Giappone dilaniato e rischio nucleare

A quattro giorni dal grande terremoto e dall’immane tsunami che ha investito il Nord-Est del Paese, il Giappone verifica l’entità apocalittica della tragedia che sta vivendo: 4.000 morti che potrebbero giungere, dati i feriti ed i dispersi, a 10.000; danni economici tali da far prevedere una nuova, grave recessione; pericolo sicurezza in varie altre centrali […]

A quattro giorni dal grande terremoto e dall’immane tsunami che ha investito il Nord-Est del Paese, il Giappone verifica l’entità apocalittica della tragedia che sta vivendo: 4.000 morti che potrebbero giungere, dati i feriti ed i dispersi, a 10.000; danni economici tali da far prevedere una nuova, grave recessione; pericolo sicurezza in varie altre centrali nucleari e piogge ininterrotte che ad aggravare il rischio di contaminazione da polveri radioattive per follow-up. Le scosse continuano a ritmo incessante e con decine di eventi con forza del 5°-6° grado della scala Richter, mentre gli esperti dicono che è anche molto probabile qualche nuovo “colpo” anche del 7° grado. Ma la paura maggiore restano gli incendi in tre centrali termonucleari, con un bilancio iniziale di 21 contaminati. Il Giappone possiede 52 centrali nucleari che soddisfano circa il 25% del fabbisogno energetico del paese e, recentemente, il premier nipponico Koizumi aveva varato un piano che prevedeva di giungere al 50% di copertura del fabbisogno nazionale, anche se, anche prima dell’evento, non erano poche le voci di protesta, con comitati citaddini sorti ovunque si fosse identificata la possibilità di creare un nuovo sito. Anche prima di questi drammatici fatti, nel Paese del Sol Levante sono stati registrati frequenti incidenti nelle centrali nucleari, fortunatamente tutti di piccola entità. L’ultimo nel 1999, dalla centrale di Tokaimura, da cui fuoriuscì vapore radioattivo ed investì almeno 200 persone causando due morti accertate. Ed anche più di recente sembrano essere avvenuti incidenti alle centrali nucleari nipponiche, nel silenzio dei media e delle autorità, così come si è appreso da alcune notizie pubblicate a seguito di un incidente, avvenuto il 9 agosto del 2004. Il premier giapponese Naoto Kan ha assicurato anche oggi che “non ci sarà un’altra Cernobyl”, ma i danni subiti dagli impianti di raffreddamento di ben 11 centrali nucleari, bloccate in automatico a causa del potente sisma di venerdì, si sono diffusi a macchia d’olio. I reattori di Fukushima 1, dove è stato superato il limite legale di radioattività, sono ormai tutti e tre ’trattatì con acqua di mare e acido borico, malfunzionamenti sono spuntati a Onagawa (Miyagi) e, da ultimo, il Tokai 2, distante appena 120 chilometri da Tokyo, il cui raffreddamento lavora in sofferenza. La situazione di massima allerta riguarda il reattore n. 1 dell’impianto Fukushima 1, con la gabbia esterna di contenimento che è esplosa per una reazione chimica, nel pieno di una procedura di decompressione, coinvolgendo l’idrogeno anche se il contenitore in acciaio e cemento è rimasto intatto. Il portavoce del governo, Yukio Edano, con una parziale correzione, ha escluso lo scenario più temuto, spiegando che la temperatura resta sotto controllo. Nel frattempo, la terapia d’urgenza s’è resa necessaria anche per il secondo reattore dello stesso impianto, complicando ulteriormente il quadro e spingendo il premier a coinvolgere la Toshiba, il colosso del settore e costruttore dell’intera struttura allo scopo di prendere “azioni risolute” per scongiurare il peggio. In panne è andato il reattore della centrale di Onagawa, dove le avvisaglie di “fuoriuscita di vapore” controllata, ha spiegato l’agenzia atomica dell’Onu, l’Aiea. Anche qui si è imposto il raffreddamento d’urgenza. Infine, in piena notte si è aggiunto la entrale nucleare di Tokai 2: il gestore la Japan Atomic Power, che gestisce l’impianto. La Jpa ha precisato che due dei tre generatori usati per il raffreddamento sono in avaria, ma che il terzo è in funzione. Da oggi, alla fine di aprile , l’energia sarà razionata con black-out programmati in vaste zone del Giappone, compresa la capitale Tokyo. L’annuncio è stato dato dal premier Naoto Kan e la società elettrica giapponese Tokyo Electric Power Co. (Tepco) ha precisato che il razionamento riguarderà l’area che comprende, oltre alla capitale, le prefetture di Chiba, Gunma, Ibaraki, Kanagawa, Tochigi, Saitama, Yamanashi e Shizuoka. L’Aiea, l’agenzia internazionale per il nucleare dell’Onu, che ha citato informazioni fornite dalle autorità nipponiche ha detto che un tecnico è morto e altri undici persone sono rimaste ferite negli incidenti di ieri nelle due centrali nucleari di Fukushima. Nell’impianto atomico Fukushima n. 2 un incidente a una gru ha causato la morte di un tecnico, lasciando ferite altre quattro persone. Nel sito gemello Fukushima n.1, alle prese con gravi problemi di raffreddamento, l’esplosione di ieri pomeriggio ha invece causato il ferimento di sette tecnici. Secondo l’Aiea, le autorità giapponesi hanno ordinato l’evacuazione di 140.000 residenti nell’area della centrale: di questi, 30.000 abitavano nel raggio di 10 chilometri dal sito, e 110.000 nel raggio di 20 chilometri. Dopo le esplosioni ed i vari disfunzionamenti, in Germania, decine di migliaia di persone hanno preso parte ad una manifestazione anti-nucleare, programmata