La teoria della relatività generale di Einstein ha lasciato in eredità agli astrofisici un grattacapo cosmico. Se prendiamo per buone quelle leggi, dobbiamo mettere in conto l’esistenza di due fattori nel computo della distribuzione della massa e dell’energia dell’Universo. Gli scienziati li chiamano – ammettendo la totale ignoranza in materia – energia oscura (componente che costituisce il 73% dell’Universo) e materia oscura (il 23%).
Risultato: il 93% dell’Universo è fatto di qualcosa di cui non abbiamo la più pallida idea. Questa è la sfida su cui intende lanciarsi la missione Euclid, in concorso nelprogramma Cosmic Vision dell’ESA insieme alle due sfidanti Plato e Solar Orbiter. Soltanto due delle tre missioni sono destinate a volare dal 2017. Dopo avervi presentato Plato, dedicata ai pianeti extrasolari, questa è la volta del concorrente Euclid, che punta dritto all’energia oscura. Per scoprire se esiste, e in tal caso che diamine è, o se invece è solo un fantasma, e basta cambiare le regole del gioco con una teoria alternativa alla relatività su larga scala.
Progetto strategico per l’Europa, di grande interesse cosmologico e astrofisico (per non dire filosofico, considerando che potrebbe svelarci in che posto viviamo), Euclid vanta una fortissima partecipazione italiana di Università e istituti INAF (tra cui, IASF Bologna, IASF Milano, Osservatorio di Bologna, Osservatorio di Brera, Osservatorio di Padova, Osservatorio di Torino, Osservatorio di Trieste e Osservatorio di Roma). Ne parliamo con Andrea Cimatti, professore di Astronomia all’Università di Bologna, associato INAF e uno dei due responsabili italiani della missione.
Prof. Cimatti, in che modo Euclid può risolvere l’enigma dell’energia oscura?
Grazie a diversi strumenti, due in particolare, che consentiranno di ricostruire una mappa tridimensionale delle galassie e della loro evoluzione negli ultimi 10 miliardi di anni. Questo ci darà una visione della struttura dell’Universo distante e potremo mettere vincoli al tasso di espansione, in modo da ottenere informazioni accurate e dettagliate sull’energia oscura. Questo è lo scopo principale della missione, ma ce ne sono molti altri. Per esempio, testare eventuali modifiche alla teoria della relatività generale. Si potrebbe trovare una spiegazione alternativa a ciò che interpretiamo come energia oscura. Questo implicherebbe che la legge di gravità non vale su grandissima scala cosmologiche. Ci si aspetta di avere informazioni su un numero gigantesco di galassie a grandi distanza, una miniera di dati che gli astronomi potranno usare per decine di anni attingendo al pozzo d’informazioni ricavate da Euclid.
Euclid ha dei predecessori?
Non c’è stata nessun’altra missione spaziale di questo tipo. Euclid è complementare a missioni di fondo cosmico, come WMAP e PLANCK, in particolare, e ci si aspetta una forte sinergia tra esse. Ma sarebbe la prima nel suo genere. Per l’Europa è un vantaggio competitivo notevole.
Perché Euclid dovrebbe vincere il concorso?
Perché tocca le più grandi domande di fisica e cosmologia ancora aperte, come la comprensione della formazione dell’Universo. Inoltre, dato il suo ruolo strategico, non dovrebbe essere persa questa finestra, creerebbe un ritardo in questi studi su cui l’Europa perderebbe la sua posizione di vantaggio.
Qual è stato il ruolo dell’Italia?
Euclid è un progetto guidato da consorzio internazionale (Austria, Francia, Germania, Italia, Olanda, Norvegia, Spagna, Gran Bretagna), con Italia e Francia nel ruolo dei due partner principali. L’Italia ha un coinvolgimento a 360°, dallo studio e sviluppo della strumentazione, fino all’analisi dei dati del ground segment. Su Euclid hanno collaborato circa 120-130 ricercatori e scienziati di molti istituti INAF e Università italiane, con il supporto dell’Agenzia Spaziale Italiana.
E se non dovesse vincere, quale sarebbe il piano B?
È un’ipotesi che non abbiamo considerato, per scaramanzia.
Ascolta l’intervista integrale ad Andrea Cimatti su Euclid.
Daniela Cipolloni
INAF
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