidato da una giunta di centrodestra. Da Roma, la deputata di Fli Giulia Bongiorno ha detto dal palco: “Non sono qui per criticare i festini hard, ma per farlo quando diventano sistema di selezione della classe dirigente. Chi tace in questa situazione può diventare complice. Questa non è una piazza di moralisti, come ha detto qualcuno nei giorni scorsi, questo è un modo per sminuire la vostra presenza qui. Si ha paura di voi”. Applausi a lei e coro di ovazioni per il Presidente Napolitano, che oggi pare l’ultimo baluardo di vera dignità democratica in un Paese che implode fra conflitti istituzionali, camere bloccate, leggi ritardate e concentrazione assoluta attorno alla risoluzione dei problemi giudiziari del premier. Mariastella Gelmini sostiene che a manifestare sono state poche radical chic, scese in piazza per fini strumentali e politici, ma la Finocchiaro le risponde che sbaglia e che “ha perso un’altra buona occasione per stare zitta”. Non tutte le donne, comunque e non solo della compagine pro-Silvio, si sono dette favorevoli alla manifestazione e non sono scese in piazza. Elena Lowenthal su la Stampa, ad esempio, afferma di non essersi sentita necessitata a manifestare, per difendere la propria dignità, alla luce di quell’oscena realtà che trapela da casa del presidente del Consiglio, perché i maschi non si sono mai, neanche ora, sentiti in dovere di lanciare una manifestazione per difendere la loro di dignità. “ Se non ora quando?” è stato lo slogan della protesta e le donne che vi hanno partecipato lo hanno sostenuto sino in fondo, affermando che, oltre a muoversi contro l’immoralità di una condotta, quella di ieri è stata una buona occasione per mobilitarsi per nuove conquiste, come potrebbe essere, per esempio, una legge più moderna sulla fecondazione assistita, il congedo paterno, o l’adozione per le donne single, oltre a ricordare agli altri (e a loro stesse) che ci sono, che sono esseri umani con una propria dignità, una propria testa e non solo un corpo. Come argomenta Irene Tinagli, la protesta e stata diretta contro l’anomalia non tanto rappresentata dall’immagine ancillare e ornamentale delle donne che viene offerta dalla televisione o da certa politica, ma dalla pervasività con cui tale concezione femminile permea, pur in modi diversi, tanti ambiti della società italiana, dal lavoro alle famiglie. Da “Mattino 5”, stamani, il premier si mostra adirato ed afferma che per le donne ha sempre “mostrato attenzione”, continuando, nella telefonata a Belpietro: “ho visto la consueta mobilitazione di parte, faziosa, contro la mia persona da parte di una sinistra che cavalca qualunque pretesto per cercare di abbattere un avversario che non riesce a vincere democraticamente nelle urne. In realtà tutte le donne che hanno avuto modo di conoscermi sanno quanta sia la considerazione che ho per loro, nei loro confronti mi sono sempre comportato e mi comporto con grande attenzione e grande rispetto. Sia nelle mie aziende, sia nel mio governo ho sempre valorizzato le donne al massimo, perché ritengo che abbiano una marcia in più rispetto a noi uomini. Quindi ho sempre cercato e cerco sempre di fare in modo che ogni donna si senta speciale”. E continuato definendo irricevibile la proposta di Fini che, da Milano e dal 1° Congresso del Fli, gli chiede di dimettersi, offrendo di fare lui stesso lo stesso ed anzi aggiunge: “credo che sia arrivato il momento per tutti, sia nel Paese, sia nelle istituzioni per giudicare se il nuovo ruolo che si è ritagliato Fini sia compatibile con quello di presidente super partes previsto dalla Costituzione”. Si dice convinto di avere ancora tenuta nei due rami del parlamento ed anzi di avere segnali di crescita, forse pensando agli abboccamenti con Pannella, che intanto, ieri sera da Radio Radicale, ha provato ancora a giustificare i suoi incontri , criticati dalla Bonino e da molti altri della sua parte politica. Sempre dall’emittente Radicale, Emma Bonino aveva espresso apertamente il suo dissenso: “Capisco questa iniziativa di Marco quando dice che bisogna scommettere il pochissimo probabile contro il molto possibile. Ma io rispetto a lui ho meno fiducia, Berlusconi non mi pare più in grado di gestire alcunché politicamente parlando, non lo ha fatto nemmeno in periodi meno turbolenti e non vedo perché dovrebbe farlo adesso”. Sulla questione è intervenuto anche l’ex radicale Benedetto Della Vedova (oggi Fli), che ha spiegato: “Il dialogo è una delle cifre principali del radicalismo pannelliano. Non mi stupirebbe un patto con il diavolo da parte di Pannella, per ottenere qualcosa di buono per il Paese. Ma che sia impossibile ottenere qualcosa di buono sulle riforme più