Il commento ufficiale di oggi del cardinal Bagnasco, presidente della Cei, il quale afferma che si è solo trattato di un “incontro istituzionale”, per la ricorrenza della firma dei Patti Lateranensi e a margine dell’inaugurazione dell’anno giudiziario ecclesiastico, intiepidiscono quelle del premier Silvio Berlusconi, che ieri aveva sottolineato come lo stesso, fosse andato “benissimo, come sempre”. Chi ha partecipato all’incontro riferisce di un clima gelido con solo Giorgio Napolitano che si è fermato a parlare con i giornalisti, intrattenendosi a lungo con Raffaele Greco, ambasciatore italiano presso la Santa Sede e dichiarando che “c’è un clima di cordialità tra Italia e Santa Sede” e che “c’è l’impegno, ribadito anche dai cardinali Bertone e Bagnasco per la partecipazione della Chiesa e in qualche forma anche del Pontefice alle celebrazioni per il 150esimo dell’Unità d’Italia. Un fatto molto importante”. Una dichiarazione che vuole sanare in qualche modo la ferita risorgimentale e i decenni di “gelo” tra Italia e Santa Sede fino al Concordato del 1929 ed aprirsi alla risoluzione di problemi come il biotestamento ed il contributo alle scuole cattoliche, che sono ancora aperte e sul tavolo. Defilati i presidenti di Camera e Senato Gianfranco Fini e Renato Schifani e sfuggente lo stesso Berlusconi. Come scrive Il Tempo, di certo c’è stato un colloquio tra Napolitano e Frattini, definito “incrocio iteressante” e niente che giustifichi le parole del ministro Alfano (pupillo del premier), che si spinge a parlare di “straordinaria collaborazione”, affermazione non suffragata da nulla di concreto. In queste ore Alfano è impegnato a dare supporto e sponda alla guerra totale contro le toghe che Berlusconi intende portare sino in fondo, concependo una riforma della giustizia che sia radicale, senza indugi né concessioni. Galvanizzato dallo sfaldamento dei finiani che proprio sulla giustizia gli hanno dato filo da torcere, il premier rilancia e spetterà ad “Angiolino” (come affettuosamente lo chiama), predisporre per la separazione delle carriere di giudici e pm, doppio Csm, responsabilità delle ‘toghe’ per atti compiuti in violazione dei diritti. E ancora: ritorno all’immunità parlamentare secondo il vecchio articolo 68 e restrizioni delle norme sulle intercettazioni, in una versione più dura di quella che langue da mesi alla Camera, frutto della mediazione con la finiana Giulia Bongiorno. Insorge l’Associazione nazionale magistrati: “E’ un copione già visto. Ogni volta che emergono vicende giudiziarie che coinvolgono il premier – fa notare il presidente del sindacato delle ‘toghe’ Luca Palamara – prima arrivano insulti, poi seguono iniziative legislative punitive per i magistrati. Noi non ci faremo intimidire”. Ora, però, l’attenzione del Cavaliere è tutta concentrata sulle intercettazioni. Berlusconi ha chiesto infatti ai suoi uomini di accelerare sul giro di vite per gli ascolti. L’intendimento sarebbe quello di tornare al testo precedente alle modifiche imposte soprattutto dai finiani e dall’opposizione, in sostanza quello uscito dal Senato. Che il provvedimento, difeso a spada tratta dall’agguerrita presidente della commissione Giustizia di Montecitorio, Giulia Bongiorno, finiana di ferro, non piace al premier è storia nota. Tanto che Berlusconi ha smesso di interessarsene a un certo punto considerando pressoché inutile il compromesso raggiunto alla Camera. Ora, però, sull’onda del caso Ruby il premier è deciso a modificare un sistema che ha bollato più volte come “barbaro”. Insomma, avanti tutta sulle intercettazioni, in attesa lunedì di procedere poi sul fronte del conflitto di attribuzione davanti alla Consulta per il Rubygate. Come poi nota Il sole 24 Ore, la maggioranza continua alacremente a lavorare al’argamento dei numeri in Parlamento, profittando delle defezioni e delle difficoltà tra i futuristi, che rendono furibondo, ma anche impotente, Fini. Raccontano che il pressing sia diretto soprattutto su un gruppetto di finiani: oltre ai moderati Carmine Patarino e Luca Bellotti, nel mirino di Verdini e compagni ci sono anche Adolfo Urso, Andrea Ronchi e la compagna di quest’ultimo, Giulia Cosenza. Il Pdl punta a riportare all’ovile almeno cinque deputati nel breve periodo: i nomi che circolano sono quelli di Fernando Latteri e Carmelo Lo Monte (Mpa), dei due libdem Italo Tanoni e Daniela Melchiorre, e dell’ormai ex Fli, Luca Barbareschi. Anche se il ministro Ignazio La Russa, tra il serio e il faceto, avverte. “Noi non lo vogliamo: se entrasse lui usciremmo in 50”. E La Russa mantiene ciò che dice, come mostrano i fatti del litigio con giornalista Corrado Formigli di Annozero, durante la manifestazione ‘In mutande ma vivi’ organizzata dal direttore del Foglio Giuliano Ferrara al teatro Dal Verme di Milano. “Cosa direbbe qualora fosse accertato che Berlusconi ha ospitato nella sua abitazione prostitute minorenni?”. “Se non lo sai tu… Chiedi a tua sorella!”. Questo elegante scambio di battute, prima che il ministro cominci a dare pestoni all’indietro nel per colpire l’incauto giornalista. Che La Russa non fosse un mostro di eleganza ma piuttosto un uomo verace non è una notizia, ma la rispostaccia mutuata dal canovaccio di un diverbio stradale tra due che a Roma si chiamano “coatti” è apparsa fuori misura persino per uno come lui. Vedremo se cercherà di “scalciare” anche Luca Barbareschi, per poi rimproverargli “l’asinino” gesto. D’altra parte La Russa ha difeso il suo nuovo leader anche contro ben più temibili avversari, ad esempio Giancarlo Fini, ricevendo, ad aprile scorso, un Suv dal Cav, un Uaz 2300 diesel, dotato di tutti gli optional, che il Ministro ex colonnello di An, ha accettato, dichiarando, che avrebbe devoluto l’equivalente valore in denaro in beneficenza in favore di enti assistenziali della Difesa.
Carlo Di Stanislao
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