da tempo, ma, a causa dei recenti fatti nipponici, seguita da ben 50.000 persone. I manifestanti, che si sono disposti in una catena di 45 km intorno alla centrale elettrica di Neckarwestheim (Stoccarda), chiedevano che il Governo tedesco prendesse le distanze dal nucleare. Il Cancelliere Angela Merkel, che ha esteso la durata della vita delle centrali nucleari in Germania, ha convocato i ministri per una riunione d’emergenza. La fuga radioattiva giapponese arriva in un momento difficile per Angela Merkel, dato che con le elezioni che si terranno a breve ha già da respingere gli attacchi di filo-nuclearismo dopo aver prolungato la dipendenza della Germania dall’atomo. I Democratici di opposizione sociale e i Verdi hanno chiesto un cambiamento e sostengono che alcuni impianti nucleari tedeschi non potrebbero sopportare un colpo così forte come può essere un impatto aereo o un terremoto. La decisione del Governo dell’anno scorso di mantenere le 17 centrali nucleari in funzione per circa 12 anni dopo la data di chiusura originale ha pesato sulla popolarità della coalizione della Merkel. Ma non è l’unica a dover fare i conti con il nucleare in casa. Nel Regno Unito il segretario all’energia Chris Huhne ha affermato che il Governo sta monitorando la situazione del nucleare in Giappone; ma in realtà le voci che si susseguono parlano di molti nel Governo e nel settore dell’energia privata preoccupati che l’aumento dello spettro della catastrofe nucleare avrà implicazioni sul programma che prevedeva la sostituzione di 10 reattori obsoleti nelle attuali centrali britanniche. Persino in Francia, il Paese più dipendente dal nucleare di tutta l’Unione Europea, cominciano a sorgere i primi dubbi, dato che gli esperti del settore hanno più volte messo in discussione le parole del Primo Ministro giapponese e dei suoi tecnici, i quali sono accusati di aver sottostimato i rischi. E così anche in quel Paese la popolazione comincia a porsi dei dubbi sulla bontà di questa scelta. La Svizzera ha sospeso il programma di rinnovo delle proprie centrali ed il ministro austriaco dell’Ambiente, Nikolaus Berlakovich, è tornato a chiedere a Bruxelles la verifica della sicurezza delle centrali nucleari europee. L’Austria, che si oppone fermamente all’energia atomica, ha più volte chiesto la chiusura degli impianti in Slovenia e in Slovacchia. E mentre dall’India, il primo ministro, Manmohan Singh, ha annunciato che sarà verificata la sicurezza di tutti i reattori nucleari presenti nel Paese, anche la Turchia si pronucia con prudenza circa lo sviluppo del nucleare. Invece in Italia si continua a fare orecchie da mercante, con Fabrizio Cicchitto, capogruppo alla Camera del Pdl, che dice che il disastro nipponico non cambierà i programmi nucleari del governo. Per il ministro degli Esteri, Franco Frattini, l’allarme nucleae giapponese ha “riaperto il dibattito in Italia in modo sbagliato, che nasce dall’emozione senza riflettere su cose evidenti e che non giustifica una rimessa in discussione del piano italiano. Il Giappone ha rischio sismico elevatissimo e centrali non dell’ultima generazione, e che malgrado un sisma di 9 gradi non sono esplose. L’Italia”, ha detto il titolare della Farnesina, “non è paragonabile al Giappone per intensità sismica. Nessuno ha mai immaginato di fare una centrale nucleare in Italia in zona sismica. In Francia ci sono decine di centrali atomiche a pochi chilometri delle nostre frontiere. Tutti si strappano i capelli quando succede un incidente. Noi dobbiamo pensare a che cosa succederà se non ci attrezziamo con un’energia di ultima generazione nucleare e quindi di energia pulita”. A Frattini ha indirettamente replicato la radicale Emma Bonino, vice presidente del Senato: “Investire 30 miliardi di euro per ottenere il 4% di energia tra vent’anni non ha senso economici”. “Alla luce di quanto sta accadendo in Giappone, un punto interrogativo enorme si proietta sul programma nucleare italiano”, ha aggiunto il leader di Alleanza per l’Italia, Francesco Rutelli. E mentre le commissioni Ambiente e Industria della Camera, domani riprendono l’esame del decreto legislativo sulla localizzazione degli impianti nucleari e dei siti di stoccaggio delle scorie radioattive in Italia; il governatore della Puglia, Nichi Vendola, ha chiesto al governo di ritirare “l’opzione nuclearista”, mentre Legambiente ha dato il via a una campagna per portare al referendum del prossimo 12-13 giugno almeno 25 milioni di cittadini. Sul Il Fatto Quotidiano, Marco Boschini, proponendo 5 domande al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il suo ministro Romani, ma anche l’oncologo Umberto Veronesi oltre che l’ex ambientalista Chicco Testa, ci dice che, in Italia, avremmo bisogno di una colossale operazione di manutenzione energetica del patrimonio edilizio esistente, finalizzata al taglio degli sprechi, delle inefficienze e dei consumi, oltre che di investimenti sulle energie rinnovabili. Nel nostro Paese, uno a più forte rischio sismico del Mediterraneo, attraversato, in 2.500 anni, da 30.000 terremoti di media e forte intensità, superiore al IV-V grado della scala Mercalli e con una capacità di prevenzione e reazione a dir poco discutibile, di tutto avremo bisogno, tranne che di centrali nucleari.

Carlo Di Stanislao

 

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