Con la famosa regina egizia non ha in comune solo il nome ma anche due figli gemelli. L’asteroide Cleopatra possiede infatti due piccole lune, probabilmente frammenti che si sono staccati dopo uno scontro avvenuto 100 milioni di anni fa. La scoperta è riportata dall’Università di Berkeley e in un articolo pubblicato sulla rivista Icarus ed è merito di un gruppo di astronomi francesi e americani pronti anche a dare un nome adeguato ai due piccoli satelliti: Cleoselene e Alexhelios, dai nomi dei due gemelli di Cleopatra avuti da Marco Antonio, Cleopatra Selene II e Alessandro Helios.
Grazie alle osservazioni effettuate con diversi telescopi, incluso il Keck II nelle Hawaii, oltre a determinare la presenza e le orbite delle due lune è stata anche confermata la forma peculiare di Cleopatra, simile a un grande osso di cane. La presenza dei satelliti ha inoltre permesso di stimare la densità di massa dell’asteroide, a sorpresa risultata inferiore alle aspettative: non si tratta quindi di un unico blocco compatto, come ci si attende da asteroidi di queste dimensioni, quanto di un insieme di frammenti tenuti assieme dalla mutua attrazione gravitazionale.
Per Franck Marchis, astronomo dell’Università di Berkekey coinvolto nella ricerca, proprio questa struttura spiega le due lune e la forma ad osso. Secondo la ricostruzione elaborata insieme ai suoi colleghi, circa 100 milioni di anni fa lo scontro con un altro asteroide ha fatto ruotare velocemente Cleopatra su se stesso: per via della sua bassa compattezza e di questa rotazione vorticosa, nel corso dei successivi milioni di anni ha assunto la forma allungata, buttando fuori vari pezzi tra i quali le due lune attuali.
Il gruppo di astronomi sta ora continuando le osservazioni in cerca di altri asteroidi di grandi dimensioni con satelliti, per poterne così calcolare la densità e determinarne la struttura interna. Si tratta di una ricerca che può avere conseguenze importanti perché più ne troveranno di simili a Cleopatra, più andranno apportati ritocchi agli attuali modelli di formazione dei corpi rocciosi che popolano il nostro Sistema Solare.
Luca Nobili-Inaf
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