Passato un anno le promesse fatte dall’Amministrazione comunale di Roma sono rimaste solo parole”. E’ la denuncia dell’associazione “21 Luglio” che ieri ha presentato il dossier “Report Casilino 900. Parole e immagini di una diaspora senza diritti”. Il 15 febbraio dell’anno scorso, il sindaco Alemanno aveva chiuso i cancellie mandato le ruspe a distruggere le case del campo rom più grande d’Europa: un accampamento nel quale i rom erano presenti fin dagli anni cinquanta.
Le promesse avanzate dall’amministrazione comunale erano state quelle di “condizioni abitative migliori e concrete possibilità di inserimento lavorativo e di integrazione sociale”. “Siamo stati ingannati – denunciano i rom. Ci è stato detto che se avessimo collaborato allo sgombero saremo stati collocati, solo provvisoriamente, per 4 mesi, in campi attrezzati, in attesa di una nuova sistemazione definitiva. Ci è stata promessa la vicinanza morale e materiale dell’Amministrazione comunale. Niente di questo è avvenuto!”.
“Era stato detto che i 618 rom del Casilino 900, tra cui 273 minori, sarebbero stati spostati “temporaneamente” in altri campi o strutture. Adesso viviamo in condizioni disastrose” – affermano i rom. Circa 200 di loro sono stati trasferiti nel campo di Via Salone dove però la situazione è ancora più difficile. Ci hanno fatto promesse ma non sono state mantenute – denuncia il portavoce degli ex Casilino 900, Giuseppe Salkanovic al giornale RomaToday. “Quello di Via Salone è stato definito dalle autorità un campo modello, invece non lo è. C’è criminalità, droga e prostituzione”. A questa grave situazione di degrado dovrebbero far fronte le forze dell’ordine ma anche in questo caso solo promesse: “La Polizia municipale doveva presidiare il campo 24 ore su 24, ma in realtà non c’è nessuno” – continua Salkanovic.
Le associazioni, come “21 Luglio” e “Amnesty International” che si sono duramente opposte alla chiusura del campo rom sono state accusate di voler fare vivere i nomadi tra il fango e le pantegane. “L’emergenza nomadi – ha ricordato il portavoce di Amnesty International Italia, Riccardo Nuory alla giornalista Patrizia Schembari – è stato oggetto del primo Consiglio dei Ministri del Governo Berlusconi nel 2008, ma una soluzione non è stata ancora trovata”. “Tuttavia sia l’Unione Europea sia l’associazione Roba hanno gli occhi puntati sulla questione rom in Italia”. Anche perché diventa sempre più consistente l’ipotesi che si tratti di uno sgombero su base etnica. Carlo Stasolla infatti ha denunciato che “Casilino 900 non è stato chiuso del tutto perché ci vivono persone non di etnia rom”.
Il mese scorso gli ex abitanti del Casilino 900 hanno convocato una conferenza stampa in quella che fino all’anno scorso era la sede delle loro case, in via Casilina 900, nella quale hanno annunciato la nascita di un comitato di soli rom per “stabilire un contatto diretto, e non filtrato, con gli agenti attuatori del Piano Nomadi e con l’Amministrazione Comunale al fine di individuare nuove e reali politiche abitative volte al superamento immediato della dimensione escludente e discriminatoria dei campi-nomadi sancita la Piano Nomadi del Comune di Roma”. “Oggi noi rom, vogliamo alzare la testa e costituiamo per questo il Comitato ex Casilino 900, composto dai rom che prima abitavano l’insediamento e che oggi si sentono traditi dalle promesse dell’Amministrazione, non rappresentati da chi dovrebbe dare loro voce, profondamente indignati per i luoghi ghettizzanti in cui siamo stati collocati”.
Intanto anche il piano messo in atto da Alemanno dopo la tragica morte di quattro bambini rom per una la creazione di tre tendopoli da circa 250 posti che potrebbero essere altrettante proprietà comunali a Torre Spaccata (X municipio di Roma) trova la forte opposizione degli abitanti. “Alemanno, il Prefetto e l’assessore Belviso – sostengono gli abitanti – dovrebbero ricordare le parole pronunciate in occasione della chiusura del Casilino 900: “Oggi è una giornata storica. Dopo 40 anni siamo riusciti a chiudere questo campo – con il concorso di nomadi e comitati di quartiere che hanno accompagnato tutte le varie fasi. Le persone che erano qui sono state trasferite in campi vivibili dove c’è legalità e integrazione. Abbiamo cancellato questa vergogna di Roma”. E il sindaco Alemanno ha dovuto fare dietro-front anche per i lavori per il campo provvisorio di emergenza a Villa Troili perchè la maggioranza e presidenti dei municipi Pdl si oppongono agli accampamenti nei loro quartieri.
Il “Report Casilino 900” rappresenta un giusto omaggio a un luogo e alle persone che lo hanno reso vivo “ma anche una denuncia di quelle politiche sociali che, calpestando i diritti universali dell’infanzia e le convenzioni internazionali, mirano a costruire nuovi spazi di segregazione e discriminazione in cui racchiudere uomini e donne, bambini e anziani a cui vengono negati i diritti” – affermano i promotori dell’iniziativa. Il rapporto dà infatti voce a quei rom che, dopo essere stati trasferiti dall’Amministrazione comunale in quattro villaggi attrezzati e in un centro di accoglienza, si sentono “umiliati” e“abbandonati” al punto da rimpiangere il loro vecchio campo dove, a detta delle autorità, vivevano in condizioni di “degrado” e di “vergogna” inconcepibili. Il dossier è costituito da una ricerca storica su Casilino 900 dalle origini allo sgombero finale, da un’analisi dei cinque luoghi della diaspora con le testimonianze dirette dei rom e da un’ampia sezione fotografica contenente i bellissimi scatti della fotografa Alessandra Quadri, che sono stati esposti durante la giornata.
Nel 1990 arrivarono da Kosovo e Macedonia alcune famiglie di etnia khorakhanè shiftarija e poi altri ancora fino ad arrivare ai giorni nostri. Nel 2001 si contavano 703 abitanti – spiega il report – e alcune famiglie avevano già l’acqua all’interno delle abitazioni, l’elettricità e anche il telefono. In quegli anni, nonostante le difficoltà la scolarizzazione raggiungeva il 90 per cento dei bambini. Mentre a sostenere il reddito di circa 50-60 famiglie c’era un mercatino. “E’ con l’avvicinarsi delle elezioni del nuovo sindaco di Roma nel 2008 – spiega il rapporto – che la politica comincia a occuparsi del Casilino 900 per decretarne la chiusura”. La prima mossa, secondo il report, fu quella di togliere l’elettricità. “L’11 marzo 2008 – spiega lo studio – alle 6,30, in piena disputa elettorale, nell’insediamento di Casilino 900 un imponente blitz effettuato dal nucleo radio mobile dei Carabinieri porta al fermo di 24 persone e al distacco immediato degli allacci della centralina acea che fornisce a tutte le famiglie del campo l’energia elettrica necessaria all’illuminazione e al riscaldamento”. Inutili le proteste. [GB- Unimondo]
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