importanti, come quelle economiche e la giustizia, che non sono state fatte finora”. Tornado ai fatti, poiché Berlusconi garantisce che presto avrà alla Camera 325 voti, appare evidente che la campagna acquisti abbia dato un qualche risultato. Inoltre, sempre per telefono a Belpietro, il Cav ha anche escluso che lo scioglimento delle Camere “sia nei pensieri” del presidente Napolitano, aggiungendo che: “ tra l’altro, nell’ultimo colloquio che ho avuto con lui al Quirinale, mi ha garantito che finché c’è un governo che governa e una maggioranza politica che lo sostiene e che lavora non esistono motivi per sciogliere il Parlamento”. Infine ha ricordato, per tacitare voci circolaste in questi giorni, che nel ’94 , quando Scalfaro sciolse le Camere senza crisi formale, “ebbe l’assenso di Ciampi che acconsentì dicendo che la funzione del governo era esaurita” ed invece, il suo governo “è nella pienezza delle sue funzioni”. Assoldando i consigli di Letta e Alfano, Berlusconi tiene bassi i toni, si dice amareggiato dalle donne in piazza, tradito da Fini e, soprattutto, sostiene che l’interesse primario del Paese è quello che al presidente del Consiglio sia consentito di governare, portando a termine quelle riforme chieste dagli elettori attraverso il voto, senza doversi difendere continuamente da accuse che giudica totalmente infondate. Nessuna volontà di ‘strappi’ nei confronti del Colle, anche nella consapevolezza che senza un dialogo con il Presidente della Repubblica nessun provvedimento avrebbe chance di passare. Ma allo stesso tempo la determinazione a non farsi paralizzare, da inchieste ed iniziative che hanno il solo scopo cacciarlo da palazzo Chigi. Nel frattempo continua a ritmo incalzante l’emergenza sbarchi a Lampedusa: 1.400 ieri e 4.000 dall’inizio della nuova ondata. Maroni rimprovera l’Europa di starsene in silenzio e di lasciare l’Italia da sola a fronteggiare una emergenza che riguarda l’intero continente, avvertendo che 2/3 degli immigrati intende raggiungere la Francia e l’Italia è solo una tappa di transito. Venerdì i lui ed il ministro degli esteri Esteri Franco Frattini, avevano lanciato l’allarme chiedendo all’Unione Europea di affrontare al più presto la nuova emergenza immigrazione dai paesi del Nord Africa investiti da crisi politiche, anche con una missione di pattugliamento nelle acque del Mediterraneo. Nel tardo pomeriggio di oggi si terrà, al Viminale, il Comitato nazionale per l’ordine e la sicurezza sull’emergenza immigrati, presieduto da Maroni, mentre il ministro Frattini si recherà in giornata in Tunisia. Intanto, in attesa di una strategia di prevenzione, Maroni ha permesso la riapertura del centro di permanenza temporanea dell’isola siciliana, mentre il prefetto di Palermo Giuseppe Caruso è stato nominato commissario straordinario per l’Emergenza immigrati. Contestualmente sono stati riattivati anche i ponti aerei per il trasferimento dei clandestini. La situazione è emergenziale e rischia di peggiorare nei prossimi mesi, mentre si apprende di manifestazioni di piazza anche in Algeria. Il ministro Frattini, sentita l’indisponibilità delle autorità governative tunisine, di ricevere sul proprio suolo, polizia di una paese straniero, insiste sulla necessità, almeno, di un pattugliamento navale prossimo alle coste del paese magrebino. Stamane, Il capo della diplomazia europea, Catherine Ashton, e’ arrivata a Tunisi per portare il sostegno dell’Ue al processo di transizione in Tunisia e discutere i modi per arginare il flusso di immigrati clandestini verso l’Europa ed anche a lei, il ministro degli esteri del nuovo governo tunisino, ha detto che il suo paese è pronto a cooperare, “ma non tollera interferenze nei suoi affari interni”. Nel suo viaggio di oggi a Tunisi, Frattini incontrerà il Primo Ministro tunisino, Mohammed Ghannouchi, mentre al presidente siriano Bashar Al-Assad e al re di Giordania Abdullah II, il titolare della Farnesina intende proporre un ”Piano Marshall per il Mediterraneo in modo da promuovere economicamente” la transizione democratica in Egitto e Tunisia, naturalmente con l’appoggio della Ue e degli Stati Uniti, che seguono la vicenda con grande interesse. Su tutto aleggia il mistero del barcone che sarebbe stato speronato da una motovedetta tunisina al largo di Gabes causando circa 29 morti, vicenda non confermata da fonti ufficiali italiane. Ieri il Consiglio dei Ministri, convocato d’urgenza, ha decretato lo stato di emergenza umanitaria, ma non si potrà risolvere la questione senza interventi direttamente in Africa e senza l’aiuto della comunità internazionale e, soprattutto, con politiche nazionali di criminalizzazione o “pacchetti” come quello stipulato con