Un finto eroe che lo diventa sul serio

In testa al box office ed in un periodo pieno di forti “competitors”, guadagnando, quasi due milioni di euro in soli tre giorni, il l cartoon “Rango”, doppiato in inglese da Johnny Deep, supera “Il rito”: ’horror con Anthony Hopkins nella parte di Padre Lucas, esperto di esorcismi e “La vita facile”, con Stefano Accorsi, […]

In testa al box office ed in un periodo pieno di forti “competitors”, guadagnando, quasi due milioni di euro in soli tre giorni, il l cartoon “Rango”, doppiato in inglese da Johnny Deep, supera “Il rito”: ’horror con Anthony Hopkins nella parte di Padre Lucas, esperto di esorcismi e “La vita facile”, con Stefano Accorsi, Pierfrancesco Favino e Vittoria Puccini, alle prese con un viaggio in Africa e con il solito esistenzialismo trito all’italiana. Diretto da Gore Verbinski, che affronta il suo primo film di animazione, il film, che ha per protagonista un camaleonte che si crede attore, il quale arrivato nella cittadina di Polvere, capisce istintivamente di trovarsi in western e si adegua, diventando così un pistolero infallibile, che sembra il Clint di Leone; è di fatto un western leonino (con solo alcune concessioni agli altri maestri del genere), fatto di volti e caratteristi prima che di spazi, fatto di polvere, sporco e deformità prima che di valori incrollabili. La meta-storia del camaleonte attore che recita il ruolo dell’eroe e a furia di farlo finisce per diventarlo, sembra attraversare tutta la storia del West, dal mito fondante, alla frontiera, al crollo degli eroi, alla disillusione e gli spaghetti. Nel complesso uno dei lungometraggi d’animazione più interessanti, curiosi e peculiari passati nei nostri schermi negli ultimi anni, realizzato dalla Industrial Light And Magic, per la prima volta alle prese con l’animazione dopo decenni di trionfi nel campo degli effetti speciali, a differenza dei cartoons Pixar (cui ci siamo abituati, negli ultimi tempi), non è affatto una lunga odissea, ma una grande avventura, nel senso più classico del termine. “Chi sono io?” si chiede l’attore-camaleonte Lars (questo il vero nome) e conclude che se uno deve essere il protagonista e addirittura l’eroe della propria storia, gli serve più spazio, più movimento, e più gente intorno. Infatti come capita in ogni avventura, di colpo l’orizzonte di Lars si fa più ampio, e più critico: l’acquario cade da un’auto e va in frantumi sull’autostrada fra California e Messico. Siamo nel West, il posto giusto per aspiranti eroi. Da qui in avanti, Lars entra in parte. Arrivato nella “sporca” città di Dirt, ai suoi abitanti variopinti racconta d’essere il pistolero Rango, e d’averne ammazzaci sette con un colpo solo (una vecchia frottola ben rodata, già nota ai fratelli Grimm). Preso per buono questo, tutto il resto si fa verosimile: i riferimenti al cinema di Sergio Leone, le citazioni di Chinatown, i pipistrelli-Valchirie che stanno fra “Star Wars” e “Apocalypse Now”. Non ha limiti, Rango, e nemmeno il bravo Verbinski. Ma a noi interessa la domanda di Lars: Chi sono io? Alla fine, la risposta è netta. Come per lo più accade agli eroi, l’esserino verde è quel che ha la fantasia e il coraggio di diventare, al di là delle misure anguste d’un acquario e d’una camiciona rossa e bianca. Un’ottima morale della favola, per piccoli ma ancor più per noi grandi (ed anche anziani).

Carlo Di Stanislao

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