Gheddafi. Il fenomeno immigrazione è ormai tipico di questi nostri tempi e, a parte le emergenze, va governato con intelligenza e rinunciando ad atteggiamenti duri ed esclusivamente polizieschi. Contribuire a creare alternative alla povertà nei luoghi di provenienza e stabilire percorsi condivisi e non reazionari con i governi, risulta l’unica soluzione possibile. Occorre anche, creare un più disteso clima sociale che non veda in ogni immigrato un potenziale ladro o un pericoloso delinquente, ricordando che la più parte dei 4,8 milioni di immigrati da noi, compie lavori utili lasciati vuoti dagli italiani e si integra perfettamente nelle comunità. In Italia, ultimamente si è tentato di eliminare l’immigrazione alla fonte, con degli accordi con i Paesi di origine e in specie con la Libia, dove a spese dello Stato italiano molti immigrati sono stati rimpatriati per poi essere portati nei loro Paesi di origine, spesso dell’Africa subsahariana o centrale. Tale politica ha causato, nel 2009, ripetute proteste da parte di Laura Boldrini la quale, a nome dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati, ha sottolineato come la cosiddetta “politica dei respingimenti” non tenga conto di come fra le persone respinte potrebbero esservi dei richiedenti asilo politico, in vari casi in possesso dei requisiti per ottenerlo. Da parte governativa, per bocca del ministro Maroni, è stato risposto che l’identificazione dei migranti, e l’accertamento della loro condizione di legittimi chiedenti asilo politico, non può essere verificata a bordo dei natanti delle forze di Stato, che espletano funzioni di polizia e di soccorso, ma va fatta nei luoghi di imbarco, dagli uffici dell’Alto commissariato ONU per i rifugiati. Il nostro poi si è rivelato un Paese che vive male ed in maniera razzista il problema. Secondo il rapporto “Mandiamoli a casi, i luoghi comuni”, presentato il 23 febbraio 2010, nella sede di Legambiente, uno dei pregiudizi più diffusi tra gli italiani riguarda proprio la percezione della presenza straniera in Italia: gli immigrati “vengono tutti qui” e solo da noi ci sono “tutti questi clandestini”. Come emerge dal rapporto, infatti, gli italiani credono che gli immigrati rappresentino il 23% della popolazione, un numero cioè 4 volte superiore a quello reale. Altro luogo comune, quello probabilmente più strumentalizzato all’interno del dibattito politico: in Italia ci sono tantissimi “clandestini”. Come rivelano i dati del Rapporto Ismu 2009 relativi al 1 gennaio, il numero di immigrati in Italia ha raggiunto i 4,8 milioni, di questi i regolari sono 4,4milioni. Praticamente l’allarme sociale dell’opinione pubblica starebbe nei 400.000 immigrati che non hanno il permesso di soggiorno, definizione più politicamente corretta di ‘clandestino’. Come segnala la Caritas, il numero di irregolari è dovuto soprattutto alla complessità e alla contraddittorietà di alcuni aspetti della normativa italiana che riguardano proprio l’ottenimento del permesso di soggiorno. Per la difficoltà relativa all’avere tutti i documenti in regola, inoltre, gli immigrati irregolari sono costretti a lavorare in nero, guadagnando meno di 5 euro l’ora. Negli ultimi anni è sicuramente vero che il fenomeno dell’immigrazione è aumentato, ma il numero degli irregolari è invece diminuito sensibilmente. Secondo le stime riportate da Asca: un calo superiore al 30%. Nonostante questo, sempre secondo il rapporto “Mandiamoli a casa, i luoghi comuni”, un altro pregiudizio diffuso nel nostro Paese è che ‘i clandestini sono tutti criminali’. Ma la verità è che non esiste un aumento del tasso di criminalità legato all’immigrazione. In una ricerca del 2008 della Banca d’Italia è emerso che “il numero dei permessi di soggiorno, tra il 1990 e il 2003, si è quintuplicato, mentre la criminalità ha mostrato una lieve flessione”: non esiste, quindi, un parallelismo netto tra la presenza di stranieri e il numero dei reati commessi e all’aumentare dei flussi migratori, quindi, non è nemmeno associabile alcun “pericolo” per la popolazione italiana. Ma, come da molti sottolineato, sono anche i media, oltre a certe frange del governo, ad alimentare alimentano il circuito dell’intolleranza italiana, legittimandolo attraverso notizie che, rimarcando la nazionalità del responsabile di un crimine, creano nel pubblico una fuorviante percezione della notizia stessa e del fenomeno immigratorio connesso. Pertanto, oltre ad un “piano Marshall”, Frattini con Maroni dovrebbero preoccuparsi di attuare una corretta informazione ed una più agevole burocrazia, per cercare di rendere più gestibile la situazione.
Carlo Di Stanislao
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